Nulla può durare per sempre: Pompei
dopo aver ben brillato, il sole torna nell’Oceano,
decresce la luna che poco fa era piena,
la violenza dei venti spesso si muta in brezza leggera.
Così recita una delle tante scritte che, da quasi duemila anni, vive sui muri di Pompei.
Nulla può durare per sempre nella sua forma originale, è vero, perché essa muta, pur non cambiando la sua sostanza. La sostanza non si dissolve così facilmente, nemmeno con gli anni.
È il caso di Pompei che spesso regala piccoli momenti di magia, mostrando parte del proprio splendore passato. Si tratta, in effetti, di magia cristallizzata nel tempo e tramandata negli anni, fra svariati strati di terreno e vegetazione. È il 79 d.C. e Pompei è nell’orbita romana da quasi due secoli, dall’89 a.C., anno in cui la città venne conquistata e i suoi abitanti divennero cittadini romani a tutti gli effetti.
Ancora oggi scopriamo la città antica attraverso lo studio del sito archeologico, che proprio nei giorni scorsi ha visto riemergere un nuovo frammento, grazie al lavoro di un team di esperti.
Si tratta di una stanza degli schiavi stallieri, emersa all’interno della grande villa di Civita Giuliana, tenuta in uno stato sorprendente. «Una scoperta eccezionale, perché davvero è rarissimo che la storia restituisca i particolari di queste vite» ha affermato poco dopo la scoperta Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico. Una stanza degli schiavi che offre uno spaccato completamente diverso dal lusso e dall’arte che Pompei mostra quotidianamente, al punto da rendere consapevoli lo spettatore circa le differenze che caratterizzavano la società.
L’immensità della villa romana nasconde cunicoli di vita quotidiana, in cui si consumavano scene ordinarie, condite da sentimenti e paure provate da persone reali.
A tal proposito ha commentato il direttore Zuchtriegel: «Questa stanza racconta situazioni di disagio e di precarietà che possiamo riconoscere. – continuando poi sulle condizioni della stessa – Dobbiamo ringraziare le particolari dinamiche dell’eruzione, la stanza è rimasta intatta fino all’arrivo dei flussi piroclastici, il portico ha retto, i lapilli si sono fermati prima della soglia».
I tre letti sono disposti a forma di cavallo e hanno forme differenti. Il più piccolo misura appena 1,4 metri, quindi pensato per un bambino. Si aggiungono poi le diverse brocche e anfore, che verranno analizzate in laboratorio, e i vari oggetti di lavoro legati alla terra. In attesa di saperne di più, non possiamo far altro che invitarvi a visitare il Parco Archeologico di Pompei che, dopo la sensazionale scoperta del dicembre scorso, punta ad aprire al pubblico la nuova stanza il prima possibile.
Credito foto: Vesuviolive