La Zampa d’elefante, un oggetto letale

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La Zampa d’Elefante è una massa di corium altamente radioattiva, formatasi in seguito all’esplosione nucleare avvenuta a Pryp”jat’, all’1:23 del 26 aprile 1986. Questo evento è ricordato come il più importante e grave incidente della storia del nucleare, insieme a quello di Fukushima del 2011, ed ha comportato innumerevoli conseguenze, che siano politiche o ambientali. Il disastro di Černobyl’ è stato causato dall’esplosione del reattore numero 4 a causa di diversi errori umani, sia perché gli addetti alla sicurezza commisero gravissimi errori nelle procedure dei loro test, ma anche a causa dei problemi tecnici legati alla struttura del reattore stesso. Le conseguenze dell’incidente ebbero un’eco fortissima date le dimensioni dell’accaduto e, soprattutto, a causa dell’effetto che le radiazioni ebbero sulla salute dei cittadini sovietici che abitavano nell’area in prossimità del reattore. 

La struttura e la scoperta della Zampa d’Elefante

Una delle conseguenze di quella violentissima esplosione fu la creazione di un ammasso molto denso di elementi radioattivi, altamente tossici per la salute, una massa di combustibile nucleare vivo che negli anni a venire sarà definita Zampa d’Elefante, a causa del macabro aspetto che quell’accozzaglia di diossido di silicio con tracce di uranio, cesio e plutonio assumeva: essa è, infatti, molto simile ad una zampa d’elefante e di un colore grigio scuro che ricorda molto la pelle dell’animale. 

La struttura della Zampa d’Elefante è molto imponente: è alta 70 cm e pesa 800 tonnellate, distribuite su un ammasso di 2 metri di larghezza. Per cercare di contenere i suoi effetti, gli scienziati e gli operatori furono obbligati a costruire una massiccia struttura di cemento ed acciaio, in modo da circondarla. Essa non fu scoperta subito dopo l’esplosione del reattore ma solo 8 mesi dopo, nel dicembre del 1986: al momento del rinvenimento, i ricercatori diedero l’allarme e, dopo qualche ora, iniziarono ad avvertire gli effetti delle radiazioni.

Nel 1986, la Zampa d’Elefante emanava 8.000 Röntgen all’ora, otto volte la quantità di radioattività capace di uccidere una persona e si stima che, come ricostruito da Kyle Hill nel 2013, «un’esposizione di soli 30 secondi comporta stanchezza e vertigini per una settimana; due minuti sono sufficienti per danneggiare le cellule; tre minuti sono sufficienti per causare febbre, vomito e diarrea; cinque minuti sono sufficienti per uccidere.»

Oggi la creatura esiste ancora ed è situata ancora nel reattore numero 4 ma, ovviamente, presenta livelli di radiazione molto più bassi rispetto al 1986. Questa diminuzione fu progressiva: già nel 1996, 10 anni dopo l’incidente di Černobyl’, gruppi di ricercatori giunsero sul luogo per poter effettuare delle verifiche ed evinsero che il livello di radiazioni era notevolmente diminuito. Furono anche scattate delle foto alla Zampa d’Elefante che addirittura ci mostrano gli effetti delle radiazioni sulle pellicole delle macchine fotografiche.

Oggi, la citta di Černobyl’ e le aree circostanti sono zone pressoché interdette e disabitate a causa dell’alto livello di radiazioni ancora presente nel territorio. Lo scenario in cui si presenta la città è quasi apocalittico: le scuole, le case, i negozi, le chiese ed i vari edifici sono rimasti intatti, sembra essersi tutto improvvisamente bloccato nel tempo. Il simbolo forse più iconico di questa città fantasma è il parco giochi mai utilizzato, che avrebbe dovuto essere inaugurato 5 giorni dopo l’incidente, il 1 maggio 1986.

Conclusione e riflessioni

Per concludere, è doveroso ricordare quelli che sono stati gli eroi di tutta questa vicenda: volontari, scienziati, vigili del fuoco e militari. Il disastro di Černobyl è stato un evento di proporzioni enormi ed ha avuto effetto sul mondo intero data anche la grande nube radioattiva che, col tempo, si spostava in gran parte del globo. La zona di esclusione di Černobyl’ fu delineata qualche giorno dopo l’incidente e le persone che risiedevano in quell’area furono costrette ad abbandonarla.

Non tutte, ovviamente: la situazione doveva essere gestita e tenuta sotto controllo da quelli che abbiamo definito eroi, i coraggiosi liquidatori che, per diversi mesi e con una protezione pressoché nulla, lottarono contro quel mostro invisibile. Essi avevano dato la propria vita per decontaminare la Zampa d’Elefante, le strade, gli edifici, le aree rurali circostanti, spegnere gli incendi, e, soprattutto, per costruire il sarcofago in maniera da sigillare il reattore. Negli anni seguenti, molti di essi subirono gli effetti delle radiazioni sulla propria pelle a causa di tumori, leucemie e deformazioni. La maggior parte dei liquidatori subiranno, purtroppo, una morte lenta e dolorosa ma non saranno mai dimenticati.

Fonte immagine: Freepik

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