Donne e impresa teatrale, intervista a Stefania Bruno

Donne e impresa teatrale, intervista a Stefania Bruno

Donne e impresa teatrale” è il titolo del convegno online svoltosi il 10 e l’11 giugno, con la partecipazione di numerose protagoniste del mondo teatrale Italiano. L’evento, organizzato sulla piattaforma Zoom dalla Cooperativa En Kai Pan, in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale, è stato dedicato a “La nascita delle cooperative teatrali dagli anni ’70 a oggi” e alla “Ridefinizione dei ruoli femminili all’interno dei nuovi scenari organizzativi, produttivi e artistici”.

Il seminario è stato parte del progetto di ricerca interdisciplinare Talking about a Revolution – Donne e impresa teatrale, ideato e progettato da En Kai Pan con il sostegno di Coopfond, per stimolare il dialogo tra la comunità accademica, il mondo delle imprese culturali e quello del lavoro, contribuendo alla costruzione di una cultura femminile del lavoro.

Dalle cooperative teatrali, infatti, provengono attrici e drammaturghe come Laura Curino e Mariella Fabbris (Teatro Settimo), registe come Cora Herrendorf (Teatro Nucleo), esperienze territoriali che, nate in condizioni di marginalità, sono diventate centri culturali per l’intera regione, come la cooperativa Sardegna Teatro, divenuta Teatro Nazionale, e Teatro Koreja in Puglia o Teatri Uniti in Campania. Il ruolo delle donne nella cooperazione teatrale è potente e vario, eppure non sempre raccontato, sia in rapporto alle questioni di genere e al teatro femminista, sia alla nascita di nuove forme produttive e organizzative, alla visione artistica e alle pratiche teatrali.

 

Al convegno, dopo i saluti istituzionali di Roberto Tottoli, Rettore dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, e di Carmela Maria Laudando, Direttrice del Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Comparati, sono state affrontate e discusse le tematiche relative al ruolo della donna nella cooperazione teatrale e culturale, mettendo in risalto le prospettive storiche, sociologiche ed economiche e dedicando spazio agli esempi di teatro femminista in Italia.

Tra gli interventi Susanna Camusso, Sindacato CGIL, Giovanna Barni, Presidente CulTurMedia Nazionale, Anna Ceprano, Presidente Legacoop Campania, Fabiana Sciarelli, Economia e gestione delle imprese internazionali – Unior, Laura Angiulli, Teatro Galleria Toledo, Costanza Boccardi, Teatri Uniti, Napoli, e molti altri.

Donne e impresa teatrale, due chiacchiere con Stefania Bruno

Abbiamo intervistato Stefania Bruno, della Cooperativa En Kai Pan, tra le organizzatrici del convegno.

En Kai Pan si occupa di “ideazione e diffusione di progetti sociali e culturali”. Ma com’è nata la vostra cooperativa e in che modo si realizza il vostro lavoro quotidianamente?

En Kai Pan è stata costituita formalmente a marzo 2014. L’idea di fondare una cooperativa è nata per rispondere all’esigenza di professionalizzarsi. Tutti noi soci fondatori venivamo da percorsi di formazione molto lunghi e il rischio, dopo la crisi finanziaria e le conseguenti riforme strutturali, era di rimanere tagliati fuori dal mondo del lavoro, ritrovarsi esodati a trent’anni. Abbiamo deciso, così, di fare un salto di qualità, a cui è corrisposto anche un forte rischio, e di iniziare a realizzare da soli le nostre idee. Ci siamo dedicate negli anni alla produzione e all’organizzazione di festival di Commedia dell’Arte contemporanea, di formazione di giovani attori, di progetti di ricerca, di teatro sociale e di formazione del pubblico. Ciò che ha sempre contraddistinto il nostro approccio al lavoro è l’autonomia: fare impresa significa occuparsi di tutto, dall’ideazione dei progetti alla gestione delle risorse, cioè farsi carico di grandi responsabilità, a cui deve corrispondere una capacità progettuale coerente, altrimenti l’entusiasmo rischia di esaurirsi subito. Noi abbiamo deciso di lavorare su quello che per noi rappresenta una necessità, di cercare una nostra risposta ai problemi. Poco prima della pandemia abbiamo preso un’altra decisione, che è diventata fondamentale per il nostro modo di lavorare nel quotidiano: non essere sole, condividere le nostre idee e fare rete il più possibile sul territorio. Spesso chi fa cultura in maniera autonoma, cioè senza aderire a una grande impresa pubblica o privata, paga questa autonomia con l’auto-isolamento. Questo isolamento toglie slancio a qualsiasi idea, anche alla migliore. Perciò noi vogliamo essere autonome ma non sole, cosa che, se ci pensiamo, è una sintesi perfetta della cooperazione.

Il teatro e – più in generale – il settore culturale nel nostro Paese viveva una forte crisi prima della pandemia e vive una fortissima crisi tutt’oggi. Quali prospettive ci sono?

Dopo un anno di chiusura forzata dei teatri, e più in generale dei luoghi della cultura, ci si confronta con i numeri e il risultato è impietoso: solo nel 2020 il settore culturale ha perso oltre il 77% del suo valore economico e ha dimostrato tutta la fragilità e la difficoltà di un settore in cui il precariato risulta la forma contrattuale più utilizzata. Diventa importante, in questo momento, anche comprendere come sono cambiate le abitudini del pubblico in questo anno, al fine di proporre una ripresa che sia significativa non solo per i professionisti del settore ma anche per gli spettatori, e come intercettare un nuovo pubblico. Il PNRR ha stabilito che il 2% del totale sia destinato all’industria culturale, che comprende anche i teatri, una percentuale molto bassa rispetto agli investimenti previsti in altri settori, considerando che ogni euro investito in cultura ne genera due come effetto diretto e indiretto. La ripresa potrebbe nascere dalla creazione di reti e partenariati che uniscano forze e competenze per provare a cambiare il sistema, porre il teatro al centro di azioni mirate di coesione sociale. L’innovazione, la cultura, la rigenerazione culturale potrebbero essere gli strumenti per impostare la ripresa del settore basata non più sulla competitività ma sulla cooperazione, con un interesse rivolto alla leadership femminile.

Da cos’è nata l’esigenza di “mettere in rete” così tante e diversificate voci femminili in “Donne e impresa teatrale”?

Non c’è un solo punto di vista da cui guardare a una questione, soprattutto se questa non è del tutto emersa nella sua complessità. L’unica cosa di cui eravamo e siamo certe è che la voce delle donne nel Teatro è stata sempre soffocata. Se sfogliamo un manuale di Storia del Teatro, le figure femminili di cui si parla si contano sulle dita di una mano. Succede lo stesso nella Letteratura, nel Cinema, nell’Arte. Eppure, lavorando nel settore teatrale, noi vediamo quante donne ci sono, a tutti i livelli. È troppo facile giustificare questa situazione raccontandoci che evidentemente quello che fanno le donne non è abbastanza meritevole di attenzione. Quando decidiamo di raccontare una storia, facciamo delle scelte e quella di non dare voce alle donne non è una scelta neutra. Può non essere consapevolmente discriminatoria ma sicuramente è influenzata da modelli culturali che noi collaboriamo a tramandare. Se non parliamo di una cosa, prima o poi quella cosa verrà dimenticata e sarà come se non fosse mai esistita. I rimossi a livello storico sono veramente tanti, basti pensare all’oblio che è calato sul teatro femminista e su altre imprese di donne che tanta influenza hanno avuto sulla formazione di percorsi artistici e professionali ancora in corso.

Quale bilancio del vostro convegno e quali saranno i prossimi step?

Il bilancio non può che essere positivo, sia per la partecipazione, che è stata alta al di là delle nostre aspettative, sia per la qualità del dialogo che si è intessuto in questi due giorni. Il progetto non si ferma qui, ovviamente. Continueremo a sviluppare il suo spin off regionale, “Donne e impresa teatrale in Campania”, iniziato ormai da un anno: un censimento e ricerca sulle operatrici teatrali della regione e una raccolta del punto di vista di ciascuna sul proprio lavoro attraverso un programma di interviste. Lavoreremo, poi, alla pubblicazione e diffusione degli atti del convegno e avvieremo una nuova progettazione per sviluppare i risultati fin qui ottenuti, facendo di tutto perché la rete che abbiamo iniziato a costruire cresca.

 

 

Fonte immagine: https://www.enkaipan.com/progetti/talking-about-a-revolution/convegno-donne-e-impresa-teatrale/282-donne-e-impresa-teatrale-convegno.html

A proposito di Maria Laura Amendola

Nata a Potenza il 28 giugno 1993, madre australiana e papà Irpino. Impegnata, per diversi anni, in organizzazioni a carattere sociale e culturale, ho prediletto come ambito il femminismo e le battaglie contro le disuguaglianze di genere. Nel 2021, è nata la mia prima opera letteraria, "Una donna fragile", Guida Editori.

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