Il videogioco come ottava arte?

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Il videogioco può essere considerato come l’ottava arte?

È noto che l’arte è suddivisa in sette categorie, che vengono identificate come architettura, musica, pittura, scultura, poesia, danza ed infine cinema. Ma cos’è che rende queste discipline degne di tale nome? Si può trovare risposta a questa domanda consultando il vocabolario, che conferisce alla definizione di “arte” il seguente significato: “attività umana volta a creare opere a cui si riconosce un valore estetico, per mezzo di forme, colori, parole o suoni; complesso delle opere prodotte in un’epoca o paese che denotano l’insieme di caratteri culturali”. Ma a cosa è dovuto il valore estetico? Sicuramente ad un gusto personale, ma anche alla capacità di suddetta opera di suscitare nel fruitore un’emozione legata ad essa. Tutti elementi che possono essere riscontrati anche nel settore videoludico, eppure nonostante ciò permane una forte opposizione nei confronti di questo genere.

La demonizzazione del videogioco

Non è raro che i videogame siano soggetto di critiche, venendo considerati come un incubatrice di aggressività e solitudine, accusati di alienare dalla realtà chi ne fa uso. Le dichiarazioni del ministro Calenda sono infatti solo l’ultima di una lunga serie di invettive compiute verso questo genere, che viene spesso tirato in causa per episodi di violenza che non hanno nulla a che fare con esso. Complice di questa linea di pensiero è sicuramente un atteggiamento chiuso al progresso e al cambiamento, tanto da farci pensare ai dotti di Salamanca di Umberto Eco, venditori di apocalisse che mettono in guardia il mondo da una minaccia che va contro i “vecchi valori”. Certamente un uso prolungato o eccessivo può comportare seri danni, e la decisione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di inserire la dipendenza da videogame nell’elenco delle malattie internazionalmente riconosciute non solo è una decisione necessaria, ma è anche segno di attenzione verso una problematica che prima veniva ignorata o sminuita. Questo però non dev’essere un motivo per additare il videogioco come la fonte di ogni male, ricordandoci che anche il cinema ai suoi albori veniva considerato dagli stessi fratelli Lumière una “moda passeggera” oppure un “semplice intrattenimento”, come lo definì George Orwell nel saggio Libri contro sigarette. Questi esempi sono utili a dimostrare come la diffidenza o la svalutazione accompagni spesso la nascita di una nuova disciplina.

Rivoluzione digitale e nascita dell’OMI: Opera Multimediale Interattiva

L’avvento delle tecnologie informatiche nella seconda metà del XX secolo e la conseguente rivoluzione digitale hanno portato ad una crescente tecnologizzazione di ogni aspetto legato all’uomo e alla società, andando ad influenzare anche le attività definite come passatempi. In particolare quest’ultimi rappresentano un importante aspetto non solo della nostra quotidianità, concorrendo allo sviluppo fisico, mentale ed interiore dell’individuo, ma anche di un più alto punto di vista, che potremmo chiamare sociale e pre-culturale, come lo definisce Johan Huizinga nell’opera Homo LudensLo storico dimostra come la cultura (intesa come insieme di valori, usi e costumi) sorga dapprima come un gioco, e che in seguito l’aspetto ludico venga messo in secondo piano celandosi nei fenomeni culturali della società a cui appartiene. Il videogioco esprime questo concetto nella sua piena totalità sia come testimonianza di una cultura in cui l’elemento tecnologico diviene più presente (arrivando a comprendere anche i cosiddetti aspetti pre-culturalisia come espressione della cultura da cui proviene, fornendo testimonianza di essa attraverso i molteplici elementi che lo costituiscono: composizione dell’immagine, narrativa e brani musicali. La presenza di opere di generi diversi, tutte fruibili in un unico strumento , è una delle caratteristiche dell’opera multimediale interattiva (OMI), che trova nell‘espressione digitale la sua principale connotazione. Fra i diversi artisti che si sono cimentati nella loro realizzazione, lo Studio Azzurro rappresenta un’importante realtà italiana, che attraverso le proprie opere coinvolge lo spettatore in esperienze che lo portano a riflettere su temi di impegno sociale. La possibilità di divenire parte attiva nell’installazione permette al fruitore di immedesimarsi con l’OMI, che attraverso storie di singoli personaggi narra di identità nazionali e culturali le quali altrimenti apparirebbero distanti e di difficile comprensione. I videogame, rientrando a tutti gli effetti nella definizione di OMI, concedono la possibilità di vivere realtà che arricchiscono il bagaglio culturale ed interiore; naturalmente sarebbe errato affermare che ogni videogioco è un’opera d’arte, esattamente come non possiamo dirlo per ogni pellicola cinematografica o per ogni dipinto.

Lo sviluppo dell’arte videoludica

Sono passati 43 anni da quando nell’agosto del 1975 venne rilasciata sul mercato HomePong, la console elettronica che segna l’inizio della rivoluzione domestica dell’industria del videogioco. Nonostante il primato di gioco elettronico per uso casalingo vada al Magnavox Odyssey (1972), sono in molti a considerare la console di Atari il capostipite del genere. Nel corso del tempo i videogame si sono evoluti non solo per quanto riguarda la grafica e la tecnica di gioco, ma soprattutto per i contenuti, modificando così anche l’atteggiamento del giocatore: se i primi avevano come obiettivo quello di accumulare più punti rispetto ad un avversario, l’elemento competitivo è stato ridimensionato per fare spazio a componenti diverse. È possibile riscontrare questo cambiamento già nei primi capitoli della saga di Resident Evil (1996) o di Silent Hill (1999), dove gli spazi angusti e le atmosfere claustrofobiche, associate ad un sapiente uso delle inquadrature, riescono a trasmettere in pieno tensione e paura. Naturalmente i videogiochi competitivi continuano tutt’oggi a rappresentare una grande fetta di mercato (il successo di Fortnite ne è una prova), ma è indubbio che il genere abbia raggiunto la maturità concettuale: ne sono esempio la forte presenza di tematiche come il femminismo e l’ecologia presenti nella trama del pluripremiato Horizon – Zero Dawn (2017). A sostegno di ciò vi è anche il crescente successo che riscuotono le avventure grafiche come quelle della casa di produzione Telltale, o il cinematografico Detroit – become human (2018) che avvalendosi di un’intensa colonna sonora trasporta il giocatore in un’intricata narrazione dalle complesse scelte morali, con vicende che ricordano le tragiche esperienze dei migranti.

Il genere videoludico dimostra quindi di possedere gli elementi necessari per elevarsi da semplice intrattenimento a vera e propria ottava arte, capace di divertire ma anche di far ragionare chi ne usufruisce. Perché ciò accada dobbiamo però abbattere le ostiche mura del pregiudizio e ricordarci, citando ancora Huizinga, che quando il gioco origina bellezza, implicito è il suo valore per la cultura.

Fonte foto: https://www.pinterest.it/pin/181340322467672835/

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