Referendum dell’8 e 9 giugno: la guida

L’8 e il 9 tutti noi, come cittadini italiani, siamo chiamati ad esercitare il nostro diritto di voto per il referendum su lavoro e cittadinanza. Vi forniamo una guida chiara e riassuntiva in modo da aiutarvi capire per cosa si va a votare, come e dove, e cosa cambierà in base all’esito delle votazioni.

Referendum abrogativo

Iniziamo dicendo che si tratta di un referendum abrogativo: ovvero uno strumento con il quale i cittadini possono chiedere l’abrogazione totale o parziale di una legge. In caso di esito positivo, la norma oggetto di consultazione popolare, o una parte di essa viene cancellata.

La domanda implicita è “Vuoi abrogare suddetta legge?”. Votando “sì”, esprimiamo la volontà di cambiare quella legge, votando “no” chiediamo di mantenerla.

I cittadini per arrivare al momento devono prima aver racconto 500 mila firme, o 5 consigli comunali devono aver fatto richiesta. Questo per sottolineare che più che un obbligo, prendere parte alle votazioni di questo referendum sarà un diritto, servirà a realizzare la volontà popolare.

A tal proposito ricordiamo che è importante andare a votare indipendentemente dal grado di interesse e coinvolgimento personale con le questioni del referendum. Perché far sì che il referendum sia valido, bisogna infatti raggiungere il 50% + 1 degli aventi diritto. Potreste aver sentito in questi giorni l’espressione “raggiugere il quorum”, si tratta di questo, ed è indipendente dall’esito delle votazioni.

È inoltre possibile votare solo per alcuni quesiti, anche uno soltanto, ritirando le apposite schede.

I primi quattro quesiti del referendum riguardano il mondo del lavoro, in particolare la tutela dei diritti dei lavoratori. Il quinto l’acquisizione della cittadinanza per gli stranieri.

Primo quesito del referendum: Jobs Act

Il primo quesito (scheda verde) vuole abolire il contratto di lavoro a tutele crescenti. Si tratta di un elemento introdotto nel 2016 con il Jobs Act dal governo Renzi che impedisce ai lavoratori licenziati illegittimamente di essere reintegrati al proprio posto. Precedentemente al Jobs Act valeva l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori nella sua versione originale, che dava la possibilità di tornare al proprio posto se il Giudice dichiarava infondato e ingiusto il licenziamento. La legge attualmente in vigore prevede che un dipendente a tempo indeterminato facente parte di un’impresa con più di 15 lavoratori, non possa essere reintegrato se licenziato illegittimamente.  Ad oggi è previsto un indennizzo che aumenta in base all’anzianità aziendale, con un minimo di 12 e un massimo di 36 mensilità di stipendio. Si fa quindi distinzione tra i lavoratori che sono stati assunti dopo il 7 marzo 2015, per cui vale la norma attuale, e chi è stato assunto prima di questa data, per cui vale la normativa originale dello statuto dei lavoratori.

Votando sì: oltre il risarcimento (che quindi resta), il lavoratore può richiedere il reintegro in azienda.

Votando no: le leggi restano modificato come secondo il Jobs Act del governo Renzi, impedendo il reintegro

Secondo quesito: licenziamento nelle piccole imprese

Questo quesito (scheda arancione) riguarda le aziende con poco personale, meno di 16 dipendenti, come officine e negozi (parliamo del 95% delle imprese in Italia). Ad oggi, chi fa parte di queste realtà e viene licenziato in modo ingiustificato, può ottenere un indennizzo fino a un massimo di 6 mesi di stipendio. La proposta è di eliminare questo limite, dando la possibilità di ottenere un risarcimento più consistente.

Votando sì: si elimina il tetto massimo i 6 mesi al risarcimento, e la somma verrà stabilita da un giudice.

Votando no: le cose resterebbero come oggi, con il limite preimposto di 6 mesi.

Terzo quesito: norme dei contratti a termine.

Questo quesito (scheda grigia) chiedi di abrogare delle norme che facilitano l’assunzione a tempo determinato per i primi 12 mesi senta giustificarne le motivazioni. Le causali ad oggi sono obbligatorie se si va oltre a un anno.

Votando sì: i datori di lavoro saranno obbligati a indicare il motivo per cui stipulano un contratto a tempo determinato, basandosi sulle regole previste dai contratti collettivi firmati dai sindacati

Votando no: le cose restano come ad oggi

Quarto quesito: sicurezza sul lavoro

Il quarto quesito (scheda rosa) chiede l’abrogazione della norma che non permette al lavoratore in subappalto che ha avuto un incidente di richiedere il risarcimento anche all’impresa che ha commissionata l’opera. La regola che si vorrebbe cancellare limita la responsabilità dell’azienda nei casi in cui delega la realizzazione di una o più attività, tipico nei grandi progetti. L’obbiettivo è spingere le aziende a sentirsi più responsabili e limitare gli incidenti e le morti sul lavoro (che lo scorso anno sono starti più di mille).

Votando sì: in caso di infortunio sul lavoro, l’azienda committente sarà considerata altrettanto responsabile.

Votando no: rimane la regolamentazione vigente.

Quinto quesito: richiesta di cittadinanza

L’ultimo quesito non riguarda la sfera del lavoro, ma i requisiti per richiedere la cittadinanza, nel caso di cittadini maggiorenni non europei. La proposta è di dimezzare da 10 a 5 anni il tempo di residenza legale in Italia per la richiesta della cittadinanza italiana. Si vorrebbe quindi modificare l’articolo 9 della legge 91/1992. È una faccenda che riguarda più di 2 milioni di persone straniere extracomunitarie. L’idea è quella di rendere accessibile la cittadinanza anche ai genitori in tempi più brevi, in modo che di conseguenza la ottengano anche i figli. Il referendum non andrebbe a modificare gli altri requisiti per ottenere la cittadinanza, ovvero: la conoscenza della lingua italiana, il possesso di un reddito, una fedina penale pulita, il pagamento delle tasse, e il non risultare una minaccia alla sicurezza della Repubblica.

Come si vota al referendum

Vi ricordiamo di portare con voi al seggio un documento d’identità valido e la tessera elettorale, Gli italiani residenti all’estero potranno votare per corrispondenza e gli elettori con gravi infermità potranno votare a domicilio.

Votare è un diritto, e quando si parla di questioni che coinvolgono tutti (come il lavoro) è ancor più necessario esercitarlo.

Di Ricp05 – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=164326216

 

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