Ha debuttato al Teatro Sala Umberto di Roma, lo spettacolo L’importanza di chiamarsi Ernesto diretto da Geppy Gleijeses e con la splendida Lucia Poli nel ruolo di Lady Bracknell.
Messa in scena dallo stesso Gleijeses da 25 anni a questa parte, è una rappresentazione elegante e ironica della più nota commedia di Oscar Wilde, che attacca le ipocrisie e le convenzioni sociali dell’epoca vittoriana con intelligenza tagliente.
La forza del testo: ironia e critica sociale nella commedia vittoriana
La storia è quella di due giovani gentiluomini inglesi, Jack e Algernon, che si sono costruiti delle doppie identità per sfuggire alle convenzioni sociali e vivere con maggiore libertà. Entrambi si fanno chiamare “Ernesto” per conquistare le donne che amano, le quali sono affascinate proprio dal nome, legato al concetto del “nomen omen” e che in inglese è evocativo della virtù dell’onestà.
Tra equivoci, scambi di persona e battute fulminanti, emerge il ruolo centrale di Lady Bracknell, figura rigida e autoritaria, che incarna tutte le rigidità e le assurdità dell’alta società dell’epoca. Sarà proprio lei, a ostacolare e poi involontariamente a favorire il lieto fine, quando si scopre che Jack è davvero Ernesto nonché fratello di Algernon.
La regia di Geppy Gleijeses offre una lettura attenta e sensibile del testo, bilanciando leggerezza e profondità. Lo spettacolo resta sempre fedele all’opera originale di Oscar Wilde ripercorrendone la struttura brillante e l’umorismo fulminante dell’autore.
Le scenografie di Roberto Crea sono molto curate e di ottimo gusto, i costumi di scena di Chiara Donato sono bellissimi e rispecchiano perfettamente lo stile dell’epoca. Plauso anche al disegno luci di Luigi Ascione, funzionale e ben calibrato.
L’interpretazione magistrale degli attori
Figura centrale è quella di Lady Bracknell, simbolo delle contraddizioni dell’epoca, che Lucia Poli interpreta in modo eccezionale. Veterana nel ruolo, veste il personaggio come una seconda pelle e lo caratterizza con grande imponenza, eleganza e ironia. La sua Lady è irresistibile: snob, bigotta e geniale nelle sue battute affilate.
Lucia Poli in Lady Bracknell e Luigi Tabita in Algernon
Giorgio Lupano, perfetto nel ruolo di Jack – Ernest, regge benissimo la scena nel difficile compito che lo vede maggiormente attenzionato per aver raccolto il passaggio di testimone dallo stesso Geppy che anni fa interpretava questo personaggio.
Anche Maria Alberta Navello, Luigi Tabita, e la giovanissima Giulia Paoletti si sono distinti per aver interpretato i loro personaggi con grande stile e leggerezza. Attori di grande spessore che, completamente a loro agio nei loro personaggi, hanno gestito il tema dell’amore romantico e delle convenzioni sociali mostrando una perfetta naturalezza e, nel tipico stile british, senza mai mostrare un accenno di sorriso per le numerose battute di spirito di cui è disseminato il testo.
Il divario tra apparenza e realtà
Degni di una menzione speciale i ruoli minori dei personaggi della governante e del prete che rappresentano molto bene il divario tra finzione e realtà tipici della società vittoriana e, mutatis mutandis, attualissimo anche ai giorni nostri.

Miss Prism: austera e debole
Il ruolo della governante, Miss Prism, interpretato dalla bravissima Gloria Sapio, è molto interessante per il contrasto che è insito nel personaggio: da un lato, la sua figura è austera e moralista, simbolo delle rigide convenzioni sociali, dall’altro, la sua storia personale rivela un lato umano e vulnerabile, che dà luogo a momenti di grande comicità.
Il prete: inflessibile e vulnerabile
Il prete, brillantemente portato in scena da Bruno Crucitti, rappresenta l’autorità morale e religiosa in contrasto con la frivolezza dei personaggi principali. La sua figura è associata al dovere, al rispetto della legge e a un’integrità “dovuta” dal rispetto dell’abito.
La sua fragilità umana, invece, si manifesta nella sua debolezza di fronte al peccato e alle tentazioni, evidenziata dal suo ruolo nel conflitto della trama. Questo lo rende una figura più complessa e realistica, ben interpretata dall’attore, che svela l’eterno conflitto tra convenzioni e verità personale.
Società vittoriana e attualità: un messaggio ancora vivo
Insomma, una “commedia perfetta“, come è stata spesso definita, che arriva allo spettatore con una forza rimasta intatta nonostante i suoi oltre cento anni.
E in fondo, quella società vittoriana così ben rappresentata da Wilde non è poi tanto diversa dalla nostra, con la sua crisi di valori, l’indolenza e la diffusa propensione a far prevalere l’identità virtuale su quella delle persone in carne e ossa.
Fonte immagini: ufficio stampa

