Koyaanisqatsi di Godfrey Reggio | Recensione

Koyaanisqatsi di Godfrey Reggio | Recensione

Se siete disposti ad abbandonare la concezione comune di film, lasciando da parte i tipici intrecci di storie e personaggi per dare spazio al mondo e alla sua evoluzione, Koyaanisqatsi di Godfrey Reggio è la pellicola che fa al caso vostro.

La trama

Primo della trilogia “-qatsi”, comprendente anche Powaqqatsi (1988), e Naqoyqatsi (2002), Koyaanisqatsi è un film sperimentale diretto da Godfrey Reggio che viene fuori nella stagione 1982-83, dopo circa tre anni di riprese. La particolarità di tutta la trilogia risiede in quello che lascia perplesso chiunque ne senta parlare per la prima volta: non ci sono personaggi, non ci sono dialoghi, non c’è (più o meno) trama. Nonostante questa prima definizione possa portare a pensare a un film sul niente, Koyaanisqatsi trova la sua ragion d’essere nella profondità del tema trattato: la frenesia del sistema capitalistico in contrasto con la quiete della natura incontaminata. Il progresso-regresso messo in atto dall’uomo sembra essere il vero protagonista del film, nel quale giocano un ruolo fondamentale le musiche minimaliste della colonna sonora composta da Philip Glass: la dimensione uditiva si unisce a quella visiva in un connubio dalla grande forza evocatrice.

Il titolo

Il significato del titolo ci viene spiegato dallo stesso regista alla fine del film: koyaanisqatsi è una parola della lingua hopi che significa vita folle, vita in tumulto, uno stato dell’esistenza che chiede un altro stile di vita. La pellicola si apre su uno scenario primordiale e quasi ostile, al quale fanno seguito immagini di una natura incontrastata, pura e cruda espressione dei quattro elementi (terra, acqua, aria e fuoco) in tutta la loro potenza. I colori che dominano lo schermo in questa prima parte, tuttavia, pian piano si riducono ad un insignificante grigio, emblema della società moderna. Palazzi, grattacieli, strade sovraffollate, cartelloni pubblicitari, pixel, schermi in perenne movimento e facce imbambolate davanti ad essi: tutti microorganismi il cui insieme dà vita al mondo che oggi abitiamo ed alla vita squilibrata del titolo. Rea di questo disastro sembra essere la stessa umanità che decanta ideali progressisti a discapito dell’ambiente che la ospita. Koyaanisqatsi ritrae un mondo che scorre in maniera talmente veloce che qualsiasi movimento risulta impercettibile, un mondo che ha dimenticato la sua vera essenza ed ha abbandonato meraviglie colossali nelle mani di colossi industriali.

Koyaanisqatsi: Prospettiva critica

Con Koyaanisqatsi, Reggio decide di dar voce alla disputa tra natura e cultura vigente sin dalla notte dei tempi (per la quale ha mostrato interesse anche Francis Ford Coppola, produttore del film), mettendo a nudo la frenesia sempre più isterica del mondo moderno, vittima della forza costruttrice e distruttrice di cui è capace l’uomo. È una visione critica della nostra società sulla scorta di antiche profezie Hopi la cui incombenza sul presente sembra assumere toni inesorabili: in soli 83 minuti, viene demolito l’ideale del sogno americano. Un film che si fa intendere da chi vuole intendere. Sicuramente non l’ideale per una serata tra amici, ma geniale nel suo essere fuori dal mainstream coerentemente con il messaggio che vuole trasmettere.

Fonte immagine per l’articolo “Koyaanisqatsi di Godfrey Reggio | Recensione”: Wikimedia Commons

 

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