Oslo, 31 Agosto | Recensione del film di Joachim Trier

Oslo, 31 agosto di Joachim Trier è una giornata sospesa, un battito lento che sembra durare un’eternità e dissolversi in un istante. È uno di quei film che non ha paura di indugiare sui dettagli più piccoli, apparentemente irrilevanti, e di lasciare lo spettatore di fronte al silenzio. Uscito nel 2011, il film è il secondo capitolo della “Trilogia di Oslo” del regista norvegese, dopo Reprise e prima di The Worst Person in the World. Se il primo film della serie esplorava le ambizioni e le ferite tipiche dell’età giovanile, qui il punto di partenza scelto da Trier è più cupo. È il ritorno alla vita di un uomo dopo una dipendenza e la sua difficoltà di trovare un senso, uno spazio al di fuori della comunità. Il regista norvegese, insieme allo sceneggiatore Eskil Vogt, adatta liberamente il romanzo Il fuoco fatuo di Pierre Drieu La Rochelle, trasportandolo nella Norvegia contemporanea. Oslo, 31 agosto – recensione.

Oslo, 31 agosto – recensione: la trama

Il protagonista, Anders, è un trentacinquenne che esce per un giorno da un centro di riabilitazione per tossicodipendenza per sostenere un colloquio di lavoro. Ha solo ventiquattro ore a disposizione. La sua è un’uscita apparentemente banale, ma rappresenta un ritorno in un mondo che ormai non gli appartiene più. La città, infatti, lo accoglie senza clamore. Nulla sembra rivolgersi davvero a lui; né le strade, né i volti.

Incontra vecchi amici, scambia frasi brevi con dei conoscenti, rivede dopo tanto tempo strade che prima percorreva ogni giorno e di cui conosceva ogni angolo a memoria. Ciascuna tappa della sua giornata riapre ricordi e ferite, in quello che sembra un continuo oscillare tra il desiderio di ricominciare e la tentazione di lasciarsi andare. La giornata di Anders scorre lenta. Non c’è una vera e propria redenzione in vista: solo la consapevolezza di quanto sia difficile tornare a sentirsi parte del mondo; addosso, un peso invisibile che il protagonista sembra non riuscire a scrollarsi di dosso. Di seguito, il trailer ufficiale del film:

Oslo, 31 agosto – recensione: regia e scrittura

Fin dalle primissime scene della pellicola, Trier mostra la capacità di metterci di fronte al vuoto che Anders sente dentro. In questo film non c’è mai fretta, né tantomeno spettacolarizzazione o drammatizzazione. La macchina da presa si limita a soffermarsi sui dettagli, durante momenti in cui non succede apparentemente nulla, ma che in realtà celano un mistero profondo che sembra voler rivelare tutto. Tutto è spezzato, tutto è in lontananza: i rumori, le risate, le strilla della gente appaiano sempre lontanissime. Un caffè viene lasciato a metà di fronte ad un’amicizia che non sa più come essere.

Merita una menzione anche la scrittura di Eskil Vogt. Ogni dialogo, persino quello più semplice, contiene un sottotesto doloroso. L’amico che prova ad incoraggiarlo, la ragazza che lo guarda con un misto di affetto e distanza. L’impressione è che tutti interagiscano con Anders come se ci fosse un confine invisibile tra lui e il resto del mondo. Un confine che nessuno sa davvero come attraversare.

Sullo sfondo, c’è Oslo. La città, in realtà, spesso diventa presenza viva, non solo contenitore della vicenda del protagonista. Il film è ambientato d’estate e quindi Oslo appare luminosa, ma anche distante allo stesso tempo. In effetti, è lo specchio di Anders: bella, ordinata, a primo impatto pacifica, ma sotto c’è un’eco di malinconia che non abbandona mai la scena. E allora Trier rende questa sensazione catturando camminate lente, suoni ovattati; operando inquadrature lunghe, che a tratti sembrano infinite. La sua struttura narrativa e la sensibilità visiva lo avvicinano a Melancholia di Lars von Trier, dove la depressione diventa paesaggio interiore; ma anche Lost in Translation di Sofia Coppola, che racconta l’alienazione attraverso la quotidianità e i silenzi.

Oslo 31 agosto recensione
Anders in una scenda del film. Fonte immagine: Wikipedia

Perché vederlo oggi

La forza del film sta nella sua umanità. La critica lo ha acclamato: 97 per cento su Rotten Tomatoes, media 8.3/10; Metacritic attesta 84 su 100. Anders non è un tossicodipendente stereotipato, visto che è uno che ha studi, intelligenza, una vita sociale passata molto fervente. Ora, però, non sa come affrontare la vita. Vedere Oslo, 31 agosto oggi significa venire a contatto con la capacità di riconoscere l’altro, anche quando quell’altro siamo noi stessi. La giornata di Anders potrebbe essere l’inizio o la fine: noi non lo sappiamo, ma ne siamo testimoni; siamo compagni di viaggio silenziosi al fianco di un uomo vulnerabile e smarrito.

Questo film ci ricorda che spesso la solitudine non è una condizione esteriore. Al massimo quella, anche quando c’è, è soltanto un effetto, un sintomo; la punta dell’iceberg. La solitudine è piuttosto una ferita interiore che facciamo fatica a rimarginare. Questo film è un invito a guardare, a sentire, a restare accanto. Una pellicola che non passa davanti, ma che resta addosso e ci attraversa.

Dove vederlo

Oslo, 31 agosto può essere acquistato o noleggiato su piattaforme come Amazon Video, Apple TV e Fandango at Home. Anche MUBI lo propone, con una prova gratuita di 7 giorni, seguita da un abbonamento.

Fonte immagine in evidenzia: Prime Video

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