L’economia politica ha come oggetto di studio i fenomeni economici a livello individuale e aggregato. Nel suo campo di applicazione fa ricorso a metodi induttivi e deduttivi, basati sulla costruzione di modelli teorici che mirano a spiegare le scelte individuali, il benessere sociale e una vasta gamma di problematiche. Oggi analizzeremo la storia dell’economia politica, come e quando nasce e di cosa si occupa.
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Macroeconomia e Microeconomia: le due aree principali
L’economia politica si distingue in due aree principali:
- Macroeconomia: studia l’economia a livello aggregato, occupandosi della struttura economica e delle performance di intere nazioni o entità sovranazionali. Analizza variabili come PIL, inflazione e disoccupazione.
- Microeconomia: studia il comportamento dei singoli agenti economici (consumatori, imprese) che operano in condizioni di scarsità di risorse, analizzando come compiono le loro scelte.
La storia dell’economia politica: come e quando nasce?
Il primo studioso a interessarsi all’economia politica fu il filosofo greco Senofonte, che la definì una disciplina tra scienza e arte. Il termine economia deriva dal greco oikos (casa) e nomos (regola), venendo interpretato come la disciplina che studia le “regole per amministrare la casa”.
In tempi più moderni, Lionel Robbins, un economista del XX secolo, sostenne che l’economia è la scienza delle decisioni sull’utilizzo delle risorse scarse. Nel corso del Novecento, gli economisti hanno espanso il loro campo di indagine, applicando i concetti dell’economia anche a campi non tradizionali come il matrimonio, come ha fatto il premio Nobel Gary Becker.
Le metodologie: olismo e individualismo
Nella storia dell’economia politica, sono state individuate due metodologie principali per analizzare i fenomeni economici:
Metodologia | Descrizione |
---|---|
Olismo metodologico | Spiega i fenomeni economici come il frutto di cause e fattori sociali (es. la disoccupazione dipende dai rapporti di forza tra classi sociali). |
Individualismo metodologico | Spiega i fenomeni economici come il risultato di azioni e scelte individuali (es. la disoccupazione dipende dalle decisioni dei singoli lavoratori e datori di lavoro). |
Nonostante ciò, gli economisti devono puntare a una rappresentazione neutrale del mondo, anche se ciò non è sempre possibile a causa dell’ideologia a cui sono legati.
Economia politica e capitalismo: i 3 pilastri
L’economia politica si è sviluppata principalmente come disciplina complementare al capitalismo, un sistema economico fondato sull’accumulazione del capitale. Il capitalismo si fonda su 3 pilastri:
1. La proprietà privata dei mezzi di produzione
È un’istituzione giuridica che determina i modi di acquisto e i limiti della proprietà. Non tutte le merci, però, possono essere privatizzate, come ad esempio la forza lavoro.
2. L’impresa come forma della produzione
La fabbrica è diventata il luogo centrale della rivoluzione industriale. Nel 1776, l’economista Adam Smith, nel suo libro La ricchezza delle nazioni, usò l’esempio di una fabbrica di spilli per spiegare la divisione del lavoro. Dimostrò come la specializzazione in singole fasi produttive aumentasse enormemente la produttività grazie a tre fattori: maggiore abilità dell’operaio, risparmio di tempo e invenzione di macchine specializzate.
3. Il mercato come meccanismo di distribuzione
Il mercato è un luogo, reale o fittizio, dove avvengono gli scambi. Il meccanismo principale per la distribuzione delle risorse è il prezzo. La concorrenza perfetta è quella forma di mercato ideale in cui c’è un numero così elevato di venditori e compratori che nessuno è in grado di influenzare il prezzo, che viene determinato dall’incontro tra domanda e offerta.
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Articolo aggiornato il: 27/08/2025