Il dialogo intertestuale, dalle origini ad oggi

il dialogo intertestuale

Il dialogo intertestuale

Come per le origini delle teorie letterarie e culturali moderne, anche quelle dell’intertestualità possono essere rimandate alla linguistica del ventesimo secolo.
Un ruolo fondamentale nella comprensione di quest’ultima, va al celebre linguista svizzero Ferdinand de Saussure, padre della linguistica moderna e dell’approccio strutturalista che, ponendo l’enfasi sulle caratteristiche sistematiche della lingua, stabilizza la natura relazionale tra testo e significato.
La parola stessa deriva dal latino intertexto, traducibile in “mescolare mentre si tesse”, ed è stata introdotta per la prima volta in linguistica letteraria dalla filosofa e linguista francese di origini bulgare Julia Kristeva, alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso.
I lavori di Kristeva sono stati pubblicati in un periodo di transizione nella teoria moderna letteraria e culturale. Tale mutamento è descritto come “il passaggio da strutturalismo a post-strutturalismo“. Gli strutturalisti analizzano testi di ogni tipo, dai lavori letterari a frammenti di comunicazione di ogni giorno. Queste teorie basano la propria analisi sulla semiologia: lo studio dei segni fatto da De Saussure.

Riguardo il discorso del dialogo intertestuale, i post-strutturalisti, invece, credevano che la lingua e il significato avessero sia natura che struttura instabili, sostenendo quindi che tutti i testi non avessero un significato solo ma significati multipli.
La transizione da strutturalismo a post-strutturalismo è caratterizzata dal rimpiazzo di oggettività, rigore scientifico e stabilità metodologica con un’enfasi sull’indeterminazione, l’incomunicabilità, la soggettività, il desiderio, il piacere e il gioco.
Gli strutturalisti credevano che il criticismo fosse oggettivo, mentre i post-strutturalisti sostenevano che il criticismo come quello in letteratura fosse instabile e quindi non assoluto.
In “Strutturalismo e Post-strutturalismo” di Donald D. Palmer, emerito professore di filosofia al college di Marin Kenfield in California, ciò che le due teorie avevano in comune era l’ossessione postmoderna con il linguaggio e la rivendicazione radicale della scomparsa dell’individuo.
Come risultato il post-strutturalismo diventa un fattore importante nella discussione e nella comprensione del dialogo intertestuale.

Un altro interessante approccio al post-strutturalismo e l’intertestualità ci viene offerto dal critico sociale, letterario e teorico francese Roland Barthes. La sua posizione sull’intertestualità, ovvero il forte credo nella pluralità e nella convinzione che i lettori debbano essere liberi e slegati da ogni tipo di costrizione, è caratteristicamente e squisitamente post-strutturalista.
Allo stesso tempo intrigato e preoccupato dal ruolo rivestito dall’autore nella produzione di significato, Barthes credeva che quest’ultimo non potesse mai essere afferrato appieno dal lettore, data la natura intertestuale dei lavori letterari che porta sempre i fruitori delle opere verso nuove relazioni testuali che avrebbero potuto in qualche modo allontanarli dai punti focali di esse.
Gli autori, quindi, non sono responsabili dei significati multipli che i lettori inevitabilmente scoprono durante le analisi delle loro produzioni letterarie e artistiche.
Nel suo saggio “Theory of the Text”, pubblicato in “Untying the text: a post structuralist reader”, Roland Barthes scrive: “qualsiasi testo è un nuovo pezzo di citazioni passate. Frammenti di codici, formule, modelli ritmici, pezzi di linguaggi sociali etc., si muovono nel testo e sono ridistribuiti all’interno di quest’ultimo, dato che c’è sempre la lingua prima e intorno al testo” e “l’intertestualità, la condizione di qualsiasi testo, non può essere certo ridotta a un problema di fonti o influenze; l’intertesto è un campo generico di formule anonime le quali origini possono difficilmente essere localizzate; di quotazioni inconsce o automatiche date senza virgolette.”
È di cruciale importanza ribadire che gli elementi propri del dialogo intertestuale non possono essere solo letterari. Si devono prendere in considerazione i dati determinanti storici e sociali che a loro volta trasformano le stesse pratiche letterarie.
Quindi, un testo esiste solo nel momento della sua lettura. I lettori in possesso della memoria di letture passate, esperienze e posizioni all’interno della formazione culturale, stabiliscono e generano connessioni fondamentali, aprendo nuove porte all’intertestualità, che è da considerare una parte integrante della critica letteraria e artistica.

In conclusione, il termine intertestualità, come una gomma da cancellare, riduce i bordi di un determinato testo a una linea quasi impercettibile. Ricavare il meglio da un’opera dipende interamente dalla sensibilità del lettore e dalla sua conoscenza pregressa, che gli permetterà di attuare tutte le connessioni necessarie al fine di riuscire nell’intento di comprendere meglio il vasto mondo del dialogo tra testi.

 

Fonte immagine in evidenza: Pixabay

A proposito di Christian Landolfi

Studente al III anno di Lingue e Culture Comparate (inglese e giapponese) presso "L'Orientale" di Napoli e al I anno di magistrale in Chitarra Jazz presso il Conservatorio "Martucci" di Salerno. Mi nutro di cultura orientale in tutte le sue forme sin da quando ero piccino e, grazie alla mia passione per i viaggi, ho visitato numerose volte Thailandia e Giappone, oltre a una bella fetta di Europa e la totalità del Regno Unito. "Mangia, vivi, viaggia!"

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