Rosaria De Cicco è un’attrice italiana nata a Napoli il 3 maggio 1958. Il teatro è principalmente l’arte che più la rappresenta, difatti l’arte teatrale è una forma che vive di sfumature, di emozioni che si intrecciano, di storie che prendono vita nel momento in cui vengono pronunciate.
Rosaria De Cicco è tra le interpreti che hanno saputo farsi spazio con eleganza e passione in questo mondo. Con una carriera che abbraccia il teatro (ricordiamo Madri 2.0) , la televisione e il cinema, l’attrice ha costruito un percorso artistico che è prima di tutto una continua ricerca di verità.
Rosaria De Cicco, la forza della scena e l’emozione di ogni parola
Nel corso della nostra conversazione, Rosaria De Cicco ci racconta cosa significa per lei “essere attrice”, il rapporto con il pubblico e le proprie origini, come il teatro possa trasformarsi in un potente strumento di comunicazione, suggerendo infine qualche guida per le nuove generazioni di attori e attrici.
Intervista a Rosaria De Cicco
Da piccole compagnie al grande schermo, lei ha spaziato con successo tra teatro, cinema e televisione. In quale di questi ambiti sente di esprimere meglio la sua arte e perché?
Fino a qualche tempo fa ti avrei risposto che ogni ambito teatrale è uguale, ha il suo fascino e la sua bellezza. L’approccio col cinema e con la televisione è stato molto produttivo, perché infatti ho lavorato anche con Enzo Arbore, in programmi comici ad esempio TeleGaribaldi. Quindi ecco l’approccio con la televisione e con il cinema è sempre gratificante.
Però devo ammettere che il teatro, ma soprattutto il teatro fatto di monologhi, di spettacoli da camera, spettacoli in cui si è in grande rapporto col pubblico, devo dire che danno una soddisfazione particolare. Ma più che altro perché ti sperimenti ogni sera e scopri sempre qualcosa di nuovo. Insomma è una delle cose più belle del nostro lavoro. A volte il cinema, la televisione, dati i tempi lunghi, possono anche diventare noiosi nel momento in cui si gira. Tuttavia voglio dire sono tre espressioni bellissime, ma se devo sceglierne una, scelgo il teatro.
Non va trascurato poi un importante dettaglio, le sue radici, Napoli. Essendo un’attrice partenopea significa portare con sé una tradizione teatrale e culturale straordinaria. In che modo Napoli ha influenzato il suo percorso artistico?
Allora io non mi sono considerata napoletana fino a un a certa età. Non si parlava napoletano in casa mia, io ero molto apolide da questo punto di vista. Poi ho avuto al ginnasio un professore di latino e greco che spiegava il napoletano. E lì si è aperto un mondo: ho scoperto la tradizione, la lingua, ho scoperto le mie radici. E per quanto io mi senta cittadina del mondo, ovviamente Napoli ha una personalità talmente forte che non può non condizionarti. E quindi l’aver poi affrontato soprattutto con Annibale Ruccello, che però era di Castellammare, così come Raffaele Viviani, ma comunque che hanno rappresentato molto più probabilmente di Eduardo che ha una lingua un po’ più borghese, l’essenza della lingua di Napoli. Quindi rappresentare quel tipo di storia, ha in qualche modo condizionato la mia vita artistica.
Tuttavia io sento che Napoli in qualche modo non è condizionante fino all’estremo. Cioè io ho anche insegnato napoletano, adoro la lingua e la tradizione, noi abbiamo un patrimonio culturale enorme, anche soprattutto con i nuovi slang, continua ad aggiornarsi in qualche modo. Per cui, comunque non sono tutte le mie radici, Napoli è una gran parte delle mie radici, ma non tutte. Io credo che tutti i luoghi che ho visto, ho visitato e a cui sono stata legata, abbiamo influenzato la mia storia.
Napoli indubbiamente, ma c’è anche tutto il resto.
È infatti un periodo di grande rinascita per la città. Napoli sta riscuotendo un grande successo negli ultimi anni anche a livello più internazionale, grazie al mondo del cinema. Cosa pensa a riguardo?
Trovo che molto spesso certe cose siano una moda. Sono felice, ovviamente. Però vedere questo turismo di massa così disordinato, sregolato, attento solo alla superficialità, a farsi i selfie per poterli pubblicare e non a guardare quello che realmente c’è e quello che Napoli può offrire. A volte devo dire, spesso mi infastidisce, tutta questa moda anche delle fiction. Mi fa piacere, c’è del lavoro per tutti, quindi ci mancherebbe. Però io ci vedo molta finzione, non fiction, e poca verità. Si sfrutta e si batte il ferro finché è caldo. Quando non sarà più caldo, passerà di moda anche Napoli.
Tornando alla sua carriera, De Cicco, quali sono le maggiori sfide che ha affrontato nella sua carriera?
Le maggiori sfide sono state quelle di affrontare cose su cui non ero sicura. Quindi la prima volta che ho affrontato la comicità, la prima volta che sono stata davanti a una macchina da presa, la prima volta che ho fatto tutte cose che non mi erano congeniali. Quando ho affrontato per la prima volta un monologo e quindi una memoria più completa e difficile. Tutto quello che rappresentava una sfida, e questo lavoro è una continua sfida. La prima volta che sono entrata in una classe per insegnare.
Tutte queste cose hanno rappresentato un alzare l’asticella e mi ha insegnato ad accettare le sfide. Perché prima anche io mi trovavo nella mia “comfort zone”. Magari facevo teatro drammatico e quello mi bastava. Non volevo allontanarmi da quello che sapevo che mi era congeniale. Quando ho capito che invece l’importante è fare altro e sfidarsi su quello che credi di non saper fare, allora sì ha senso. Questo lavoro, ma anche la vita tutto sommato.
Quali cambiamenti auspica per le nuove generazioni di attori e attrici?
Per le nuove generazioni, mi auguro che si dia di nuovo importanza all’impegno e allo studio. Noi abbiamo vissuto negli ultimi trenta, quarant’anni, un cambiamento per il quale, col berlusconismo in particolar modo, si è data importanza all’apparire, al comprare, ad avere la bella macchina, le belle scarpe, la bella ragazza come se fosse un trofeo. E tutto questo si doveva raggiungere in qualunque modo, lecito o illecito. L’importante era avere, poter apparire. Ora io spero che le nuove generazioni riconquistino il valore dell’impegno, dello studio, del costruire, mattone su mattone, la propria personalità e la propria preparazione. E anche che nelle fiction al cinema, non si guardi più alla faccia soltanto, al fatto che l’attore ha la faccia giusta, deve avere anche la personalità giusta, deve avere anche la preparazione giusta. Perché altrimenti è inutile che tante persone si preparino, studino, quando poi vanno ai provini e viene preso colui che non ha mai fatto niente. Questa cosa io l’ho sempre detestata.
Perché noi in Italia veniamo dal neorealismo, c’erano i De Sica, i Rossellini, i De Santis, che sapevano far recitare anche le pietre. Adesso molto spesso si illude un ragazzo, gli si fa fare un protagonista e poi dopo lui torna nell’anonimato perché non serve più, perché non fa parte di una compagine, non ha raccomandazioni. Quindi è ancora peggio, perché ha conosciuto la popolarità (non il successo), dopodiché magari torna nel dimenticatoio perché vengono sfruttati. Ma anche i bambini, adesso sono più i bambini che fanno le fiction che gli adulti.
I bambini devono comunque vivere la loro infanzia, non bisogna togliergli quell’età dell’innocenza. E invece questo “strita-sassi” che il mondo del cinema tende a creare dei mostri o dei frustrati.
C’è un incontro professionale che le ha lasciato un segno indelebile?
“Renzo Arbore è stato un incontro fondamentale. Poi registi con cui ho lavorato. Ad esempio un altro incontro importante è stato quello di Roberto Giacobbo che all’epoca era un autore. Ho collaborato con lui anche col programma televisivo Voyager, inoltre ho vinto con lui uno dei primi televoti in Italia come migliore presentatrice per un programma che si chiamava Numero Zero. Però Roberto per me è stato, ed è, un mentore. Una persona che mi ha aiutato nei momenti difficili.
Diciamo che gli incontri importanti sono quelli in cui hai anche un rapporto umano. E sia con lui che con Renzo, una persona altrettanto meravigliosa, io ho avuto, pur mancando di maestri perché io non ho maestri ma ho sempre rubato come si faceva un tempo per gli attori, e mi hanno insegnato loro malgrado, però gli incontri importanti sono stati quelli anche umani e questi due sono sicuramente i due incontri che hanno in qualche modo cambiato la mia vita.”
Guardando al futuro, quali sono i suoi prossimi impegni artistici?
Ci sarà una fiction in uscita più o meno a fine anno, in cui faccio parte del gruppo dei protagonisti. Una fiction che mi ha fatto piacere fare, con un regista che stimo tantissimo, Vincenzo Pirozzi. Poi è una fiction che racconta la nostra regione, in particolare la costiera amalfitana, ma in maniera finalmente sorridente. Niente gomorre, niente assassini, niente violenze. È una fiction piena di luce.
Poi ho debuttato da poco con uno spettacolo che è tratto da L’Eleganza del Riccio, romanzo di Muriel Barbery e che spero di continuare a fare. A parte poi l’impegno preponderante che sono adesso i laboratori, le università, l’Accademia delle Belle Arti, le scuole di cinema dove faccio da coach.
Quelli sono i miei risultati. Dal momento in cui chi mi segue riesce ad avere delle soddisfazioni lavorative o semplicemente ad amare questo lavoro, per il gusto di amarlo e di farlo, allora io sono molto soddisfatta e per me sono grandi risultati. È una fortuna alla mia età, dove le attrici non hanno più ruoli o sono sempre meno perché si sa che dopo i cinquant’anni gli attori ma soprattutto le attrici hanno sempre meno opportunità, io ho scoperto quella di trasmettere questa che rimane sempre una passione da trasmettere alle nuove generazioni e la considero una benedizione, una magnifica esperienza.
Rosaria De Cicco ci ha ricordato che il teatro è un luogo dove ogni emozione può prendere vita e trasformarsi in un’esperienza unica e irripetibile. La sua passione e dedizione sono il cuore pulsante di un’arte che continua a evolversi e che resta ancorata alla capacità di entrare in contatto con le profondità dell’animo umano.
In un’epoca in cui tutto sembra virtuale, superficiale e di moda, la chiave si trova nella passione e nell’impegno per quest’arte che continua a essere un ponte tra il mondo e le emozioni che non possiamo evitare di vivere.
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