Yoshimoto Banana, assieme a Murakami Haruki, è una delle scrittrici giapponesi che più hanno sdoganato in occidente il peculiare modo di interfacciarsi alle pulsioni più recondite dell’animo umano tipico del suo paese d’origine.
A differenza dell’autore di Norwegian Wood, è molto più vicina a un impianto narrativo da manga shōjo e josei e nel suo racconto del 1989, Sonno profondo (in originale Shirakawa Yofune), non si fatica a trovare delle connessioni con la Yazawa.
Sono storie di donne emotivamente fragili e uomini all’apparenza gentili ma incapaci di processare il proprio dolore, facendolo ricadere sulle spalle della malcapitata di turno.
Curiosi di saperne di più? Allora immergiamoci insieme nel complesso universo del trauma secondo Yoshimoto Banana.
Fonte immagine: Feltrinelli
Trama
I tre racconti hanno come protagoniste ragazze che vivono in bilico tra sonno e veglia, vita e morte. Ritornano, legati da un sottile fil rouge, i temi più cari a Yoshimoto Banana: amore, suicidio, sesso, mortalità, malinconia e legami interpersonali.
Terako è la protagonista del primo racconto e l’unica cosa che riesce a svegliarla dal suo sonno profondo sono le telefonate dell’amato Iwanaga, un uomo sposato con una donna in coma in seguito a un incidente.
Il rapporto tra Terako e Iwanaga è molto nebuloso e l’unica cosa più o meno chiara che lei riesce a individuare è l’amore che prova per lui; una costante fonte d’ansia al pensiero che possa finire.
L’uomo, d’altra parte, mette in campo promesse e velati ricatti emotivi (forse da intendere come inconsci) per mantenerla legata al loro flebile rapporto, come molti personaggi maschili di Nana e di Paradise Kiss della Yazawa.
Conclusioni
Il tema della tristezza è fondamentale nel percorso di elaborazione del trauma secondo Yoshimoto: Terako dice che entrambi proteggono la tristezza che portano dentro come qualcosa di prezioso. È una parte fondamentale della loro relazione e sembra l’unica a unirli davvero, dato che al di fuori degli appuntamenti fissati, tutto il resto è nulla.
Sia lei che Iwanaga sono incapaci di superare un lutto significativo e forse, se riuscissero a sciogliere i loro nodi, potrebbero finalmente dirsi addio l’un l’altra.
La ragazza si lamenta spesso di essersi stancata di un amore non reale e relegato alla parte più buia della vita di Iwanaga, ma non fa mai davvero nulla per cambiare la situazione.
Il sonno, che simboleggia la sua incapacità di processare il dolore per la morte della cara amica Shiori e l’infelicità generata dalla relazione claudicante che ha con l’uomo sposato, dapprima è la sua coperta di Linus e presto si trasforma in una gabbia mentale e fisica: da mondo ovattato e silenzioso in cui riposare, passa a uno stato di incoscienza che la lascia affamata e dolorante.
Terako è il prototipo di martire d’amore che non riesce a liberarsi del suo dolore anche perché si percepisce troppo debole per farlo, sia fuori che dentro (con le mie braccia sottili, con il mio cuore fragile).
Il non detto, tra omissioni, bugie e segreti, è un motore narrativo d’eccellenza anche nella fiction occidentale, ma il non detto alla giapponese ha un sapore unico e non replicabile.
Forse è proprio perché trae la sua forza da una delle caratteristiche più significative della società nipponica: l’incomunicabilità, elemento chiave nell’analisi del trauma secondo Yoshimoto Banana, che si riflette nell’incredibile profondità emotiva dei suoi personaggi.
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