La Qaṣīda: il cuore della poesia araba preislamica
La qaṣīda (in arabo القصيدة), un componimento poetico tipico della poesia araba di epoca preislamica, nota come Jāhiliyya, rappresenta una delle forme letterarie più alte e significative della cultura araba. La sua importanza trascende la semplice espressione artistica, configurandosi come uno specchio della società, dei valori e dell’immaginario delle tribù arabe prima dell’avvento dell’Islam. Attraverso i suoi versi, la qaṣīda ci offre uno sguardo unico sulla vita dei beduini, sul loro rapporto con il deserto, sull’amore, sul viaggio e sull’onore. In questo articolo approfondiremo i temi, i motivi e la struttura di questo componimento poetico, considerato il capostipite della letteratura araba, analizzando il suo sviluppo nel tempo, in particolare dopo l’avvento dell’Islam, e la sua eredità nella cultura araba. La qaṣīda non è solo un componimento poetico, ma una vera e propria istituzione culturale, un codice espressivo che ha plasmato per secoli la letteratura araba, influenzando anche altre tradizioni poetiche del mondo islamico.
Qaṣīda: definizione e origini nella poesia araba preislamica
Con il termine qaṣīda (القصيدة in arabo) si intende un componimento poetico, una sorta di poema o di ode panegirica, tipico della poesia araba d’epoca preislamica (Jāhiliyya). La qaṣīda nasce in un contesto storico e culturale ben preciso: quello della Penisola Arabica prima dell’avvento dell’Islam, tra il V e il VI secolo d.C. La struttura e i temi della qaṣīda riflettono lo stile di vita e i valori delle tribù di arabi nomadi e sedentari che abitavano la regione.
La società araba preislamica e il ruolo dei poeti beduini
La società preislamica era organizzata in tribù, spesso in lotta tra loro per il controllo delle risorse e dei pascoli. In questo contesto, i poeti, in particolare i poeti beduini, svolgevano un ruolo fondamentale. Erano i custodi della memoria collettiva, celebravano le gesta eroiche dei guerrieri, componevano satire contro i nemici e cantavano l’amore e la bellezza del deserto. La qaṣīda si pone come espressione artistica delle popolazioni autoctone della Penisola araba e dei territori circostanti il fiume Eufrate e l’attuale Siria. La qaṣīda veniva tramandata oralmente per secoli grazie ai poeti beduini che viaggiavano nel territorio che oggi circonda la Mecca, attraversando il deserto dell’Hijaz, fino ad arrivare al famoso e importante santuario islamico, la Kaa’ba, dove viveva la tribù dei Quraysh, da cui discendeva Maometto, e le due corti tribali dei Lakhmidi e dei Ghassanidi. La trasmissione orale spiega anche perché molte qaṣīda ci siano giunte in diverse varianti.
La struttura della Qaṣīda: nasīb, rahīl e fakhr
La qaṣīda classica segue una struttura tripartita, composta da tre sezioni principali: il nasīb, il rahīl e il fakhr (o madīh/hijā’). Ogni sezione ha una sua funzione specifica e contribuisce a creare un’architettura poetica complessa e ricca di significati.
Il preludio amoroso: il nasīb e il ricordo della donna amata
Il nasīb è il preludio amoroso, la sezione iniziale della qaṣīda, che si apre con il ritorno del poeta in un luogo dove aveva incontrato in passato la donna amata. Il poeta descrive i resti dell’accampamento nomade ormai abbandonato, la tenda, le tracce lasciate sul terreno, evocando ricordi malinconici e nostalgici legati all’amata e al tempo trascorso insieme. Il nasīb, quindi, è fondamentale per questo genere di poesia, e introduce il lettore nell’atmosfera emotiva del poema.
Il viaggio nel deserto: il rahīl e la descrizione del cammello
La seconda parte della qaṣīda è il rahīl, che descrive il viaggio del poeta attraverso il deserto arabico. Il poeta, accompagnato dal suo fedele cammello, o dromedario, affronta le fatiche e i pericoli del viaggio, descrivendo minuziosamente il paesaggio desertico, gli eventi atmosferici, la flora e la fauna. Il cammello, compagno inseparabile del cavaliere, è spesso oggetto di una descrizione dettagliata, che ne esalta la forza, la resistenza e la fedeltà. Il rahīl, quindi, diventa una metafora della vita stessa, con le sue difficoltà e le sue prove.
Il vanto e la lode: fakhr, madīh e hijā’
L’ultima parte della qaṣīda è dedicata al fakhr, il vanto delle proprie origini tribali e delle proprie imprese, oppure al madīh, l’elogio, il panegirico di un re, di un capotribù o di un mecenate. In alcuni casi, questa sezione può assumere la forma dell’hijā’, la satira contro i nemici della tribù. Attraverso il fakhr, il poeta celebra i valori della sua gente, come il coraggio, la generosità, l’ospitalità e la lealtà, e rafforza il senso di appartenenza alla comunità tribale, mentre con il madīh tesseva le lodi del suo protettore.
Le Mu’allaqāt: le Qaṣīda più celebri
Alcune qaṣīda sono state ritenute talmente preziose da essere definite Mu’allaqāt, termine che significa “poesie appese” o “dorate”. Secondo la tradizione, queste poesie sarebbero state scritte su stoffe preziose e appese all’interno della Kaa’ba alla Mecca, o trascritte su fogli dorati, in segno di onore. Le Mu’allaqāt rappresentano il canone della poesia araba preislamica e sono attribuite a sette poeti: Imru l-Qays, considerato il più grande poeta arabo preislamico, Ibn Khultūm, Ibn Hilliza, Tarafa, Zuhayr, Labid, Antara Ibn Shaddād e Abī Rabī.
La Qaṣīda dopo l’avvento dell’Islam: adattamenti e trasformazioni
L’avvento dell’Islam, nel 622 d.C., con la conversione del mondo arabo, non segnò la fine della qaṣīda. Questa forma poetica, pur subendo degli adattamenti, continuò a essere coltivata anche in epoca islamica, mantenendo la sua struttura di base e molti dei suoi temi tradizionali, arricchendosi di nuovi temi religiosi.
La Qaṣīda nelle corti dei califfi: una nuova forma poetica
Nelle corti dei califfi e dei re, la qaṣīda si trasformò in una forma poetica più raffinata e cortigiana. La descrizione del deserto lasciò il posto a quella dei giardini e dei palazzi, il cammello venne sostituito dal cavallo, spesso rappresentato con bardature più eleganti, o utilizzati entrambi, e il cielo stellato, che i viaggiatori ammiravano durante le loro soste, da soffitti altamente decorati e magnificenti. La lode, che un tempo era rivolta al capotribù, divenne ora un elogio del sovrano o del califfo. La qaṣīda, quindi, si adattò al nuovo contesto sociale e politico, pur mantenendo molti dei suoi elementi caratteristici, come la struttura tripartita e l’uso di un linguaggio ricco di immagini poetiche, di metafore e di similitudini. La metrica e la rima rimasero elementi costanti e fondamentali della qaṣīda, anche dopo l’avvento dell’Islam.
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