I figli della mezzanotte (film) | Recensione

I figli della mezzanotte (film) | Recensione

I figli della mezzanotte, Midnight’s children in lingua originale, è una pellicola del 2012, diretta dalla regista indiana Deepa Mehta. Il film è la diretta trasposizione cinematografica dall’omonimo romanzo di Salman Rushdie, del 1981. L’intreccio della storia narrata rimanda al grande libro indiano del Mahābhārata: dove tutto è possibile trovare; ogni cosa esistente è presente su questo poema epico, per la cultura e letteratura indiana. Il protagonista del racconto, Saleem Sinai, nella realtà il celebre attore di nazionalità indiana Satya Bhabha, prova, attraverso le sue parole, di catapultare lo spettatore nel difficile e complicato soggetto dell’intera produzione: la sua vita.

I figli della mezzanotte, la trama

I figli della mezzanotte si sviluppa su più livelli narrativi, facendo partire la tessitura del racconto dalla storia del nonno del protagonista Saleem, Aadam Aziz, il padre della madre di Saleem, la quale sposò Ahmed Sinai, poi suo padre. La pellicola continua mostrando il momento della nascita di Saleem, punto focale di tutta la trama, allo scoccare della mezzanotte del 15 agosto 1947: la data dindipendenza della nazione indiana. Andando avanti nella sua vita, Saleem scoprirà la fantastica importanza dell’esser nato in quella esatta ora e in quella esatta data; infatti, verrà fuori che ogni bambino o bambina nato\a nella mezzanotte del 15 agosto possiede dei poteri magici, attribuiti a specifiche parti del corpo (nel caso di Saleem il suo grande naso, proprio come quello di suo nonno Aadam). Tuttavia, non è l’unico grande segreto che questa storica data contiene: nel preciso attimo della nascita di Saleem, l’infermiera Mary Pereira, che sarà poi la sua tata e che sarà l’unica a sostenerlo per sempre, scambia il protagonista con un altro bambino; questo scambio porta a tutta la serie di eventi che si susseguono nella vita dello sfortunato\fortunato Saleem. La sua vera identità, per assurdo, è quella del bambino chiamato Shiva, il quale nasce in una condizione all’estremo opposto di quella di Saleem. Povero e con dei genitori cantastorie mendicanti, l’alter ego reale del protagonista diventerà poi uno dei suoi maggior nemici. Mary Pereira, nella bontà di voler compiere un atto di giustizia sociale, crea al contrario molteplici dinamiche che risulteranno essere complicatissime nella vita di Saleem, contornata dagli eventi più significativi per la storia indiana: la guerra indo-pakistana, il governo di Indira Gandhi e il successivo cosiddetto stato di emergenza. Tra amori persi, battaglie vinte e un figlio ritrovato, il grande protagonista di questo quasi poema epico riesce a ricongiungersi con la sua adorata e fedelissima tata Mary Pereira.

La circolarità della vita ne I figli della mezzanotte

Ciò che stupisce del racconto di Rushdie, anche in forma visuale, è la sua abilità nel trasportare completamente nei luoghi e nei corpi di chi rappresenta l’opera. L’idea che sorregge l’intera produzione è quella della circolarità: è Saleem Sinai, protagonista indiscusso del romanzo e del film, che in punto di morte ci racconta la sua storia. Tutto comincia o ricomincia, per meglio dire, da dove tutto è incominciato; allo scoccare della mezzanotte del 15 agosto, difatti, si conclude il racconto, proprio come tutte le vicende sono iniziate. La magia, la condizione storico-culturale indiana, la bravura di una grande della letteratura come Salman Rushdie, il quale ha dato il suo personale contributo alla pellicola curandone la sceneggiatura, ha reso I figli della mezzanotte un capolavoro e materiale fondante di un pezzo di storia letteraria e cinematografica, nonché un motivo d’orgoglio grandissimo per la nazione indiana.

Fonte immagine: Youtube (Videa)

 

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