I migliori metodi di studio per il giapponese: quali sono?

Il giapponese è una lingua ostica, con il suo sistema di scrittura triplo, una grammatica complicata e un sistema di suoni diverso da quello a cui siamo abituati in quanto parlanti di lingue occidentali. C’è una buona notizia: con i giusti metodi di studio, il giapponese può diventare più semplice e divertente da apprendere. Osserviamo i migliori metodi di studio per padroneggiare il giapponese fino a diventare fluenti.

Il primo approccio

Prima di parlare dei migliori metodi di studio per il giapponese, bisogna specificare che ogni lingua, che sia il cinese, il giapponese, l’inglese o la più disparata a cui possiate pensare, richiede un “periodo di prova”: è dunque importante ascoltare la lingua per capirne i suoni, la cadenza, la tonalità e il ritmo, per poi pensare alla scrittura, nel caso delle lingue che non prevedono il nostro stesso sistema alfabetico, ed assimilare l’estetica e le immagini. Armatevi dunque di podcast in giapponese – ce ne sono per tutti i livelli –, video YouTube, film, anime. Avviate il processo di assimilazione partendo da zero, proprio come avete fatto da piccoli per la vostra lingua natia, assimilando piano piano suoni, parole e significati.

Seconda fase: imparare i primi due alfabeti

Prima di procedere verso i kanji, bisogna imparare i due sillabari fonetici, nonché gli alfabeti hiragana e katakana. Entrambi sono due modi di scrivere le stesse sillabe: l’hiragana viene usato per le parole giapponesi e le particelle grammaticali, mentre i katakana vengono usati per parole e suoni stranieri.
Tra i migliori metodi per imparare gli alfabeti del giapponese, c’è ad esempio quello dell’associazione tramite immagini, di cui parleremo più avanti con i kanji, e l’utilizzo di flashcards – a proposito di questi metodi Tofugu presenta sia delle vignette che rendono più facile l’apprendimento dei kana, che un gioco interattivo style active recall che permette di mettere in pratica quanto appreso.
Una volta memorizzati tutti i kana o parte di essi, è fondamentale cominciare a leggere semplici frasi o racconti – basti cercare su Tofugu o su internet per delle storie semplici con hiragana o parole straniere in katakana – e fare pratica, prima scrivendo la traslazione latina della pronuncia e poi provando a leggere ad alta voce fino a non fare errori.

Terza fase: i Kanji

Per l’alfabeto finale è bene imparare prima l’ordine dei tratti – generalmente, ma non sempre, dalla sinistra alla destra, dall’alto al basso e dall’interno all’esterno –, dopodiché bisogna trovare un metodo efficace per memorizzare a lungo termine. Uno dei più efficaci è quello dell’associazione a delle immagini o delle parole che già si conoscono: i kanji nient’altro sono che i caratteri che utilizzavano i cinesi al momento del contatto con il Giappone, ed è per questo che sono composti da più tratti, ma sono anche meno astratti e ricordano vagamente la parola a cui si riferiscono. La parola 日本 nihon, che è il nome giapponese per il Giappone, è formato da 日 che simboleggia il sole, assomigliano vagamente, e 本, che si distingue dall’albero 木 per un solo tratto – 本 sta a significare radice, origine di qualcosa, ed è per questo che nel Giappone sono intrinseche queste parole, che direttamente denominano il Paese del Sol Levante. Tramite queste storie, osservando bene i caratteri, notiamo che assomigliano in modo estremamente stilizzato a qualcosa preso già in natura, ed è così che possiamo immaginare delle frasi che possano far in modo di ricordare velocemente, tramite un processo di associazione a immagini con cui siamo già familiari.
Imparare i radicali e pensare ai kanji come un assemblaggio di altri kanji studiati è un altro metodo efficace, pertanto imparare a riconoscere la scrittura e il significato farebbe in modo di apprendere la scrittura di kanji più complessi.
Un metodo di apprensione che impiega più tempo, ma regala risultati in ogni modo, è quello della spaced repetition (SRS), utilizzando delle flashcard giornalmente, sforzando la mente a ricordare il significato, la pronuncia e la scrittura di un termine. Si possono fare a mano su foglietti, comprarli o addirittura utilizzare app come Anki o Quizlet per elencare e ricordare tutto.

Quarta fase: lo studio della grammatica e la pratica

La grammatica giapponese è complessa e ricca di eccezioni, quindi su questo bisogna mantenere un approccio più tradizionale: comprare un libro di testo adibito all’esame JLPT, oppure il classico per l’apprendimento del giapponese Genki è un ottimo modo per avviarsi all’apprendimento, che deve essere composto di pratica di lettura, tantissimi esercizi, tanta pratica di caratteri. Aiuta trovare sui social media o su YouTube dei professori di lingua che possono spiegare in maniera facile ed interattiva, in modo che i concetti vengano fissati meglio. Altro metodo utile è quello di tenere un proprio diario di giapponese, dove anche tramite parole semplici e frasi poco strutturate, pian piano si può diventare in grado di descrivere la propria giornata. Altra alternativa è quella di trovare persone native o conoscenti della lingua disposte a parlare e a correggervi, in quanto la conversazione è il modo più efficace e veloce per cementare gli errori nel cervello e poterli correggere istintivamente, troverete parlanti per ogni livello su HelloTalk o Italki.

In conclusione

Imparare il giapponese è un processo relativamente lungo che impiega tempo e determinazione, con una combinazione di input come l’ascolto e la lettura e output come la conversazione e la scrittura per raggiungere la fluenza desiderata. Con i metodi migliori per il giapponese elencati, imparare la lingua sarà meno tedioso e più divertente.
頑張って! Ganbatte! Forza!

Fonte immagine: Pixabay

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