Trump e la guerra mediorientale: un nuovo equilibrio instabile

Trump e la guerra mediorientale

Nel Luglio 2025, si riaccende la fiamma del confronto diretto tra Trump e la guerra mediorientale, in un momento in cui il Medio Oriente è letteralmente sull’orlo di una guerra regionale. Sotto Trump, gli Stati Uniti tornano a colpire duro, senza mediazioni, senza compromessi. Per Israele, questo è un semaforo verde. Per l’Iran, una provocazione diretta. E per l’intera regione, un disastro annunciato.

USA–Iran: l’asse della tensione

Il 22 giugno 2025, gli Stati Uniti sono ufficialmente entrati in guerra al fianco di Israele, colpendo direttamente l’Iran. L’operazione ha preso di mira tre siti nucleari strategici: Natanz, Esfahan e Fordo, quest’ultimo considerato uno dei punti chiave del programma nucleare iraniano. A confermare l’attacco è stato proprio Donald Trump, che ha rivendicato l’azione su Truth, la sua piattaforma social, parlando di un’operazione riuscita da parte delle forze armate americane.

Nel suo annuncio, Trump ha anche sottolineato che, dopo i bombardamenti, i jet americani hanno lasciato lo spazio aereo iraniano senza subire danni, a dimostrazione, secondo lui, che solo gli Stati Uniti sono in grado di compiere un’operazione del genere con successo. Ha poi concluso il messaggio con una dichiarazione al limite del paradosso: NOW IS THE TIME FOR PEACE. Un’affermazione che suona quasi provocatoria, considerando che è stata fatta poche ore dopo aver lanciato un attacco che potrebbe innescare un conflitto su scala regionale.

Con questo attacco, gli Stati Uniti sono ufficialmente entrati in guerra al fianco di Israele, nonostante nei giorni precedenti Trump fosse rimasto piuttosto vago sulle possibilità di un intervento diretto. Questa mossa improvvisa ha cambiato radicalmente gli equilibri, segnando un salto di escalation che molti temevano ma pochi si aspettavano così rapido.

Benjamin Netanyahu ha ringraziato pubblicamente gli Stati Uniti, definendo il programma nucleare iraniano una minaccia diretta alla sopravvivenza di Israele. Ha inoltre sottolineato il perfetto coordinamento tra Tel Aviv e Washington nell’esecuzione dell’operazione, ribadendo che questa azione congiunta rappresenta una linea rossa che non può essere superata.

Dopo l’attacco degli Stati Uniti, l’Iran ha risposto col fuoco, lanciando 27 missili in due ondate contro le città israeliane di Haifa e Tel Aviv. Un chiaro segnale che la situazione sta rapidamente degenerando, trasformando il conflitto in una vera e propria escalation militare.

La reazione del mondo a Trump e la guerra mediorientale

A seguito degli attacchi statunitensi, l’Iran ha chiesto una riunione d’emergenza al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sollecitando le Nazioni Unite a condannare fermamente l’operazione contro i suoi siti nucleari. Non solo: Russia, Cina e Oman hanno preso posizione, definendo l’attacco come una palese violazione del diritto internazionale e denunciando l’escalation pericolosa che potrebbe scatenarsi.

Gli Stati del Golfo erano in allarme totale, consapevoli che l’Iran potesse rispondere all’attacco colpendo le basi USA sparse nella regione. E infatti, pochi giorni dopo, proprio quei missili sono arrivati, confermando la paura più grande di tutta l’area.

Appena è scattata la tensione, l’Iran ha subito chiuso lo Stretto di Hormuz, quel passaggio chiave tra Iran e Penisola Arabica da cui ogni giorno transita circa un quarto del petrolio mondiale. Una mossa che ha fatto salire alle stelle il rischio di un vero blackout energetico globale.

Cessate il fuoco

Il 24 giugno Donald Trump ha annunciato un cessate il fuoco tra Iran e Israele, grazie a un accordo mediato dal primo ministro del Qatar. Inizialmente il ministro degli Esteri iraniano aveva smentito qualsiasi intesa, ma poche ore dopo la TV di stato iraniana ha confermato ufficialmente l’entrata in vigore del cessate il fuoco.

L’Iran ha ufficialmente dichiarato la fine della guerra dei 12 giorni contro Israele. Entrambe le parti hanno confermato che rispetteranno la tregua, impegnandosi a non rompere il cessate il fuoco a meno che non venga provocato un primo passo dall’altra parte.

Resta la domanda: questo cessate il fuoco è davvero la fine delle ostilità o solo una tregua fragile, pronta a sgretolarsi al primo scossone? Un equilibrio instabile che, con Trump che continua a soffiare sul fuoco e l’Iran che non sembra intenzionato a mollare, potrebbe essere solo una pausa prima di un’altra tempesta.

Fonte Immagine: Pixabay

Immagine di Briscola, Presidente, Stati uniti d’america. Uso gratuito.

 
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