Macbeth di Jacopo Gassmann al Mercadante | Recensione

Macbeth di Jacopo Gassmann al Mercadante | Recensione

Dal 4 al 15 dicembre va in scena al Teatro Mercadante una delle opere più ambigue e cruenti di William Shakespeare: Macbeth di Jacopo Gassmann.

Dal palcoscenico elisabettiano a oggi

Macbeth di Jacopo Gassmann va in scena con la regia di quest’ultimo, per una traduzione di Paolo Bertinetti, con l’interpretazione attoriale di Roberto Latini, Lucrezia Guidone, Gennaro Apicella, Riccardo Ciccarelli, Sergio Del Prete, Antonio Elia, Fabiana Fazio, Marcello Manzella, Nicola Pannelli, Olga Rossi, Michele Schiano di Cola e Paola Senatore. Lo spettacolo è prodotto da Teatro di Napoli – Teatro NazionaleCampania Teatro Festival – Fondazione Campania dei Festival. Una menzione particolare va alle scene di Gregorio Zurla ed ai movimenti di Sara Lupoli, che con i loro rispettivi lavori hanno saputo rendere sulla scena e restituire al pubblico l’idea di uno spazio mentale in ascesa negli inferi della folle sete di potere, con un’atmosfera cupa e sanguinosa, in realtà, molto fedele al classico shakespeariano. E, infatti, il lavoro rielaborato dal regista ci appare seguendo un particolare sguardo psicologico nei meandri della mente plumbea e allucinata del protagonista, in grado di essere sottomessa nella sua fragilità e di afferrare chiunque lo circondi nel suo processo di autodistruzione.

Così si legge nelle note di regia del Macbeth di Jacopo Gassmann: «Macbeth è il lungo viaggio di un uomo alle radici del male. O meglio ancora, il progressivo inabissamento di una coscienza nel vasto e inesplorato territorio del rimosso. Una lunga giornata che procede inesorabilmente verso la notte, una notte in cui tutto va storto, in cui l’ordine delle cose è rovesciato e la natura stessa viene ferita e violentata. È a metà del testo infatti che troviamo un viatico al nostro progetto. Dopo la morte di Duncan, che non è solo un attentato alle leggi morali, politiche e dell’ospitalità, ma una vera e propria lacerazione del tessuto divino dell’umano, sarà Macduff ad ammonirci: “Affacciatevi alla camera, e una nuova Gorgone vi accecherà. Non mi chiedete di parlare.” È come se da questo punto in poi, un punto di non ritorno, il protagonista, attraverso la sua potenza distruttiva e visionaria al contempo, ci accompagnasse in una discesa agli inferi o lungo una galleria di immagini (e azioni) sempre più violente ed efferate che non dovrebbero mai essere evocate né venire alla luce. Una galleria dell’impensabile, dell’indicibile dunque, in cui entriamo a nostro rischio e pericolo».

Macbeth di Jacopo Gassmann: un viaggio a ritroso di folle ascesa

Sì, Macbeth di Jacopo Gassmann viene descritto proprio come un viaggio a ritroso, in cui se all’inizio il protagonista insieme alla sua dama, Lady Macbeth, ci viene presentato all’acme della gloria, a poco a poco, progressivamente e inesorabilmente si avvia un processo di distruzione e autodistruzione. Al centro, nel cuore della pièce, l’ossessivo raggiungimento del potere, una ricerca che annebbia i sensi. Poi, infine, il senso di colpa, l’incapacità persino fisica di sopportare e sostenere tutto quel male. Una folle ascesa, cosparsa di omicidi, sangue e crudeltà, che si risolve nel niente, in un vuoto di impossibilità e indicibilità. E il lavoro di Gassmann ha saputo cogliere tutte queste sfaccettature attraverso la coordinazione registica dell’interpretazione degli attori, delle atmosfere nere e rosse, e dei movimenti sul palco. Insomma, per quante congetture si possano fare, anche critiche, vale la regola che il teatro deve emozionare e questo Macbeth vale come ciò che la conferma. Non sempre c’è il bisogno di spingere sul testo, anzi, come in tal caso diventa un piacere sensoriale molto più ampio vivere e godere di un meccanismo teatrale che non si limita solo alla parola, bensì accoglie un’immensa complessità.

Fonte immagine: Ufficio Stampa

 

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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