Popoli romaní, storia di un eterno vagare

Popoli romanì, storia di un'eterno vagare

Alcuni li definiscono erroneamente zingari o gitani, altri li accomunano addirittura con i romeni, che non hanno nulla a che vedere con queste popolazioni. Chi sono i popoli romaní, e perché perché oggi subiscono un forte stigma da parte di altri gruppi etnici?

Dall’India all’Europa

La storia della diaspora dei popoli romaní inizia molto tempo fa, nel XI secolo, quando furono costretti a lasciare la loro regione d’origine, situata tra l’india e il Pakistan odierni. La loro tratta dal Subcontinente indiano verso l’Europa passò con molta probabilità dall’Armenia e dall’attuale Turchia. In Europa giunsero con tra il XIV e il XV secolo dalla penisola balcanica.
La loro vita da nomadi e le loro abitudini diverse dalle nostre hanno contribuito in larga parte a creare un alone leggendario attorno a questo popoli, che ha reso più difficile risalire alla realtà dei fatti. L’etimologia stessa del nome zingari, con cui chiamiamo comunemente le popolazioni romaní, testimonia la difficoltà di attribuire loro un’origine certa. In passato si credette infatti che queste popolazioni appartenessero alla setta degli anthonagoi (da cui deriverebbe il termine zigani), popolo originario dell’Asia Minore famoso per la pratica di arti divinatorie. Anche il temine bohémiens nasce da un fraintendimento. In Francia infatti si pensava che questi popoli nomadi provenissero dalla Boemia. I nome più curioso con cui vengono spesso chiamati i popoli romaní è gitani. Questi appellativi legano questi gruppi etnici all’Egitto, che però non ha nulla a che vedere con il loro paese d’origine.

Stereotipi sui popoli romaní

Nella nostra memoria collettiva associamo questa moltitudine eterogenea di popoli a vari stereotipi. Il forte stigma li colpisce ancora oggi: nel corso della loro storia hanno subito tante persecuzioni e sono stati quasi sempre visti con sospetto e allontanati. L’episodio più triste della storia recente che li ha visti coinvolti è il Porrajmos. Questo termine è traducibile come “grande divoramento” o “persecuzione”. Chiamano così lo sterminio delle popolazioni romaní fa parte dei nazisti durante la seconda guerra mondiale, in cui morirono circa 500 000 persone, soprattutto provenienti dall’Europa centrale.
Gli stereotipi che riguardano i popoli romaní non sono però soltanto negativi. Spesso associamo al loro stile di vita il concetto di libertà. Essere nomadi è sinonimo di vita libera e senza regole. Ciò avveniva soprattutto prima. Adesso le comunità romaní sono perlopiù sedentarie. Una famosa leggenda narra di quando queste popolazioni erano uccelli, liberi di volare e quindi nomadi. Un giorno però, vedendo un campo fertile, decisero di fermarsi e mangiare. Mangiarono così tanto che non riuscirono più a spiccare il volo per la loro ingordigia e divennero sedentari.
I popoli romaní sono inoltre famosi per la loro musica toccante con un pizzico di malinconia. La cultura dei popoli romaní è immensa, così come grande è la loro storia. Esemplare è il contributo dei gitani di Andalusia nella creazione della forma di danza e musica spagnola più famosa al mondo: il flamenco.

Immagine in evidenza: Google Cultural Institute

 
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