Il 12-13 aprile i Tumità hanno portato in scena lo spettacolo “Abbi fede” al Teatro Pompeo Centanni. La compagnia è nata nel 2022 ed è costituita da tre amici con una passione in comune: il teatro. Lo spettacolo in questione, è stato scritto da Paolo Angarella, perno della compagnia, con la regia di Adriano Veronesi e aiuto regia di Anita Bisceglia, accompagnata dalla vena comica di Francesco Cola. “Il mio spettacolo è stato un figlio, che ho affidato ad Adriano con la speranza che potesse crescere e migliorare non solo grazie al suo occhio attento ma anche attraverso l’aiuto di giovani attori come noi. Perchè il teatro è condivisione e noi oggi oltre a condividere una storia con il pubblico abbiamo condiviso stralci di vita: sofferenze, gioie, pianti, risate”. Con queste parole, lo scrittore sottolinea quanto a teatro sia importante il lavoro di squadra reso possibile dalla partecipazione dei seguenti attori: Chiara Cucciardi, Olimpia Corvino, Daniele Fiorentino, Lorenza Cola, Pasquale Criscuolo, Andrea Tempio e Mattia Toledo.
Abbi fede, che tutto può cambiare!
Il suono delle campane apre il sipario e da quel momento lo spettatore viene catapultato attraverso la narrazione in medias res, nel mondo della parrocchia di San Francesco dei poverelli martiri. La morte di Padre Antonio, parroco anziano e tradizionalista, sarà l’evento propizio per stimolare un cambiamento di rotta all’interno della parrocchia ma soprattutto nell’anima dei singoli ragazzi di quartiere. Sin da subito è chiaro lo sconforto dei due sacrestani Filippo e Lucia per la perdita del parroco. Significativo è il grido di aiuto di Lucia rivolto a San Gennaro per consentire l’arrivo di un parroco simile al precedente. Quando sembra che tutto stia per realizzarsi, accade qualcosa di straordinario: l’ingresso in parrocchia di un uomo dall’aspetto insolito. L’uomo segreto è Padre Nicola, un giovane parroco pronto a cambiare il destino di ciascun ragazzo del quartiere. La parrocchia San Francesco dei poverelli martiri potrebbe essere una qualsiasi parrocchia del mondo odierno, un luogo che non viene sentito più come rifugio dagli adolescenti ma come luogo intriso di pregiudizi e stereotipi. Quei pregiudizi sono ben rappresentati dai personaggi dei sacrestani che non tollerano la richiesta di Padre Antonio di realizzare uno spettacolo teatrale che possa avvicinare la chiesa ad un mondo così variegato fatto di rapper, drogati, prostitute, ragazzi timidi e insicuri.
“Tutti quelli che parteciperanno alla commedia, avranno un pasto caldo e potranno dormire in chiesa”; queste sono soltanto alcune delle concessioni che Padre Nicola decide di offrire per ottenere la fiducia e la partecipazione dei ragazzi.
La strana compagnia: alla scoperta dei personaggi dei Tumità
La strana compagnia, così chiamata dai partecipanti, vede la partecipazione iniziale di Angela, ragazza studiosa, appassionata di teatro ma con le debolezze e le fragilità che si nascondono dietro l’anima di ciascun personaggio della commedia. La compagnia viene colorata di sorrisi e inventiva dalla figura di Salmonez, rapper con problemi di droga che grazie al parroco riuscirà a dare un taglio netto alla sua vita, diventando sacerdote. In relazione a ciò, si nota l’influenza positiva di Padre Nicola che sarà non solo un padre spirituale per i ragazzi ma un vero e proprio genitore capace di infondere sicurezza e speranza. Personaggio che non può mancare è Jennifer, una prostituta trans che sembrerebbe essere il personaggio moralmente più corrotto ma che in realtà diventa simbolo di filantropia, quasi una trasposizione del personaggio Abrotono della commedia menandrea. Infine, Gabriele, ragazzo timido e introverso, balbuziente che grazie all’aiuto del parroco riuscirà finalmente non solo a rivelare i suoi sentimenti ad Angela ma anche a conquistarla. La compagnia sembra promettere bene e anche lo spettacolo, ma tale iniziativa scuote profondamente l’equilibrio dei due sacrestani tanto da decidere di ingaggiare una fotografa per smascherare il parroco. Tale strategia, risulterà fallimentare proprio al termine dello spettacolo che vedrà la trasformazione della parrocchia in un centro culturale.
Intervista ai Tumità
Come nasce la compagnia e perchè avete scelto come nome “Tumità”? Ha un significato particolare per voi tre?
“La compagnia nasce dalla volontà di tre amici con la passione in comune per il teatro. Abbiamo debuttato per la prima volta con uno spettacolo che prevedeva solo la nostra presenza, per poi fare tante esperienze con altri attori. Tumità ci fu attribuito da uno spettatore dopo che vide il nostro primo spettacolo. La parola tumità in napoletano indica la capacità di far ridere raccontando situazioni di ogni giorno. Questo è il nostro obiettivo, suscitare dietro ogni risata una riflessione di carattere morale.”
Com’è stato lavorare insieme alla scrittura di commedie inedite? Avete un modo speciale per trovare le idee?
“Innanzitutto bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare, senza la penna di Paolo Angarella nulla sarebbe possibile. La sua penna attuale e mai scontata ci travolge e ci invita a lavorare insieme nel processo creativo per la realizzazione di un prodotto che possa cogliere nel segno degli spettatori.”
Cosa vi ha spinto a raccontare una storia che mette a confronto la tradizione e il cambiamento all’interno di una parrocchia?
“Indubbiamente l’urlo dei giovani. Le parrocchie di oggi sono sempre più sfollate e meno frequentate dai giovani. Il teatro, luogo dove tutto è finto ma niente è falso, poteva essere un’occasione per far ricredere e per infondere speranza in un possibile cambiamento.”
Qual è il messaggio o la “morale importante” che sperate arrivi al pubblico con la commedia “Abbi Fede”?
”L’abito non fa il monaco. Lo spettacolo si focalizza su una serie di stereotipi e pregiudizi che invitano ad ampliare lo sguardo perchè l’apparenza è solo un assaggio dell’ invisibile, di ciò che si cela dietro un atteggiamento o una maschera.”
Com’è stato preparare uno spettacolo teatrale che coinvolge anche ragazzi con situazioni difficili del quartiere? Avete incontrato delle sfide particolari?
“Sicuramente dietro un qualsiasi lavoro ci sono sfide che valgano la pena di essere combattute. In uno spettacolo come questo la prima sfida è con sé stessi, bisogna uscire fuori dagli schemi e iniziare non solo a vestire ma anche a vivere i panni del personaggio.”
Cosa vi ha attratto del personaggio del giovane sacerdote “carismatico e rivoluzionario”?
“Proprio la sua personalità. Si parla tanto di cambiamento eppure quando si ha l’occasione di entrare in contatto con personalità del genere, la reazione non è delle migliori. Il parroco sin da subito sconvolge non solo la visione di chiesa dei due sacrestani ma anche quella del pubblico. Il pubblico è inizialmente restio a questo personaggio, quasi diffidente ma pian piano riuscirà a dargli fiducia.”
Cosa vi emoziona di più all’idea di portare in scena “Abbi Fede” al teatro Pompeo Centanni il 12 e 13 aprile?
“Ogni volta che saliamo su un palco siamo molto emozionati, ci batte il cuore tutte le sere. Sicuramente, l’emozione più grande è quella di restituire al pubblico ciò che abbiamo provato non solo durante le prove dello spettacolo ma durante tutta la fase preliminare. Trasmettere una risata è il nostro obiettivo perchè c’è davvero poco successo là dove mancano le risate.”
Cosa consigliereste ad altri giovani che vogliono intraprendere un percorso simile nel mondo del teatro comico?
“Seguire sempre i propri sogni e le proprie idee, nonostante tutto e tutti. Mettere il cuore e il divertimento in ogni cosa che si decide di intraprendere.”
Fonte dell’immagine in evidenza: archivio personale