Tetsuwan Atom (鉄腕アトム, “Astro Boy” 1952-1968), capolavoro del dio dei manga Tezuka Osamu (手塚治虫, 1928-1989), e Godzilla (ゴジラ, 1954) di Honda Ishirō (本多猪四郎, 1911-1993) sono due tra le opere più emblematiche della cultura pop giapponese, rappresentando, da una parte, un approccio fortemente propagandistico e, dall’altra, una critica feroce all’introduzione dell’energia nucleare a scopo economico e commerciale nell’arcipelago estremorientale.
Analizzare Astro Boy e Godzilla fianco a fianco e osservarne l’evoluzione storica, ci aiuterà a capire quanto importante sia stata l’influenza di entrambi sul panorama narrativo giapponese (e le conseguenti ripercussioni su quello globale).
Astro Boy vs Godzilla
La leggenda di Astro Boy nacque dall’abile pennino del maestro Tezuka nel Giappone post-bellico degli anni Cinquanta. Si tratta di un piccolo androide alimentato a energia atomica che si impegna a proteggere il pianeta da qualsiasi tipo di minaccia. Atom è diventato una delle mascotte più rappresentative della storia di anime e manga, simbolo chiaro e inconfutabile della rivalutazione del nucleare. Attraverso le sue avventure, Tezuka enfatizzava il concetto che questa fonte energetica non dovesse più essere associata alle cicatrici dell’olocausto di Hiroshima e Nagasaki, né alla dilagante radiofobia esplosa nel Paese del Sol Levante dopo l’incidente della Daigo Fukuryū Maru (第五福龍丸, “barca del drago fortunato numero cinque”) del 1 marzo 1954. L’intento era quello di inquadrarla, piuttosto, come trionfo della scienza e possibile chiave per un recupero post-bellico miracoloso.
Il potere che, meno di un decennio prima, aveva privato centinaia di migliaia di innocenti delle proprie vita, adesso era diventato il simbolo della protezione dell’esistenza umana.
Nonostante sia l’unico lavoro di ampio successo nel milieu della narrazione atomica che abbia provato a mettere in buona luce l’utilizzo dell’energia nucleare, l’immensa portata del suo successo lo ha fatto godere della stessa, se non superiore, rilevanza delle sue controparti di aspra critica.
Il suo messaggio si contrapponeva a quello espresso da Honda Ishirō nel suo Godzilla (su soggetto di Kayama Shigeru 香山滋, 1904-1975), dove il terrore atomico si manifestava attraverso un gigantesco mostro marino preistorico che odia l’umanità e capace di radere al suolo le città giapponesi con il suo potente respiro radioattivo. I suoi poteri derivano dai bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki e dall’incidente della Daigo Fukuryū Maru, ricordi ancora freschissimi nella memoria collettiva nazionale in quel periodo storico.
Il Re dei Mostri è riconosciuto in tutto il mondo come il simbolo dei film kaijū (怪獣, “bestia misteriosa”), nonché come mascotte della celebre casa di produzione cinematografica Tōhō (東宝株式会社, Tōhō Kabushiki-gaisha), specializzata nella produzione e distribuzione di film kaijū e tokusatsu (特撮映画, tokusatsu eiga, “film con effetti speciali”).
Evoluzione delle necessità narrative
È interessante osservare come, nel tempo, Astro Boy e Godzilla abbiano subito un’inversione di marcia significativa rispetto alle loro origini. Con il passare degli anni, e in particolare dopo la decade dei Settanta, le intenzioni e il grado di intelligenza del gigantesco rettile mutante sono cambiate, adattandosi alle nuove esigenze narrative. In film come Ai confini della realtà (ゴジラ対メガロ, Gojira tai Megaro, “Godzilla vs. Megalon”, 1973) e Gojira – Final Wars (2004), Godzilla è stato privato della sua componente malvagia, trasformandosi nel protettore della Terra, difendendola dalla minaccia di altri kaijū. Oltre a questa peculiare virata verso l’eroismo, esistono anche produzioni del franchise orientate principalmente al successo commerciale, come i film coprodotti con gli Stati Uniti. Godzilla vs. Kong (2021) è un esempio emblematico di questa tendenza: pur offrendo spettacolari sequenze d’azione e scontri di dimensioni titaniche, ha ricevuto pesanti critiche per la sua trama superficiale e la mancanza di profondità nei personaggi umani.
La reinterpretazione di Tetsuwan Atom operata da Urasawa Naoki (浦沢直樹) con Pluto (プルートウ, Purūtō, 2003-2009), d’altra parte, rappresenta un’evoluzione significativa nella narrazione rispetto all’originale di Tezuka, evidenziando come le esigenze tematiche e stilistiche possano mutare nel tempo in risposta ai cambiamenti socioculturali. Se l’opera di Tezuka rifletteva l’ottimismo tecnologico e la fiducia nel progresso scientifico del dopoguerra, Pluto affronta questioni esistenziali ed etiche più complesse e stratificate. Tra i temi centrali emergono la complessità della psiche umana, la spinosa questione dell’intelligenza artificiale che inizia a provare sentimenti, e l’impatto delle azioni umane sull’ambiente e sulla società. L’introduzione di una narrazione più cupa e introspettiva, caratterizzata da una forte componente thriller, permette a Pluto di inserirsi nel panorama della fantascienza contemporanea, dove il concetto di umanità viene costantemente messo in discussione. In questo senso, l’opera di Urasawa non solo reinterpreta un classico del fumetto giapponese, ma lo rielabora alla luce delle problematiche globali odierne, esplorando le inquietudini della società moderna.
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