Nelle sale italiane dal 31 Ottobre, il lungometraggio Shahed – La testimone è stato presentato in anteprima alla Casa delle Donne di Via della Lungara a Roma. Presenti anche Anna Foglietta e Parisa Nazari del movimento Donna Vita e Libertà.
«Descrivere lo stato culturale e psicologico della mia società. Offrire un’alternativa alla situazione di stallo in cui si trova il popolo iraniano. L’audacia per realizzare questo film? Me lo hanno trasmesso le giovani donne che sono scese in strada in Iran negli ultimi due anni».
Così Nader Saeivar racconta Shahed – La testimone, il lungometraggio che ha scritto e diretto.
Shahed: proiezione in anteprima
Nelle sale dal 31 Ottobre, il film è stato proiettato in anteprima alla Casa Internazionale delle Donne a Roma e introdotto dall’attrice Anna Foglietta.
«Sono ad un punto della mia carriera in cui ho bisogno di sostenere la causa delle donne che non possono usare la loro voce. Questo film parla di oppressione e di privazione, ma parla anche di arte e bellezza; la protagonista fa del suo corpo l’espressione della sua gioia di vivere e uno strumento di lotta non violenta», ha spiegato l’attrice romana.
Con lei hanno preso la parola Celeste Costantino, vicepresidente di Una Nessuna e Centomila e Ilaria Masinara, Head of Campaigning di Amnesty, le quali hanno ribadito la necessità che fondazioni come quelle da loro rappresentate si facciano cassa di risonanza del lentissimo cambio di paradigma culturale rivendicato dalle donne in generale e da quelle iraniane in particolare.
«La speranza nel cambiamento e nella giustizia internazionale può nascere soltanto dall’unione delle nostre voci di società civili».
Shahed – La testimone di Saeivar e Panahi
La sceneggiatura di Shahed ha richiesto un lavoro di 8 mesi, che Nader Saeivar ha condiviso – a quattro mani – con Jafar Panahi. I due avevano già portato a casa il premio per la migliore sceneggiatura al Festival di Cannes nel 2018 per il lungometraggio Tre volti.
Panahi, che di Shahed ha curato anche il montaggio, racconta da anni e con lucido realismo le repressioni e le oppressioni messe in atto dal governo iraniano verso donne, bambini e poveri, categorie relegate ai margini della società ed escluse da ogni forma di cittadinanza attiva.
Condannato nel 2010 dal governo iraniano a sei anni di carcere e a vent’anni di inattività come regista e sceneggiatore, Panahi ha continuato a girare in semi-clandestinità film messi al bando nel suo Paese.
Il suo Taxi Teheran, diretto clandestinamente con mezzi di fortuna in un taxi che viaggia per le strade di Teheran, si è aggiudicato l’Orso d’Oro al Festival di Berlino del 2015.
Shahed, invece, è stato insignito del Premio degli Spettatori alla Biennale di Venezia 2024, sezione Orizzonti extra.
Un cast straordinariamente credibile composto da Nader Naderpour, Hana Kamkar, Abbas Imani, Ghazal Shojaei, Fahrid Eshaghi e guidato dall’immensa statura scenica di Maryam Boubani per rappresentare la difficile condizione di chi resiste all’omertà e alla connivenza cui il regime iraniano vorrebbe piegare i cittadini. La storia personale di Tarlan e della figlia Zara è quella di tutti coloro che ogni giorno – anche di fronte alla disgrazia più dolorosa – devono scegliere tra la propria dignità e la propria incolumità.
«Quello che non mi è piaciuto dei miei due film precedenti è stata la disperazione e la mancanza di speranza che il pubblico ha recepito attraverso i finali dei film. […]. Allora, fin dal primo giorno, ho deciso di trovare un finale stimolante per questo mio terzo film, in modo che gli spettatori si sentissero motivati nella ricerca di giustizia e nella rivendicazione dei propri diritti», ha spiegato Nader Saeivar. Nell’ultima scena, infatti, il regista condensa tutto il potere evocativo e sovversivo che il ballo ha nell’universo femminile raccontato nel suo film, affidando alla suggestione dell’immagine la fiducia in una libertà che resiste anche alla violenza.
Un suo personale suggerimento in forma cinematografica per continuare la lotta, lo ha definito.
«Con Jafar (Panahi) ormai lavoriamo in questo modo. Ci scambiamo delle idee di massima. Quando una di queste ci sembra avere il potenziale drammatico, cominciamo ad approfondire. Questo scambio può durare mesi interi, durante i quali viaggiamo insieme per l’Iran», ha raccontato il regista.
Le donne in Iran: dal 2022 a oggi
Parisa Nazari, attivista iraniana di Donna Vita e Libertà, il movimento nato sulla scia delle proteste seguite alla morte di Masha Amini nel 2022, ha confermato che Panahi non ha potuto rilasciare interviste sul film. Per lo stesso motivo, le attrici protagoniste non erano al Festival del Cinema di Venezia.
Recitare in film di questo genere è, per loro, una scelta di vita; molto spesso equivale a sacrificare un’intera carriera sull’altare della testimonianza e della sensibilizzazione del pubblico internazionale.
In un videomessaggio trasmesso alla fine della proiezione, le attrici femminili e il regista hanno ribadito la loro posizione e fatto appello al pubblico italiano. «Sono orgogliosa di aver fatto parte di questo progetto e speravo che il film arrivasse nelle sale italiane. Spero arrivi a tutti. Dedico il mio ruolo alle donne del mio Paese», sostiene Ghazal Shojaei, che nel film è Ghazal, la figlia di Zara.
A tutte le donne, ma in particolare a tutte quelle che sono state torturate e uccise nel 2022 per aver postato un ballo sui social, per non aver indossato correttamente lo hijab o per aver manifestato pacificamente. Il loro è un dramma che rischia di restare imbrigliato nelle maglie di una rete troppo densa, al momento, di emergenze geopolitiche. A loro, alla loro protesta silenziosa, alle scene di violenta repressione da parte delle forze dell’ordine riprese dai citizen reporters è dedicata la parte conclusiva della proiezione.
Tutto questo – dolore speranza rabbia – è riportato sullo schermo da Saeivar e da Panahi senza troppi fronzoli, rifiutando il patetismo e il sensazionalismo in nome di un racconto nitido, autentico, incentrato sulle controverse relazioni tra i personaggi e sulla statura morale delle tre generazioni femminili iraniane.
«Non preghi, signore. Per favore, non preghi qui» supplica Tarlan quando un uomo le si avvicina mentre lei siede sulla tomba di Zara.
Immagini fornite dall’ufficio stampa