‘O munaciello e altre tradizioni napoletane

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La bella ‘mbriana, i miracoli e ‘o munaciello, Napoli tra tradizione e lingua nel nostro articolo

A proposito di Napoli, così scriveva nel 1919 in Storie e leggende napoletane Benedetto Croce, stabilitosi nella città partenopea fin dal 1886: «È dolce sentirsi chiusi nel grembo di queste vecchie fabbriche, vigilati e tutelati dai loro sembianti familiari (…); a me giova intanto, all’ombra degli alti tetti e tra le angustie delle vecchie vie, riparare nella più vasta ombra delle memorie». Ed effettivamente, è proprio questa la suggestività della città, tra le più ricche di memoria, che col suo richiamo suggerisce al viaggiatore una miriade di segreti e storie tali da renderla la culla dei misteri del Mediterraneo. La sua stratificazione culturale è il prodotto di secoli di dominazioni e interscambi, che si riverberano nel pullulare di enigmi seducenti, tradizioni, storielle (come quella del munaciello), leggende, figure mitiche e popolari uniche nel loro genere, in questa città dai mille volti.

Tradizioni secolari: la liquefazione del sangue di alcuni santi a Napoli

Come non soffermarsi sul fenomeno della liquefazione del sangue di alcuni santi conservato in ampolle custodite i monasteri, chiese e cappelle appartenenti a famiglie nobili napoletane. «Il fenomeno del passaggio del sangue dallo stato solido a quello liquido e il ritorno, poi, allo stato solido si ripete da secoli fino ad oggi in date precise per alcuni santi, per altri il fenomeno ha cessato la sua attività per motivi sconosciuti o è attualmente ancora allo stato liquido. Questi eventi “prodigiosi” sono per il credente simbolo di una fede che si rinnova ogni anno nel ricordo dei santi martiri, nella consuetudine dei secoli. (…) Napoli può essere considerata, da moltissimi anni, la capitale delle reliquie, in quanto custodisce circa duecento ampolle, nelle quali è conservato il sangue di santi e martiri. Infatti, dopo la caduta dell’Impero Romano d’Oriente, avvenuto nel 1453, molte immagini religiose e reliquie varie furono portate a Napoli e da allora sono state custodite, come già detto in precedenza, in monasteri, chiese e cappelle di famiglie nobili napoletane, anche se con il tempo molte sono cadute nell’oblio»: così scrivono Elisa Rampone Chinni e Tina Palumbo De Gregorio in Curiosità napoletane. Storie, aneddoti e modi di dire della tradizione popolare, le quali ricordano la presenza a Napoli di boccette contenenti il sangue di Santo Stefano, San Luigi Gonzaga, San Lorenzo, San Giovanni Battista, Santa Patrizia, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, San Filippo Neri, San Camillo de Lellis e, ovviamente, di San Gennaro, il caso più conosciuto e celebrato, nel quale i napoletani ripongono il massimo sigillo delle loro speranze, come ricorda il famoso detto «San Genna’ pienzece tu!».

Tradizioni e lingua: bella ‘mbriana e ‘o munaciello

Come ha abilmente evidenziato Nicola De Blasi nel suo Profilo linguistico della Campania, «Le parole del dialetto conservano spesso uno stretto legame con la cultura materiale e con gli usi tradizionali. (…) Tra le parole che riportano a credenze tradizionali ricordiamo qui “controra”, con cui in genere si indicano le ore del primo pomeriggio; ma a Procida “chentrora” è un essere favoloso, una sorta di strega, che si aggira per le strade dell’isola nelle ore più calde del giorno, specialmente in estate, al fine di convincere i bambini a riposare. In questa parola si coglierebbe un nesso tra una presenza magica e un fenomeno atmosferico o climatico (il caldo delle prime ore del pomeriggio), come accade in italiano nel caso della Fata Morgana e in dialetto nel caso della “bella ‘mbriana” (forse riconducibile all’etimo “meridiana”, quindi in un’area semantica non remota da quella di “controra”). La ‘mbriana è una presenza domestica benigna, un lare, spesso identificato con il geco, un animaletto considerato di buon auspicio per la casa in cui alloggia, tanto che un uso popolare vuole che nel rientrare in casa si rivolga un saluto alla ‘Mbriana con una filastrocca di questo tipo:

“Bona sera e bona notte, / vene l’angelo p’’a porta / e Maria p’’a casa. / ‘O mmale esce ‘o bbuono trase, / e chi ce guarda? / ‘A bella ‘mbriana d’’a casa. / Bona sera e muorte, / bona sera e vivi, / bona sera bella ‘Mbriana mia”. Benevolo è, inoltre, il “munaciello” che si insedia nelle case sempre con funzione di lare domestico».

Si tratta, dunque, di aspetti persistenti di religiosità popolare che fanno parte integrante del tessuto sociale partenopeo e rappresentano un momento di incontro fra generazioni che riscoprono le pagine di una storia plurisecolare, profondamente rivissuta, che conferisce un quid ancora più significativo alla “quotidianità extra-ordinaria” della città. 

Fonte dell’immagine per l’articolo sul munaciello: Pixabay

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A proposito di Adele Migliozzi

Laureata in Filologia, letterature e civiltà del mondo antico, coltivo una grande passione per la scrittura e la comunicazione. Vivo in provincia di Caserta e sono annodata al mio paesello da un profondo legame, dedicandomi con un gruppo di amici alla ricerca, analisi e tutela degli antichi testi dialettali della tradizione locale.

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