Qui non è Hollywood: il delitto di Avetrana raccontato su Disney+ | Recensione

Qui non è Hollywood

Dopo numerose polemiche, il 30 ottobre è stata resa disponibile su Disney+ Qui non è Hollywood, la miniserie diretta da Pippo Mezzapesa basata sul delitto di Avetrana, spargendo il sale su una ferita aperta nell’ambito della cronaca nera italiana.

Il confine tra caso di cronaca e spettacolo finalizzato a soddisfare l’insaziabile fame di intrattenimento del pubblico pare essere, talvolta, piuttosto labile: è questo il presupposto da cui parte Qui non è Hollywood, la miniserie televisiva diretta da Pippo Mezzapesa e prodotta da Matteo Rovere che racconta del delitto di Avetrana – basandosi in particolar modo sul libro Sarah. La ragazza di Avetrana di Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni. Una serie che è stata travolta da numerose polemiche fin dall’uscita del primo teaser, pubblicato il 18 luglio del 2024: tornare a parlare di una vicenda che già ai suoi tempi, nel lontano 2010, era stata spesso trattata dai media più come uno spettacolo mediatico che come un caso di cronaca nera, è parso a molti piuttosto fuori luogo; ci si interrogava, inoltre, sulla possibilità di macchiare ulteriormente la reputazione del paese di Avetrana, ormai associato inevitabilmente alla tragica storia della piccola Sarah Scazzi. A tal proposito, la distribuzione della miniserie, prevista inizialmente per il 23 ottobre con il titolo Avetrana – Qui non è Hollywood è stata temporaneamente sospesa dal tribunale di Taranto, per dare modo al sindaco di Avetrana di visionare la serie in anteprima e valutarne la “portata diffamatoria” nei confronti del comune di Avetrana e dei suoi abitanti. La serie è stata poi resa disponibile su Disney+ il 30 ottobre, riscuotendo immediatamente un enorme successo nonostante lo scetticismo con cui la maggior parte degli spettatori si è approcciata alla visione e arrivando a essere definita da molti come una delle migliori serie televisive italiane realizzate negli ultimi anni.

Il cast e la struttura della serie

La narrazione degli avvenimenti inerenti al delitto di Avetrana viene suddivisa in quattro episodi, ciascuno dei quali incentrato in particolar modo sul punto di vista di uno dei personaggi centrali all’interno della vicenda. Il primo episodio, intitolato Sarah, si concentra principalmente sugli eventi antecedenti alla scomparsa della ragazzina: quell’estate 2010 trascorsa in compagnia di Sabrina e dei suoi amici, l’infatuazione verso Ivano Russo, le continue discussioni con la madre Concetta, fino a quell’ultimo invito ad andare al mare insieme da parte della cugina. Il secondo episodio, Sabrina, è incentrato sugli avvenimenti immediatamente successivi alla scomparsa di Sarah, le indagini, il diffondersi della notizia che diviene in breve un caso di risonanza nazionale, l’insorgere dei sospetti nei confronti dei familiari. Il terzo episodio, Michele, indaga sul senso di colpa dell’uomo raccontando degli avvenimenti che lo hanno portato alla confessione dell’omicidio; infine l’ultimo episodio, Cosima, esplora le reazioni dell’opinione pubblica e, parallelamente, ripercorre i passi che hanno condotto alle accuse nei confronti di Sabrina, condannata infine all’ergastolo assieme alla madre.

Sebbene parte degli eventi e dei dialoghi sia romanzata, distinguere i fatti e le interviste reali da quanto si vede nella serie risulta a tratti difficile, grazie soprattutto a un eccezionale cast che è stato in grado di immedesimarsi perfettamente nei personaggi interpretati, dandone una trasposizione fedele non solo nell’estetica, ma anche nella gestualità, nel modo di parlare, nella riproduzione del linguaggio del corpo. Degne di nota sono soprattutto una magistrale (e a tratti irriconoscibile) Vanessa Scalera con la sua interpretazione di Cosima Serrano e la promettente Giulia Perulli, qui alla sua prima esperienza lavorativa nei panni di Sabrina Misseri. Paolo de Vita, Imma Villa e la giovanissima Federica Pala interpretano, rispettivamente, Michele Misseri, Concetta Serrano e Sarah Scazzi.

La banalità del male: il punto di vista del “mostro”

È chiaro che la decisione di incentrare ogni episodio su uno dei protagonisti della vicenda non sia semplicemente una scelta narrativa: Qui non è Hollywood non vuole solo mettere in scena una ricostruzione dei fatti, bensì mostrare al pubblico quella che potrebbe essere l’interiorità di ciascuna delle persone coinvolte, al fine di far comprendere come a compiere certi delitti non siano dei “mostri”, come spesso vengono definiti dall’opinione pubblica, bensì esseri umani, nel cui tormento interiore chiunque potrebbe riconoscersi. La serie non intende prendere una posizione di tipo morale né puntare il dito: a dimostrazione di ciò vi è anche il fatto che il momento dell’omicidio non venga mai mostrato; il punto focale non è la tragedia che viene consumata quanto l’umanità messa in luce di chi nella tragedia è coinvolta.

A rimarcare ciò vi è il brano musicale con cui si conclude ogni episodio: La banalità del male, scritta e cantata dal rapper italiano Marracash appositamente per la miniserie, il cui titolo si rifà all’omonimo saggio di Hannah Arendt basato sul processo ad Adolf Eichmann. Il rapper ha dichiarato di aver scritto il brano tentando di mettersi dalla parte del malvagio e di analizzare come il teatro del male spesso abbia luogo in ambiti assolutamente normali, come un contesto familiare, a dimostrazione che probabilmente una forma di male alberghi in ogni essere umano.
«Sai che il male è banale, ma è comprenderlo che è complesso / e ci affascina tutti, è perché tutti lo abbiamo dentro. / Ogni caso irrisolto, poi, è soltanto specchio del nostro. / Sotto ogni letto c’è un mostro, devi andarci d’accordo. »
I versi della canzone indagano anche su ciò che spinge il pubblico a provare tanta curiosità e attrazione per fatti di cronaca simili: un inconsapevole immedesimarsi nel carnefice, la volontà di comprendere cosa distingua l’uomo dal “mostro”, lo sgomento nell’apprendere quanto ogni “mostro” sia molto più umano di quanto si vorrebbe sperare.

Qui non è Hollywood, ma è come se lo fosse

Altro protagonista indiscusso della miniserie, nonché del caso di cronaca a cui questa fa riferimento, è il voyeurismo mediatico creatosi intorno alla vicenda. Qui non è Hollywood si apre proprio con l’arrivo di un tour guidato di turisti nel comune di Avetrana: decine di persone che desiderano visitare il luogo in cui è avvenuto l’omicidio di Sarah Scazzi, osservano le stradine che la ragazza era solita percorrere e fotografano il luogo in cui è stato rinvenuto il cadavere come se si trattasse di attrazioni turistiche. Una scena così grottesca che potrebbe sembrare romanzata o inventata di sana pianta; eppure è esattamente ciò che è avvenuto in particolar modo nell’ottobre del 2010, culminando con pacchetti offerti dalle agenzie di viaggio in cui venivano proposte visite guidate nei pressi di casa Scazzi e villa Misseri. Una spettacolarizzazione del caso che non si ferma davanti a niente: né di fronte al dolore di una madre, avvisata in diretta televisiva del ritrovamento del corpo senza vita della figlia, né di fronte al rispetto per la memoria della piccola Sarah, che viene uccisa una seconda volta da questa deumanizzazione della sua figura, associata alla protagonista di un allettante show dell’orrore più che alla vittima di una tragedia. Il finale della serie mostra proprio una Sarah camminare con espressione spaesata tra le strade di Avetrana, circondata da orde di persone che la ignorano completamente mentre si dirigono verso villa Misseri per assistere all’arresto di Cosima: non è più Sarah il cuore pulsante della vicenda, è lo show. L’interesse delle persone non è mosso da un reale senso di dolore e compassione nei confronti di una ragazzina privata dei propri sogni e del proprio futuro, bensì dalla voglia di sapere quale sarà il prossimo colpo di scena di quella che ai loro occhi altro non è che una serie televisiva.

In evidenza: immagine di copertina di “Qui non è Hollywood”, Disney+

A proposito di Paola Cannatà

Studentessa magistrale presso l'Università degli studi di Napoli "L'Orientale". Le mie più grandi passioni sono i peluche e i film d'animazione Disney, ma adoro anche cinema, serie TV e anime (soprattutto di genere sci-fi), i videogiochi e il buon cibo.

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