Lo spettacolo l’Orso Bipolare allo Scugnizzo Liberato

l'Orso Bipolare

Il 24 gennaio 2025 l’associazione Kalamos, in collaborazione con lo Scugnizzo Liberato, ha presentato il terzo appuntamento della rassegna teatrale Venerd’Arte presso il teatro E.De Filippo allo Scugnizzo Liberato con lo spettacolo intitolato L’Orso Bipolare. Lo spettacolo tratta uno dei disturbi più comuni dell’umore: la bipolarità che si caratterizza per gravi alterazioni dei pensieri e dei comportamenti. Sin da subito emerge la complessità dell’argomento, motivo per il quale l’autore del testo Giuseppe Fiscariello ha cercato di non soffermarsi sugli aspetti clinici della malattia, provando invece a percorrere con lo spettatore il punto di vista di colui che soffre di tale disturbo. Mentre le  luci si spengono, lo spettacolo inizia con l’immagine di Livia Bertè che con la sua pelliccia bianca, rimando all’atmosfera glaciale della grotta, si avvicina lentamente verso il palco dove ad attenderla c’è l’Orso bipolare, interpretato da Valerio Lombardi. In un gioco di luci eidetiche, di movimenti e di musiche di Lenny Pacelli, sin da subito, lo spettatore è catapultato in una dimensione di sospensione a metà tra la realtà e la metafora, tra sensibilità e drammaticità. 

Uno spettacolo che è frutto di una lunga ricerca

Lo spettacolo L‘Orso Bipolare si apre con le voci di numerosi orsi bipolari che raccontano le loro emozioni e il loro stato d’animo. È bene, però, sottolineare che non sono frutto di un’invenzione dell’autore, perché riflettono l’esperienza di Valerio Lombardi, che dopo essere stato un anno su gruppi Facebook di persone affette da tale disturbo, è riuscito a raccogliere le testimonianze che aprono l’inizio di questo viaggio emotivo. Eccone alcune:

Orso femmina, venticinque anni: «Non sento più niente quando faccio sesso però lo faccio lo stesso senza saperne il motivo» Orso femmina, trent’anni: «Gli stati d’animo sono sedati: è questo che significa essere stabilizzati?»                                                  Orso femmina, trentacinque anni: «Sono sette anni che cerco l’equilibrio ma alla fine sto peggio di prima»                                  Orso maschio, anonimo: «Chi si suicida fa bene perché può donare sostanze nutritive alla madre terra, se non vi sta bene che la pensi così non c’è bisogno che vi suicidiate, vi ammazzo io»                                                                                                                        Orso femmina, gruppo Facebook: «Prendi i tuoi farmaci e dimentica di avere un disturbo».

L’Orso Bipolare e le sue fasi

La metafora dell’Orso e della grotta sono fondamentali per per raccontare tale stato d’animo. La necessità di isolarsi e le difficoltà relazionali sono tutti elementi comuni a chi è afflitto dal disturbo bipolare. Non mancano durante questo viaggio le cinque fasi che l’Orso Bipolare deve affrontare: la negazione, il rifiuto, la negoziazione, la depressione e infine l’accettazione. Queste fasi vengono attraversate con l’ausilio della terapia che viene definita un rumore assordante. La terapia ha permesso di far uscire l’Orso dalla grotta, accettando la sua unicità ma soprattutto contribuendo a far nascere la consapevolezza che non si è malati finché non decidi di esserlo. Quello che sembra un messaggio motivazionale, in realtà, è la chiave dello spettacolo che consente di non cadere nel pietismo nella trattazione del tema. Verso la fine dello spettacolo, Valerio Lombardi cita molti personaggi in vista come Marilyn Monroe, Mike Tyson, Jan Clon Bandan, Sara Tommasi affetti da tale disturbo che hanno deciso di porre fine alla propria vita. Non solo personaggi in vista possono soffrire di tale disturbo, ciascuno di noi rifugge nelle dipendenze e alla domanda: «Qual è l’orso?» non è dato saperlo perché ciascuno di noi è dentro lo stesso ospedale psichiatrico.

La voce di:  Riccardo Pisani (regista), Livia Bertè e Valerio Lombardi

Dopo lo spettacolo abbiamo avuto il piacere di intervistare il regista Riccardo Pisani e i due attori Livia Bertè e Valerio Lombardi. Ecco alcune delle domande:

Riccardo come definiresti lo spettacolo con una sola frase e qual è l’emozione che speri che lasci lo spettacolo allo spettatore?

Non si è malati finché non decidi di esserlo: questa è la centralità di questo spettacolo. Il senso delle varie patologie, a mio avviso, è evitare la compassione e il vittimismo.  Mi auguro che il pubblico sia riuscito ad entrare nella grotta dell’orso perché è come entrare un po’ nella sua testa, infatti il senso dello spettacolo è portare lo spettatore in questo viaggio esperienziale più che analitico.

Interpretare una persona che vive il disturbo bipolare significa entrare in contatto con una parte molto intima e complessa della psicologia umana. Valerio, c’è stato un momento durante le prove in cui ti sei sentito particolarmente connesso alla storia del tuo personaggio?

Mi sono sempre sentito particolarmente connesso alla storia del mio personaggio perché credo, proprio in riferimento all’accezione nella quale vogliamo raccontare la storia, che determinate fasi ed esperienze sono molto più comuni di quello che crediamo. Più che difficoltà, durante le prove ho avvertito questo senso di responsabilità in virtù all’argomento quasi sconosciuto. Il testo è stato scritto nel 2019 da Giuseppe Fiscariello, dopo un lungo studio non solo sui manuali ma anche attraverso le esperienze di coloro che sono affetti da tale disturbo. Infatti, tutte le voci registrate che aprono lo spettacolo sono frutto di un anno in cui sono stato su vari gruppi Facebook con persone affette da tale malattia.

La conoscenza di sé stessi è un percorso molto lungo e, molto spesso, neanche nel nostro ultimo giorno di vita riusciamo a raggiungere tale consapevolezza. Livia, secondo il tuo punto di vista, che ruolo può avere la terapia nella vita di ciascun Orso?

La terapia ha sicuramente un ruolo molto importante nella vita di ciascuno, che sia affetto o no da un determinato disturbo. La terapia dà le chiavi a ciascuno di noi per capire come agire e come affrontare un determinato disturbo ma soprattutto ci aiuta a non impazzire. A mio avviso,  all’inizio della fase depressiva c’è sempre un punto di rottura che può portare a perdere i contatti con la realtà. La terapia aiuta a incanalare quello che ti accade in uno stato di normalità e a capire che alcuni comportamenti possono sostituire i farmaci.

Riccardo, come sei riuscito a lavorare con il tuo team per rendere quest’atmosfera sospesa che accompagna il pubblico nel viaggio emotivo dello spettacolo?

Quello che mi interessava era dare importanza agli attori nei singoli momenti in questa atmosfera glaciale. Gli attori durante lo spettacolo si illuminano perchè c’è una grande difficoltà relazionale alla base di chi soffre di questo disturbo. Le luci eidetiche servono per creare figure sospese, spettri che abitano questa grotta con l’incapacità di interagire con il mondo esterno. Gli unici momenti con la luce più calda sono quelli in cui c’è un rapporto con la realtà come le scene della psicologa che aprono la possibilità di conoscere o, quantomeno, di sapere che fuori c’è un mondo tutto da scoprire.

Fonte dell’immagine in evidenza: archivio personale

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