Morti sul lavoro: i numeri italiani

morti sul lavoro: i numeri italiani

L’articolo primo della Costituzione italiana sancisce che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro; dunque, parte fondamentale della vita di ciascun cittadino consiste nell’offrire il proprio tempo e le proprie risorse fisiche e intellettive allo svolgimento di un’attività finalizzata al sostentamento della comunità. Il lavoro, però, se da un lato è fonte di “vita”, dall’altro può talvolta e non proprio di rado essere motivo di drammatici eventi come infortuni e morti sul lavoro.

Le morti sul lavoro, ovvero i decessi causati da incidenti che accadono durante l’attività lavorativa o nel percorso verso di essa, sono, da anni, in Italia denominate “morti bianche”. In questo caso il colore bianco non simboleggia purezza o innocenza, anzi potrebbe alludere, in maniera assai più cruda, al lenzuolo che tipicamente avvolge i deceduti o all’assenza di una mano direttamente responsabile dell’incidente.

L’Italia, da decenni, è uno dei Paesi maggiormente incline a questa problematica: i settori da sempre più a rischio sono rappresentatati dal settore delle Costruzioni, Trasporti e Magazzinaggio. L’incidenza è sì alta che nel decennio 1996-2005, è risultato il Paese con il più alto numero di morti sul lavoro in Europa. È solo successivamente all’impegno della comunità internazionale e alla Direttiva comunitaria nr. 62 del 21 febbraio 2007 (i paesi UE intervengono attivamente con politiche volte a migliorare la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro) che il numero dei morti è andato via via calando. Il governo italiano, sulla stessa riga, promulga la l. 3 agosto 2007 nr. 123, avviando un percorso capace di ridisegnare un nuovo sistema fondato sullo sviluppo di una cultura della prevenzione e della salute intesa come benessere fisico, sociale e psicologico e non come semplice assenza di infortuni.

Da questo periodo in poi il numero di morti sul lavoro (dentro o in itinere) oscilla dai 1100 ai 1500, numeri che sebbene in calo destano qualche perplessità. Le statistiche del 2022 dicono che il numero di infortuni mortali è stato di 1090, di cui 300 accaduti in itinere, principalmente per incidenti stradali. Sebbene quest’ultimo dato determini un calo e di conseguenza un potenziale miglioramento, l’indice dei morti sul lavoro in Italia è praticamente doppio rispetto a Paesi come Grecia, Polonia, Germania e Svezia.

La cronaca è capace, pur nella sua crudezza, di ricordarci della situazione in cui viviamo. Il 25 maggio 2023 ci sono stati ben cinque episodi di morti sul lavoro, tra cui un giovane di 25 anni al suo primo giorno di lavoro, che è stato schiacciato da un macchinario dell’azienda tessile, riportando ferite fatali.

Un altro esempio passato alla storia è l’incidente della ThyssenKrupp di Torino, in cui otto operai furono coinvolti in un’esplosione che causò la morte di sette di loro. L’incidente è considerato tra i più gravi avvenuti sul lavoro nell’Italia contemporanea. Le ferite che porta questo Paese sono diverse ed è bene che riecheggino nella memoria collettiva di ciascuno. Se è vero, infatti, che lavorare è un diritto fondante della nostra Repubblica, lo è allo stesso modo anche il diritto alla salute. Il venir meno dell’impegno per far coesistere i due principi sarebbe, così come purtroppo è ancora oggi, un delitto mortale.

 

Fonte Immagine: Pixabay

A proposito di Marika Burani

Mi chiamo Marika, sono nata a Napoli il 13 Aprile del 2000. Ho frequentato il Liceo delle Scienze Umane ''Eleonora Pimentel Fonseca''. Attualmente studio Mediazione Linguistica e Culturale all'Università degli studi di Napoli ''L'Orientale''. I miei interessi sono la Storia, la Musica, il Cinema e la Politica. Nel mio tempo libero creo vestiti all'uncinetto e ai ferri e gioielli in alluminio e rame.

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