Lunedì 17 novembre alle ore 21:00 al Teatro Augusteo, Monica Sarnelli squarcia il velo del patriarcato in un viaggio nella canzone napoletana con lo spettacolo “Sirene, sciantose, malafemmene ed altre storie di donne veraci” scritto da Federico Vacalebre e diretto con lucida intensità da Carlo Cerciello. L’intero spettacolo presentato da RitmiUrbani Network in sinergia con Lazzara Felice ed Andreano Management ha visto numerosi arrangiamenti musicali di Pino Tafuto, Salvio Vassallo. Il recital è un vero e proprio atto antimisogino, sostenuto in scena dalla grinta dell’attrice Cinzia Cordella che incarna le mille sfumature dell’animo femminile. In più, la cantante ha goduto della partecipazione virtuale di artisti come Enzo Gragnaniello e l’attore Peppe Lanzetta.
La donna-oggetto rappresentata dai manichini sulla scena di Sirene, sciantose e malafemmene

Monica Sarnelli in “Sirene, sciantose e malafemmene” non ha solo cantato, ma ha celebrato una sorta di rito di “smantellamento”. Il messaggio centrale vibra come un monito: le donne, nella narrazione comune e mediatica sono relegate a “sagome con tette e culo”, vuote icone di un desiderio mai reciproco. È in questo spazio di riflessione che l’allestimento scenico assume un ruolo brutale e necessario. Il palco è popolato da manichini di donne e uomini nudi, figure di plastica fredda, esposte come reperti anatomici. Questi manichini non sono arredo, bensì corpi-oggetto: simboleggiano i ruoli svuotati, l’umanità ridotta a pura forma fisica. Tali strumenti scenici rappresentano una verità cruda; quella che vede le donne come sagome senza anima e gli uomini che, spogliati dei loro abiti sociali, rivelano una nudità altrettanto vuota e, talvolta, ridicola nella loro pretesa di dominio. Al fianco della Sarnelli, l’attrice Cinzia Cordella non è una semplice spalla, nè una silenziosa controparte, piuttosto una sorta di tribuna della verità. Laddove la Sarnelli canta la storia, la Cordella prende la parola con forza, ribadendo, la condizione attuale e storica delle donne. Quindi, se la Sarnelli è la memoria musicale, Cordella è la sua coscienza critica e parlante. L’azione di Cinzia Cordella è una progressione verso l’autonomia. Il suo ruolo è quello di raggiungere una purificazione catartica e una liberazione fisica. Ciò raggiunge il suo apice visivo e concettuale sulle note di “Indifferentemente”. Mentre la Sarnelli canta il distacco emotivo, la Cordella si denuda, mostrando il suo corpo senza veli. Non è un’esibizione, ma un gesto di totale riappropriazione. Sulle note di questa canzone, il corpo nudo non è più l’oggetto da desiderare o giudicare, ma una realtà. La sua nudità diventa l’affermazione di sovranità emotiva e fisica.
Napoli: una città femminile e ambivalente

Durante lo spettacolo Monica Sarnelli ha cantato numerose canzoni iconiche della tradizione napoletana come: Rundinella, Penzo sempre a isso, Era de Maggio, Lilì Kangy, oltre a tributi a grandi voci storiche come Gilda Mignonette, Mia Martini, Ria Rosa. Un momento centrale durante lo spettacolo è stato quando la cantante ha fatto riferimento alla canzone di Pasquale Cinquegrana “Napule bello”. Il titolo del brano del 1898 è risuonato come un’ eco lontana, la voce di un’epoca dove la bellezza, la forza e persino il vizio erano declinati al maschile. La metropoli si era autoraccontata attraverso l’occhio patriarcale pur essendo da sempre ambigua e intrinsecamente aperta, ancora prima che le drag queen diventassero icone dei talk show.
Le date dello spettacolo
Dopo Napoli, “Sirene, sciantose, malafemmene ed altre storie di donne veraci” sarà in scena in molti teatri campani: 16 gennaio 2026 – Teatro Ricciardi, Capua (CE); 19 marzo 2026 – Teatro La Provvidenza, Vallo della Lucania (SA); 20 marzo 2026 – Auditorium Tommasiello, Teano (CE); 9 aprile 2026 – Teatro Minerva, Boscoreale (NA); 10, 11 e 12 aprile 2026 – Teatro Di Costanzo-Mattiello, Pompei (NA); 22 aprile 2026 – Teatro Italia, Acerra (NA).
L’inno finale: ripartire dalle donne con “Parea”
Il colpo di scena finale e vero manifesto di Sirene, sciantose, malafemmene ed altre storie di donne veraci è stata la traduzione in napoletano di “Marea” di Madame. Il brano, ribattezzato “Parea” e interpretato dalla voce graffiante di Francesca Andreano in arte Fuliggine sottolinea come l’amore non sia un porto sicuro, ma un’avventura rischiosa in mare aperto. La donna, pur essendo l’acqua che modella e travolge, è anche consapevole del rischio di affogare. «Questa canzone indica come la donna sia la scelta: non è colei che viene scelta, ma colei che decide se far entrare o lasciare fuori l’altro. In questo mondo così caotico è bene fermarsi per prendere consapevolezza di sè. Parea è una speranza, un grido di aiuto per ricordare a ciascuno che no vuol dire no e sì vuol dire Parea». Con queste parole Francesca Andreano ha trasformato l’inno all’orgasmo femminile in una rivendicazione di spazio e parola. In ultima istanza, Monica Sarnelli ricorda che bisogna partire da noi per decidere come incantare e cantare. In tal senso, Monica Sarnelli più che una cantante si è rivelata una guida, che utilizzando le radici profonde della canzone napoletana, ha fornito gli strumenti per voltare pagina, insegnando alla sua città non solo a ricordare, ma a volare.
Fonte immagine in evidenza: ufficio stampa

