A partire dal XVIII secolo, in diversi paesi europei, soprattutto in Irlanda e nel Regno Unito, iniziarono a diffondersi le cosiddette Case Magdalene, o Magdalene Laundries, istituti fondati con l’obiettivo dichiarato di redimere le donne considerate moralmente deviate, per via della loro condotta ritenuta peccaminosa o in contrasto con le norme della società dell’epoca. Le Case Magdalene prendevano il nome da Maria Maddalena, figura biblica simbolo del pentimento e della redenzione femminile, ma la realtà di questi luoghi era ben lontana dalla misericordia evangelica.
La vita quotidiana all’interno delle Case Magdalene

Le ospiti di questi istituti erano per lo più donne povere, orfane, madri non sposate, prostitute o semplicemente giovani ritenute troppo attraenti o ribelli per gli standard morali dell’epoca. Molte delle giovani rinchiuse nelle Case Magdalene vi arrivavano contro la loro volontà. Tale pratica era resa possibile dalla complicità degli stessi familiari, i quali, preoccupati di salvaguardare il proprio onore e la rispettabilità della famiglia, preferivano rinchiudere le figlie piuttosto che affrontare una possibile vergogna pubblica.
A dirigere e sorvegliare questi istituti erano le Suore della Misericordia, insieme ad altri ordini religiosi cattolici. Queste congregazioni esercitavano un controllo rigido e autoritario sulla vita delle ospiti, regolando ogni gesto e ogni parola. La loro vita quotidiana era scandita da regole molto severe e lavoro incessante. Appena entrate, le giovani venivano spogliate dei propri vestiti e dei loro ricordi, ricevendo un’uniforme identica a quella delle altre. A molte veniva persino cambiato nome, un gesto simbolico di rinascita morale che in realtà serviva a cancellare la loro identità. Oltre a seguire le preghiere e la messa, le donne erano obbligate a lavorare nelle lavanderie; un lavoro estenuante, svolto in ambienti umidi e malsani, dove le giovani passavano ore a lavare, asciugare e stirare montagne di biancheria per clienti esterni, tra cui alberghi, ospedali e istituzioni pubbliche. Il lavoro era considerato parte del processo di purificazione morale, ma in realtà costituiva una vera e propria forma di sfruttamento lavorativo, senza alcuna retribuzione.
Le punizioni delle suore

Le condizioni di vita erano rese ancora più dure dalle punizioni corporali e dalle umiliazioni pubbliche. Le suore esercitavano una severa disciplina, per cui bastava un gesto di ribellione, uno sguardo ritenuto insolente o un errore durante il lavoro per essere punite. Le ragazze venivano colpite con bastoni o cinture, costrette a inginocchiarsi per ore sul pavimento freddo, oppure venivano rinchiuse in isolamento e private di cibo e acqua. Le punizioni fisiche erano accompagnate da umiliazioni verbali e psicologiche, infatti alle giovani veniva ripetuto di essere “peccatrici”, “indegne”, “vergognose”. Così le giornate si susseguivano tutte uguali, in un clima di paura e sottomissione, dove la fede veniva imposta più come strumento di disciplina che come conforto spirituale. In breve tempo, le Case Magdalene che inizialmente erano concepite solo come ricoveri di breve durata, si trasformarono nel tempo in istituzioni a lungo termine. Molte di queste donne trascorrevano anni, persino decenni, in una condizione di reclusione, senza alcun contatto con l’esterno. Altre, invece, non lasciarono mai le Case Magdalene. Le dure condizioni di vita e di lavoro portarono alla morte centinaia di donne; le loro morti venivano archiviate senza spiegazioni, e i loro corpi sepolti in silenzio all’interno dei terreni degli istituti, senza lapidi né nomi.
La memoria delle vittime delle Case Magdalene
Per decenni, regnò un totale silenzio attorno a questa situazione. Solo a partire dagli anni Novanta emersero le prime testimonianze pubbliche, grazie al coraggio di alcune ex ospiti e all’interesse crescente dei media e degli storici. Nel 2013, un’inchiesta guidata dal senatore irlandese Martin McAleese, il governo irlandese riconobbe ufficialmente le responsabilità dello Stato nella gestione e nel mantenimento delle Case Magdalene, ammettendo che migliaia di donne erano state private della libertà, sfruttate e abusate. L’ultima Casa Magdalene in Irlanda è stata chiusa il 25 settembre del 1996. Oggi, i resti di quelle istituzioni sopravvivono come luoghi della memoria che ricordano le migliaia di vite spezzate in nome della morale e del decoro.
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