Presentato al Cinema Nuovo Olimpia di Roma il documentario I Shall Not Hate di Tal Barda. La tragedia dei palestinesi attraverso l’esempio e la testimonianza di Izzeldin Abuelaish.
«E io condanno il mondo intero che è rimasto a guardare», sentenzia Izzeldin Abuelaish. Gli occhi fissi in camera, pieni di dolore, pieni di determinazione, nonostante gli eventi.
Medico, attivista e promotore della coesistenza di Israele e Palestina, Abuelaish è il protagonista del documentario I Shall Not Hate, prodotto nel 2024 e diretto da Tal Barda, regista, sceneggiatrice e produttrice di Tel Aviv.
I Shall Not Hate e la rassegna Mondovisioni
Il documentario è stato presentato il 10 luglio dalla giornalista Francesca Gnetti al Cinema Nuovo Olimpia di Roma come ultimo appuntamento della rassegna Mondovisioni organizzata da CineAgenzia, in collaborazione con Internazionale, che si prefigge lo scopo di portare in giro per l’Italia – in sale e spazi culturali – i migliori documentari prodotti nell’ultimo anno sulle tematiche più calde e controverse.
Dalla Russia all’Ungheria, dalla Palestina all’India, dal Giappone agli Stati Uniti, i lavori proiettati nelle sale propongono un’analisi approfondita e lucida del mondo e delle complesse dinamiche che lo dilaniano, nel tentativo di riportare la narrazione della storia alla complessità che le è propria attraverso i dati, le testimonianze, le interviste, le immagini.
La testimonianza di Izzeldin Abuelaish
In I Shall Not Hate, Tal Barda porta sul grande schermo la storia di Izzeldin Abuelaish, da lui stesso già raccontata nell’omonimo libro pubblicato nel 2011 che gli valse la candidatura al Nobel per la Pace.
Il film, frutto di una co-produzione franco-canadese e proiettato in anteprima al Copenhagen International Documentary Film Festival 2024, è una narrazione affascinante e suggestiva della storia di Abuelaish; dalla vita a Gaza alla laurea in Ostetricia e Ginecologia conseguita tra Il Cairo e Londra fino alla sua lotta per i diritti e per la dignità di ogni essere umano, che sia israeliano o palestinese.
Dettaglio non irrilevante è che I Shall Not Hate è stato girato prima del fatidico 7 ottobre, configurandosi come un documento fondamentale per contestualizzare l’attualità in uno scenario più ampio e completo e ricordare la catena degli eventi che ha condotto a quella data. In particolare, le vicende sono ambientate nel 2009 durante l’operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza denominata “Piombo fuso”.
I Shall Not Hate: la lezione di Abuelaish
Rifugiato palestinese, Izzeldin Abuelaish lavora nell’ospedale israeliano Sheba Medical Center di Tel Aviv ed è tra i pochi palestinesi autorizzati a varcare il confine ogni giorno, anche durante i periodi di guerra. In virtù del suo ruolo e della sua professione, diventa un tassello fondamentale nel rapporto tra Israele e Palestina, nonché un prezioso testimone delle condizioni di vita nella Striscia di Gaza degli ultimi venti anni.
Salva le vite degli israeliani, cura le donne, fa nascere bambini, ma questo non lo salva dall’orrore. Nulla gli viene risparmiato: dopo aver perso la moglie Nadia per leucemia, un carro armato israeliano lancia due proiettili contro la sua casa a Jabalia e colpisce la cameretta delle figlie. In questo attacco perdono la vita tre delle sue ragazze e una nipote. È lo stesso Abuelaish a ritrovare i loro corpi smembrati nella stanza, mentre annegavano nel loro stesso sangue.
La sua testimonianza arriva in diretta sulla tv israeliana, grazie a un collegamento telefonico con il reporter Shlomi Eldar sul Canale 10. Le sue urla di disperazione sconvolgono il mondo intero e anche molti israeliani, tanto che gli viene concesso di trasportare le sue figlie all’ospedale di Tel Aviv con un’ambulanza. Due sopravvivono.
L’inutilità dell’odio
«Perché vogliono che io odi? Se trovate qualcuno afflitto dall’odio non biasimatelo. Chiedetegli cosa lo ha portato a provare odio. Quindi dobbiamo concentrarci sulla prevenzione delle cause del razzismo, della discriminazione, della superiorità, dell’ingiustizia e dell’omicidio», spiega Abuelaish alla stampa. Un dolore insormontabile, ma niente odio, perché la violenza genera sempre altra violenza.
L’unica strada veramente efficace è l’istruzione. Profondamente convinto del valore rivoluzionario della formazione, Abuelaish – diventato Professore associato all’Università di Toronto – ha fondato la Daughters for Life Foundation che mette a disposizione diverse borse di studio destinate a giovani donne del Medio Oriente e del Nord Africa che vogliono proseguire i loro studi in Canada, negli USA o in Belgio.
«Nei loro occhi, nei loro sogni, nelle loro voci, io rivedo gli occhi, i sogni e le voci di Bessan, Mayar e Aya».
Fonte immagine: CineAgenzia