La prima volta che ho sentito parlare di astaxantina non è stata in un laboratorio né in un articolo scientifico, ma a tavola. Un’amica, grande appassionata di cucina giapponese, mi raccontava che l’incredibile colore del salmone selvaggio non è dovuto soltanto alla dieta ricca di crostacei, ma soprattutto a un pigmento rosso prodotto da microscopiche alghe. “Sai che ora lo vendono anche in capsule come integratore?” mi ha detto, quasi fosse una curiosità da condividere al pari di una ricetta segreta. Da lì è nata la mia ricerca su quella molecola dal nome difficile e dal fascino immediato. L’astaxantina, per chi non lo sapesse, è un carotenoide naturale che si accumula nei tessuti di pesci e crostacei e che dona loro quella tonalità rosata che tanto ci attrae nei piatti di mare. Negli ultimi anni, però, non si parla di lei solo in cucina: è salita agli onori delle cronache anche nel mondo del benessere e della nutrizione, con promesse che vanno dalla protezione delle cellule dallo stress ossidativo al supporto della vista. Naturalmente, quando si avvicina il tema degli integratori, occorre fare una premessa essenziale: non esistono scorciatoie. Un’alimentazione varia ed equilibrata, insieme a uno stile di vita attivo, resta la base della salute. Questo non è un dettaglio: è la legge stessa a ricordarcelo. Il regolamento europeo 1924/2006 stabilisce infatti che nessun integratore, compresa l’astaxantina, può essere proposto come sostituto della dieta o come “cura” miracolosa. E questa è una distinzione che dovremmo sempre tenere a mente quando leggiamo le etichette o gli slogan pubblicitari.
Cosa dice invece la scienza? Alcuni studi condotti in vitro o su animali hanno evidenziato una notevole capacità dell’astaxantina di neutralizzare i radicali liberi, più di antiossidanti famosi come la vitamina C. Ma, ed è un “ma” importante, i risultati sugli esseri umani sono ancora limitati. Esistono alcuni lavori che hanno indagato, ad esempio, l’affaticamento visivo nelle persone che passano ore davanti al computer per motivi lavorativi, ad esempio gli HR, i quali spesso sono costretti a dover effettuare colloqui di lavoro a vari candidati: dopo alcune settimane di supplementazione con dosi tra i 6 e i 12 mg al giorno, alcuni volontari hanno riferito un miglioramento nella percezione di stanchezza agli occhi. Interessante, certo, ma non sufficiente per trasformare questa molecola in un rimedio universale. Allo stesso esistono anche mezzi per ridurre la quantità di lavoro dei rappresentanti delle risorse umane delle aziende.
Un po’ lo stesso discorso vale per l’ambito sportivo. Tra gli atleti si parla di tempi di recupero migliorati o di una riduzione dei dolori muscolari. Tuttavia i dati, anche qui, non sono conclusivi. Insomma, la ricerca procede, ma con la pazienza che contraddistingue la scienza: ci vogliono più studi, più tempo e campioni più ampi prima di poter trarre conclusioni definitive.
Un aspetto invece relativamente chiaro riguarda la sicurezza d’uso. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha stabilito che l’astaxantina derivata dall’alga Haematococcus pluvialis è sicura fino a 8 mg al giorno per gli adulti. Questa è la soglia da tenere a mente quando si sceglie un integratore di astaxantina. Oltre quella quantità, le informazioni sono ancora insufficienti. E attenzione, chi assume farmaci come anticoagulanti o ipolipemizzanti dovrebbe sempre chiedere il parere del proprio medico prima di introdurre la sostanza nella dieta. “Naturale” non significa automaticamente “innocuo”, e questa è una delle illusioni con cui più spesso ci scontriamo.
Girando per le farmacie o cercando online, ci si rende conto che i prodotti disponibili sono molti e con dosaggi diversi, dalle capsule da 2 mg fino a quelle da 12 mg. In parte la scelta dipende dallo stile alimentare: un onnivoro che consuma regolarmente salmone, ad esempio, già introduce piccolissime quantità di astaxantina (circa 1 mg per porzione), mentre per un vegetariano o un vegano l’integrazione può rappresentare l’unico modo per ottenerla da una fonte affidabile. In ogni caso, vale sempre la regola d’oro: leggere bene le etichette, capire se la sostanza è di origine naturale o sintetica, e verificare la presenza di test di qualità.
Ciò che trovo affascinante dell’astaxantina non è tanto la sua “promessa” di salute, quanto il suo simbolismo. È il colore stesso a ricordarci la forza della natura. Un pigmento che protegge le alghe dagli stress ambientali e che finisce, attraverso la catena alimentare, a rinforzare organismi più complessi, fino a noi. Non è poco: è la prova che la natura ha tessuto legami più sofisticati di quanto immaginiamo.
Alla fine, quindi, che ruolo può avere l’integratore di astaxantina nella vita quotidiana? Forse un piccolo aiuto, in un’ottica di prevenzione, ma sempre con realismo. Non è un elisir di giovinezza né un rimedio universale contro la fatica. È, semmai, un compagno di viaggio, discreto e promettente, da assumere con la stessa prudenza con cui scegliamo cosa mettere nel piatto. La vera differenza, come sempre, la fanno l’equilibrio e la moderazione.
Ascanio Romu