Ben prima che Parigi o Vienna conoscessero il fascino delle caffetterie, a Sarajevo, già nel 1592, le kahvedžinice erano il centro della vita sociale. Questo primato storico non è un mero aneddoto, ma la radice di una cultura profonda che ha trasformato una bevanda in un rito. Dimenticate l’espresso bevuto di fretta al bancone; il caffè bosniaco è un’altra cosa.
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Cos’è il caffè bosniaco e perché è un rito sociale
Il caffè bosniaco, o bosanska kafa, è una bevanda forte, scura e non filtrata, preparata con polvere di caffè finissima. La sua vera essenza, riconosciuta anche dall’UNESCO che ne ha proposto l’inclusione nel patrimonio immateriale dell’umanità, si manifesta nel suo significato. Qui il caffè è un verbo: kafenisanje, che descrive l’atto di ‘caffettare’, ovvero sedersi senza fretta, accogliere un ospite o abbandonarsi al puro piacere. È un rito che unisce le persone, un collante sociale che trascende etnie e religioni.
Per capire questo mondo, bisogna viverlo e scoprire il concetto di ćeif: una parola intraducibile che descrive quel piacere totale e personale che si prova a fare qualcosa che si ama, senza alcuna fretta. Non c’è espressione più alta del ćeif che preparare e sorseggiare un caffè bosniaco. Vediamo come si fa, entrando nella casa di Andis, un nostro amico di Sarajevo che ci ha svelato i suoi segreti.
Caffè bosniaco vs caffè turco: le 3 differenze chiave
Prima di iniziare la preparazione, è fondamentale chiarire un punto. Sebbene simili, i due metodi presentano distinzioni importanti.
Punto chiave | Differenza nella preparazione |
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Rapporto acqua e caffè | Nel metodo bosniaco si fa bollire prima l’acqua e poi si aggiunge il caffè; in quello turco si uniscono a freddo. |
Uso dello zucchero | Il caffè bosniaco si prepara amaro e si dolcifica a piacere in tazza; quello turco può essere preparato con lo zucchero già nella džezva. |
Il servizio | La džezva bosniaca viene sempre portata al tavolo e fa parte della conversazione; quella turca spesso rimane in cucina. |
Come si prepara il vero caffè bosniaco
Zeljanica, topa e baklava. Pranzare a casa di Andis è, come sempre, un’esperienza memorabile (anche da vegetariani). Dopo aver gustato le specialità locali, arriva il momento del caffè.
Strumenti e ingredienti necessari
- Džezva: il tradizionale bricco di rame o acciaio con un lungo manico, essenziale per la preparazione.
- Fildžan: le tipiche tazzine senza manico in cui si serve il caffè.
- Caffè macinato finissimo (come polvere impalpabile).
- Acqua, zollette di zucchero e dolcetti tipo rahat lokum (gelatine turche).

La preparazione: gesti e segreti dalla sua tradizione
Ecco i passaggi che Andis ci mostra per preparare un perfetto caffè bosniaco:
- Si porta a ebollizione l’acqua nella džezva. Appena bolle, se ne versa una piccola parte in una tazzina e la si tiene da parte.
- Si toglie la džezva dal fuoco e si aggiunge un cucchiaino abbondante di polvere di caffè per ogni tazzina da servire. Si mescola velocemente.
- Si rimette la džezva sul fuoco basso finché non si forma in superficie una schiuma densa e chiara, il kajmak. Appena la schiuma sale, si toglie immediatamente dal fuoco per non farla traboccare.
- Si aggiunge l’acqua messa da parte all’inizio e si rimette un’ultima volta sul fuoco finché la schiuma non sale di nuovo. Questo passaggio serve a “cuocere” meglio il caffè e a svilupparne l’aroma.
Come servire e gustare secondo la tradizione
Dopo aver lasciato riposare la džezva per un paio di minuti affinché i fondi (toz) si depositino, inizia il cerimoniale finale:
- Il kajmak: con un cucchiaino, si preleva un po’ di schiuma e se ne depone uno strato in ogni fildžan. Questo “sigilla” l’aroma.
- Il caffè: si versa lentamente il caffè nelle tazzine, facendo attenzione a non versare i fondi. La schiuma risalirà in superficie.
- La degustazione: si beve prima un sorso d’acqua per pulire il palato. Poi, si intinge un angolo della zolletta di zucchero nel caffè, se ne morde un pezzetto, lo si lascia sciogliere in bocca e si sorseggia il caffè amaro. In alternativa, si possono alternare i sorsi di caffè a piccoli morsi del rahat lokum.
Perché il caffè bosniaco nasconde una filosofia
Dietro il caffè bosniaco c’è una filosofia di vita. Andis racconta dei tanti nomi che la kafa assume a seconda dell’occasione, come la razgovoruša (per chiacchierare) o la dočekuša (per dare il benvenuto). Ogni tazzina ha uno scopo e un’anima, un momento in cui allontanare i pensieri negativi e vivere un momento di pace. È un’esperienza quasi sospesa, dove i suoni della città, come il canto di un muezzin che richiama alla preghiera, si fondono con l’aroma del caffè.
Lasciamo casa del nostro amico con una nuova preziosa consapevolezza: il caffè bosniaco è una piccola, deliziosa ribellione contro la fretta del mondo moderno. Se non avete la fortuna di avere un amico in loco, potete cercare quest’atmosfera autentica, celebrata anche dall’ente del Turismo della Bosnia ed Erzegovina, in luoghi come l’Al Andalus Caffe nella Baščaršija di Sarajevo o il Café de Alma a Mostar. È una lezione su come ritrovare il tempo, un invito a praticare il proprio ćeif e a ricordare che i momenti migliori sono quelli condivisi, senza fretta, attorno a una džezva fumante.
Fonte immagine: archivio personale
Articolo aggiornato il: 17/09/2025