La religione come oppio dei popoli: riflessione tra Marx e Le Bonn

La religione come oppio dei popoli secondo Marx

“La religione è l’oppio dei popoli”

Lo scriveva nel 1843 Marx nella parte introduttiva del manoscritto Per la critica della filosofia del diritto di Hegel – opera che si proponeva di indagare criticamente il testo Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel risalente al 1820.  Ma che vuol dire? L’espressione riecheggia nel linguaggio comune intenta ad indicare una sorta di ipnosi dei popoli attraverso il mito della religioneLa stessa, secondo Marx, è la realizzazione fantastica di un’essenza umana che non trova manifestazione nella realtà, una proiezione immaginaria che appaga l’uomo e non gli permette quindi di esprimere completamente sé stesso all’interno della vita quotidiana, neutralizzandone in qualche modo gli stimoli. Lui dice letteralmente: 

Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale.

Quindi eliminare la religione (che promette una felicità non terrena o comunque interiore) significa spingersi a partecipare alla lotta come strumento per migliorare la propria condizione sociale

Secondo tale presupposto sposare un credo religioso significa dunque in qualche modo avere la mente annebbiata sulle cosiddette cose del mondo.

Gustav Le Bonn e le masse

Quindi è la religione in quanto tale ad annebbiare le masse? 

Gustav Le Bonn, nel suo testo La psicologia delle folle del 1895, testo fondamentale nel dibattito della psicologia sociale e non solo, parla delle masse come un processo attraverso il quale gli individui messi insieme perdono la loro autenticità e consapevolezza individuale, andando a formare una nuova identità, mossa per lo più da elementi emozionali ed istintivi che non hanno nulla a che vedere con i valori personali e il grado di istruzione di ognuno, associando questo processo a fenomeni storici, politici e religiosi. Egli sosteneva addirittura che, per via della capacità delle folle di autosuggestionarsi in base al rafforzamento di un sentimento comune, ciò che è testimoniato da tanti non può essere preso in considerazione come testimonianza di un fatto realmente accaduto. 

Quindi se una persona per via di un’ideologia di massa o per “partito preso” giudica un’altra persona in funzione del suo credo religioso, in quel momento sarà più annebbiato chi giudica o chi è giudicato? Facciamo attenzione, forse è il concetto di massa associato alla religione ad annebbiare le menti?

Nell’epoca dell’accessibilità delle informazioni, dei deficit di attenzione e delle spicciole consapevolezze, spesso l’ipnosi si nasconde nel pregiudizio di chi categorizza nella malsana convinzione di aver raggiunto la verità, senza rendersi conto che le persone sono mondi che non puoi vedere, che esistono profonde sfumature e che i giudizi hanno i loro limiti universali.

Le scelte, religiose o ideologiche che siano, sono qualcosa di assolutamente soggettivo e insindacabile, purché siano portate avanti nel rispetto verso sé stessi e degli altri, contro ogni preconcetto nel quale spesso riesce a nascondersi un limite alla propria libertà di pensiero, più che nell’accettazione verso quello altrui.

Per ogni credo e per ogni partito scelto – e non scelto – bisognerebbe conservare sempre la possibilità di guardare oltre e la responsabilità, prima di tutto verso noi stessi, di mantenere quel margine di razionalità che ci permette di restare liberi.

Altrimenti staremmo sempre a parlare… della religione come oppio dei popoli!

Fonte immagine in evidenza: AI generated 

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