A Sign of Affection (anime) | Recensione

A Sign of Affection (anime) | Recensione

Se cercate una pausa dai soliti cliché degli shōjo ambientati tra i banchi di scuola o dai drama sentimentali carichi di eventi, quest’anime potrebbe fare proprio al caso vostro. A Sign of Affection è una proposta fresca, scorrevole e che affronta temi importanti senza troppe pretese. L’anime, tratto dal manga di Suu Morishita e prodotto da Ajiado, è composto da 12 episodi, perfetti per scaldare il cuore anche nei più freddi pomeriggi invernali.

Trama

A Sign of Affection racconta la vita quotidiana di Yuki Itose, una ragazza non udente che comunica tramite messaggi scritti, la lettura del labiale e il linguaggio dei segni. Mentre Yuki cerca la sua strada all’interno di questo suo mondo silenzioso, incontra Itsuomi: un giovane appassionato di lingue e spesso in giro per il mondo, curioso di conoscere di più sulla giovane.

Il mondo dentro ognuno di noi

Il focus della serie è, come già menzionato, la vita di Yuki, la sua esperienza come persona non udente e la sua storia con Itsuomi. Estremamente importante per Yuki è quindi l’incontro non solo con il mondo esterno, a cui lei cerca di adattarsi al massimo delle sue capacità, ma anche con il mondo che ognuno dei suoi amici ha “dentro di sé” (a partire proprio da Itsuomi) e ciò crea dei confronti e delle dinamiche estremamente interessanti.

Il mondo di Itsuomi, ad esempio, sembra esattamente il contrario di quello della giovane: egli ha vissuto in Germania, viaggia spessissimo e conosce molte lingue straniere, ma allo stesso tempo sono proprio queste esperienze a far nascere in lui il desiderio di conoscere sempre più a fondo Yuki. Itsuomi si dimostra da subito il primo a tenere in considerazione la disabilità di Yuki senza che questa possa risultare un ostacolo o un “peso” nelle loro conversazioni: appena si rende conto che la giovane è sorda, infatti, inizia a parlare in modo più lento e chiaro e impara in fretta il linguaggio dei segni per parlare meglio con lei. L’apertura e la positività di Itsuomi, insieme al suo modo di fare sicuro e diretto all’inizio sorprende non poco Yuki, ma pian piano la sprona a fare nuove esperienze e sarà un elemento di grande ispirazione per lei.

Allo stesso tempo, tutto ciò si riflette negativamente in Ōshi, l’amico d’infanzia della ragazza. Ōshi sembra essere a sua volta tutto il contrario di Itsuomi: è chiuso, immaturo, spesso rimprovera Yuki e lascia che la sua preoccupazione e i suoi sentimenti per lei si trasformino in un vero e proprio limite, tanto da usare la sua disabilità come scusa verso un amico che gli aveva proposto di uscire tutti insieme. Nonostante ciò, Ōshi è l’unico altro personaggio che ha imparato fin da subito la lingua dei segni, proprio per comunicare con Yuki.

Il JSL e l’esperienza di Yuki

Potrebbe sembrare scontato da menzionare, ma il linguaggio dei segni non è universale e quello rappresentato all’interno della serie è naturalmente quello giapponese, chiamato JSL (dall’inglese “Japanese Sign Language”). Nella versione manga della serie, l’autrice ha anche evidenziato come ci siano due differenti tipi di linguaggio dei segni in Giappone, cioè il JSL e il “giapponese segnato”: quest’ultimo è essenzialmente una trasposizione in segni della lingua giapponese parlata (secondo la propria esatta grammatica); il primo invece è una lingua indipendente, con una grammatica a e include una serie di elementi ancora più complicati da leggere (come ad esempio le espressioni del volto) ed è, come tutte le lingue, in continua evoluzione.

L’elemento davvero innovativo, all’interno di entrambe le versioni, è proprio l’attenta rappresentazione del JSL e ancora di più la fluidità con la quale viene animato. È quasi impressionante infatti notare l’accuratezza nelle scene in cui Yuki comunica con Ōshi e la sua amica Madoka (che sono più fluenti) e il modo in cui si rallenta e ci si focalizza di più sul labiale e le espressioni dei personaggi nelle conversazioni con Itsuomi o Rin.

Inoltre, Yuki ci racconta in prima persona la sua esperienza crescendo: spiega come esistano scuole specializzate per questo tipo di insegnamento e come lei abbia dovuto convincere i suoi genitori a lasciarle frequentare un’università pubblica — fa estremamente riflettere anche il momento in cui rivela che la sua stessa famiglia non abbia mai imparato il linguaggio dei segni, ma sia stata lei a doversi adattare anche nell’ambiente domestico. E se all’università Yuki trova un po’ di consolazione e forza nella presenza di Ōshi, si presenta un’ulteriore difficoltà quando la giovane decide di trovare un lavoro part-time: Yuki affronta infatti numerosi colloqui, tutti con esito negativo, prima di trovare un impiego tramite una sua amica non udente come lei. Proprio per questo la prontezza di Itsuomi nell’imparare a comunicare con lei nel modo in cui le è più semplice è così d’impatto: il ragazzo non ci pensa due volte e la sua dedizione trascina man mano con anche Rin, loro compagna di studi e migliore amica di Yuki, nell’apprendimento di questa lingua.

La sordità come spettro

A Sign of Affection è un esempio ideale anche nel mostrare che la sordità non è un’esperienza univoca e non è vissuta allo stesso modo da tutti. Infatti, come moltissime condizioni che per molto tempo sono state e continuano ad essere fortemente stereotipate (per restare in ambito sensoriale, la cecità), la sordità è uno spettro: ci sono persone, come Yuki, non udenti dalla nascita e altre invece che perdono l’udito poco alla volta a causa di altre condizioni, come la sua amica Madoka. Questo, naturalmente, ha un impatto enorme sullo sviluppo e sulla vita della persona, come ci dice la stessa Yuki: lei, essendo sorda dalla nascita ha molta più difficoltà ad articolare e vocalizzare rispetto a qualcuno come Madoka, che invece continua ad accompagnare la voce al linguaggio dei segni per non perdere l’abitudine. Questo è un aspetto estremamente importante soprattutto perché in base alla propria esperienza personale, si può prediligere un tipo di comunicazione rispetto a un’altra e di conseguenza interagire in modo diverso col mondo attorno a sé (Madoka infatti non sa leggere bene il labiale, mentre Yuki vocalizza solo con la sua famiglia per paura delle reazioni altrui).

Perché guardare A Sign of Affection

A Sign of Affection è un anime pieno di sentimento, che può essere apprezzato da tutti gli amanti del genere, ma anche da chi cerca semplicemente qualcosa di diverso e fresco da vedere. Lo stile d’animazione è curato e dettagliato e il compartimento sonoro permette di immergersi a pieno nel mondo della nostra protagonista. Ogni personaggio è ben caratterizzato e si rivela un po’ per volta e il fatto che manchino grandi conflitti potrebbe essere considerato un altro punto a favore in un contesto così caotico come quello odierno. Ancora, A Sign of Affection ci mostra l’esperienza di una minoranza in una società ancora lontana dall’offrire esperienze alla pari per tutti, mostrando tuttavia quanto anche i più piccoli gesti siano importanti e possano portare a un cambiamento graduale, ma significativo.

Fonte immagine di copertina: Crunchyroll

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