È morto a 61 anni Achille Piccolo, custode del cimitero di Marcianise. Figura conosciuta e rispettata da tanti cittadini, lascia la moglie Giovanna e il figlio Pasquale. La sua scomparsa non rappresenta soltanto un lutto familiare, ma anche un momento che tocca l’intera comunità. Achille era una presenza quotidiana in un luogo dove la vita e la morte si incontrano in silenzio, tra fiori freschi e tombe custodite con cura.
Custodire la memoria degli altri
Il suo lavoro не si limitava a un compito pratico. Custodire un cimitero significa custodire la memoria: garantire ordine, accoglienza e rispetto in uno spazio dove le persone vengono a dialogare con i loro cari scomparsi. Molti lo ricordano come una figura discreta, sempre pronta a dare una mano o una parola gentile a chi, con il peso del dolore, cercava conforto tra i viali del camposanto.
Dal custode al ricordo: l’importanza del racconto
La sua storia porta con sé un paradosso toccante: colui che custodiva la memoria degli altri diventa ora egli stesso memoria. È qui che entra in gioco un concetto profondo: la continuità attraverso il racconto. Non muore davvero chi viene ricordato, chi continua a vivere nelle parole, negli aneddoti, nelle immagini che i vivi custodiscono dentro di sé. Il racconto diventa il ponte che resiste alla frattura della morte.
La forza delle piccole cose
Nel caso di Achille, questa continuità si riflette nelle storie che familiari, amici e concittadini continueranno a tramandare: la sua pazienza, il passo lento lungo i vialetti, l’attenzione con cui si prendeva cura non solo del cimitero, ma anche delle persone che lo attraversavano. Frammenti apparentemente minimi, che però insieme compongono una presenza viva. Ogni volta che qualcuno ricorderà un suo gesto, Achille continuerà a esistere.
Il racconto come eredità e resistenza all’oblio
Ma questo non riguarda soltanto lui. Ogni volta che perdiamo un padre, una madre, un amico, siamo chiamati a decidere se quella vita debba spegnersi con la morte o continuare nel racconto. È così che i legami si trasformano in eredità: non solo beni materiali, ma valori, esempi, memorie condivise che ci accompagnano e ci plasmano.
La morte di Achille Piccolo diventa allora occasione per riflettere su come la narrazione sia la forma più antica e autentica di resistenza all’oblio. Perché finché ci sarà qualcuno che parlerà di lui, della sua dedizione e del suo modo di custodire la memoria degli altri, Achille continuerà a vivere. E con lui, continuano a vivere tutti i nostri cari che abbiamo imparato a raccontare.
Una presenza che rimane
Perché, in fondo, chi viene ricordato non muore mai. E Achille continuerà a vivere nelle parole di chi lo ha amato e conosciuto.
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