Roma Codex: Albert Watson a Palazzo Esposizioni

Roma Codex: Albert Watson a Palazzo Esposizioni

In mostra a Palazzo Esposizioni fino al 3 agosto, Roma Codex è il racconto sincero e spontaneo che il fotografo Albert Watson fa della Capitale

Dalla moda alla strada, dalla strada ai volti di chi per strada vive. Dal paesaggio al dettaglio, fino allo studio antropologico dei soggetti.

Dagli esordi nel 1970, il fotografo scozzese Albert Watson ha cambiato stile senza mai cambiare anima.

In Roma Codex, in programma al Palazzo Esposizioni di Roma fino al 3 agosto, Watson fonde arte e fotografia per raccontare Roma non solo nei suoi aspetti più convenzionali e imponenti, ma anche in quelli più intimi e vitali che nascono dalla spontaneità di un crogiolo che, nel vivere quotidiano, non ha mai paura di essere quello che è.

Roma Codex a Palazzo Esposizioni

Tra le duecento fotografie esposte, i ritratti di grandi attori e attrici – come Toni Servillo, Pierfrancesco Favino, Celeste Dalla Porta, Paolo Sorrentino – si alternano senza soluzione di continuità ai vicoli stretti e un po’ sgualciti delle notti romane; le guardie svizzere del Vaticano ai grandi monumenti illuminati. Una bellezza, quella della Roma immortalata da Albert Watson, tanto limpida  da risultare quasi banale.

Roma Codex: Albert Watson a Palazzo Esposizioni

L’esposizione Roma Codex, curata da Clara Tosi Pamphili, è una visita non guidata attraverso una Roma piena di contrasti, quella che Watson ha percorso per realizzare gli scatti, ispirato unicamente dal ritmo vitale della città e dall’energia sprigionata dalle comparse incontrate all’ombra della grandeur della Capitale.

Al progetto hanno collaborato l’agenzia creativa Studio F.P. e l’Azienda Speciale Palaexpo, che hanno seguito il fotografo durante i sopralluoghi e le riprese.

La Roma istintiva di Watson

Chi cercherà un ordine o un’identità nel racconto fotografico esposto al piano terra del Palazzo di Via Nazionale resterà deluso. La mostra riproduce, senza fronzoli, il ritmo concitato con cui la città si imprime sulla pelle di Albert Watson, seguendo una successione puramente istintiva e non logica.

«Non ho voluto osservare Roma con idee preconcette o con la pressione di dover immortalare ciò che il pubblico si aspetta di vedere. La città trabocca di storia, ma io ero interessato a ciò che accade tra i monumenti, nell’energia delle sue strade, nei volti, nel movimento», ha spiegato l’artista. «Ho fotografato in modo istintivo, passando da scuole di danza a club underground, da studi d’artista a caffè notturni. Alcuni momenti erano pianificati, molti altri sono stati frutto del caso. È questa la magia di Roma: si svela, strato dopo strato, se si ha la pazienza di guardarla».

Albert Watson: da Kate Moss alla Centenary Medal

Un’attenzione particolare è riservata alla ritrattistica, forse la parte più riuscita della produzione del fotografo che dà sfogo, in questo genere, alla sua anima da fashion photographer. Roma Codex: Albert Watson a Palazzo Esposizioni

Considerato uno dei venti fotografi più influenti al mondo, Watson, scozzese di nascita e newyorkese per lavoro, è noto soprattutto nel mondo della moda e della fotografia commerciale.

I manifesti di Kill Bill e di Memorie di una Geisha, un centinaio di copertine di Vogue, Time e Rolling Stone, le campagne per alcuni dei brand più prestigiosi e i ritratti inconfondibili di Steve Jobs, Alfred Hitchcock, Kate Moss, Jack Nicholson, gli hanno assicurato un posto d’onore – e permanente – al Metropolitan Museum of New York e nella storia della fotografia. Insignito, nel 2015, del titolo Order of the British Empire (OBE) dalla Regina Elisabetta II per il suo contributo all’arte della fotografia, Watson ha vinto un Grammy Award e tre Andys ed è stato omaggiato dalla Royal Photographic Society con la prestigiosa Centenary Medal.

È suo il ritratto di Alfred Hitchcock che tiene un’oca per il collo e anche quello di Jack Nicholson allo specchio, così come il nudo di una diciottenne Kate Moss  sulla spiaggia di Marrakech del 1993.

 

 

Roma Codex è il lavoro di un Albert Watson che sfida le etichette e sfida anche la sua zona di comfort, per avventurarsi in un itinerario in cui ogni nesso logico salta. Ne risulta una panoramica stratificata e vibrante, in cui la bellezza, l’arte, la storia e la vita quotidiana sono sullo stesso piano, tutte facce di una medesima, unica, inscindibile e contraddittoria realtà.

Non c’è – non vuole esserci – la ricerca dello scatto più originale o studiato, ma semplicemente Roma così come si palesa e così come è stata codificata dalle percezioni di chi la vive.

Foto da archivio personale e da cartella stampa

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A proposito di M. S.

Laureata in Filologia, letterature e storia dell’antichità, ho la testa piena di film anni ’90, di fotografie e di libri usati. Ho conseguito un Master in Giornalismo ed editoria. Insegno italiano, latino e greco, scrivo quando ne ho bisogno e intervisto persone. Vivere mille vite possibili attraverso gli altri è la cosa che mi riesce meglio, perché mi solleva dalla pesantezza delle scelte.

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