Rendere pubbliche conversazioni private è un trend dilagante, che sfida le vecchie regole di netiquette. Se una volta era impensabile mettere online stralci di conversazioni private o email di candidati, oggi è sempre più facile vedere post che espongono momenti riservati senza riflettere sulle conseguenze. Ma dove finisce la trasparenza e inizia la violazione della privacy? Condividere screenshot, seppur omettendo dati sensibili, è sempre un’azione innocente?
La netiquette, l’insieme di regole informali che guidano la condotta degli utenti online, sembra essere ormai un ricordo lontano. Un tempo esisteva un codice che stabiliva chiaramente i limiti tra ciò che era considerato privato e ciò che poteva essere condiviso pubblicamente. Le conversazioni private, i messaggi tra amici, le email di lavoro e le candidature non erano mai materiali da postare online. Oggi, però, è sempre più facile imbattersi in un fenomeno che sfida queste vecchie regole: condividere screenshot è diventato un trend. Sempre più spesso si assiste alla condivisione, tramite schermate catturate, di conversazioni private, messaggi ricevuti, foto e perfino candidature. Che si tratti di conversazioni tra clienti e aziende, tra colleghi o tra candidati e datori di lavoro, il confine tra ciò che è pubblico e ciò che deve rimanere privato appare sempre più sottile.
Da netiquette a disinibizione: la desensibilizzazione alla privacy online
Se una volta esistevano regole non scritte (netiquette) che impedivano di condividere conversazioni private, oggi si è sempre più desensibilizzati rispetto a ciò che è appropriato postare. Non è più inusuale veder condividere screenshot di conversazioni private, email o anche di momenti riservati condivisi apertamente, senza pensarci troppo. Quello che inizialmente era considerato un comportamento invasivo e poco rispettoso, ora sembra essere diventato la norma.
Questa disinibizione, però, non è senza conseguenze. Ogni volta che una conversazione viene esposta al pubblico, senza una riflessione sul danno che può arrecare, si alimenta una cultura della superficialità, dove l’errore viene punito pubblicamente anziché corretto in modo costruttivo. Ma è davvero questo il tipo di mondo digitale che si vuole costruire? Un mondo dove l’informazione è condivisa senza filtri, ma a quale costo? Condividere screenshot è libertà o prevaricazione?
Il ruolo delle aziende nella protezione della privacy digitale
La reputazione, oggi spesso determinata da ciò che si vede online, è cosa molto delicata. Condividere screenshot ed esporre pubblicamente elementi appartenenti ad un altro individuo, anche senza il suo consenso, non solo può danneggiare la sua immagine, ma alimenta la cultura del giudizio rapido e superficiale. E questa casistica riguarda molto da vicino le aziende, o i loro portavoce/dipendenti addetti alla selezione del personale, che sempre più spesso si lasciano andare a condivisione di materiale ai limiti della violazione della privacy – e del buon gusto.
Condividere screenshot con un errore in una candidatura o una frase mal formulata durante un colloquio, ad esempio, potrebbe sembrare una scelta innocente, ma in realtà può configurarsi come una violazione della privacy.
“Oggi ci è arrivata una candidatura che…beh, guardate voi stessi e giudicate: è così che si scrive una mail? Una lettera di presentazione scritta in questo modo, vi dà zero possibilità di essere richiamati per un colloquio, sappiatelo!” e, a seguire, lo screenshot della lettera/mail in questione.
Le aziende che pubblicano questi contenuti rischiano di compromettere la fiducia che i dipendenti e i candidati ripongono in loro. La lezione che si manda, purtroppo, non è educativa ma punitiva.
Le aziende, da parte loro, hanno una responsabilità ancor più grande quando si tratta di proteggere la privacy dei propri dipendenti, candidati e clienti. Se da un lato la trasparenza e il feedback sono elementi fondamentali per il miglioramento dei servizi, dall’altro è necessario capire che la condivisione di informazioni private senza un reale valore educativo o costruttivo non fa altro che contribuire alla cultura del “tutto e subito”. La vera trasparenza è quella che promuove il dialogo e la crescita, non la gogna digitale.
Condividere screenshot: il confine tra educazione e derisione
Quando si parla di feedback pubblici, è essenziale mantenere un equilibrio tra il desiderio di condividere un’osservazione e il rispetto per la persona coinvolta. Si può criticare un errore, ma sempre in modo costruttivo, evitando di trasformarlo in un motivo di scherno. È importante ricordare che, se la pubblicazione di un contenuto può essere vista come un modo per correggere, informare o stimolare un dibattito, farlo senza il consenso delle persone coinvolte spesso significa oltrepassare il limite.
Questa pratica di condividere screenshot non riguarda solo il mondo del lavoro: non è difficile imbattersi anche in conversazioni private tra utenti o immagini personali, condivisi per ottenere visibilità o per far leva sull’effetto “sensazionalismo”. Ma, dietro questa apparente innocenza, c’è un serio problema di rispetto della privacy e dell’etica digitale. Ogni volta che si condivide qualcosa che riguarda la vita privata di una persona senza il suo consenso, si violano diritti fondamentali di riservatezza e dignità, anche quando si omettono dati sensibili.
Una pericolosa normalizzazione
La normalizzazione di un comportamento reiterato è dietro l’angolo. Condividere screenshot di conversazioni private, schermate catturate di candidati o messaggi personali sembra essere diventato un atto quotidiano, considerato addirittura “parte del gioco”. Quando si solleva il problema o si fa notare che queste pratiche violano la privacy e l’etica, spesso si viene tacciati di “troppa serietà”. È come se, nei contesti del “tutto e subito” e del consumo veloce di qualunque materiale, il rispetto per i confini e la privacy altrui fosse ormai un concetto obsoleto. Questo atteggiamento non solo sminuisce il valore della privacy, ma contribuisce a un’ulteriore desensibilizzazione collettiva: si è così abituati a vedere questi atti di condivisione che vengono considerati ormai parte integrante della vita online. Anzi, spesso senza di essi un fatto raccontato non è reale.
Ma, fermandosi un attimo a riflettere, dovrebbe essere d’obbligo chiedersi: cosa resta dell’umanità e del rispetto reciproco se ogni aspetto della vita diventa “condivisibile” per il semplice scopo di intrattenere o ottenere qualche like?
Proteggere la privacy nel mondo digitale
La privacy è un valore fondamentale che non va mai dimenticato, nemmeno nel mondo digitale. Non tutto ciò che si riceve in privato, che siano da parte di candidati, clienti o amici, deve essere esposto al pubblico. Condividere screenshot di una conversazione privata può sembrare innocuo, ma la realtà è che questa azione può minare la fiducia e danneggiare la reputazione altrui. Come società digitale, si dovrebbe esser chiamati a fare uno sforzo per tornare a riflettere prima di agire, considerando se davvero ciò che si condivide ha un valore positivo o se si sta, semplicemente, partecipando alla deriva della società della pubblica gogna.
La domanda è: quanto le persone sono consapevoli delle implicazioni di queste azioni? Se una volta si sarebbe evitato di pubblicare un messaggio ricevuto, oggi sembra quasi inevitabile fare uno screenshot e condividerlo sui social. Ma che cosa si sta davvero comunicando quando si fa questo? E che tipo di cultura si sta alimentando quando, pur di “divertirsi” o di apparire più trasparenti, si mette in pubblica piazza la vita altrui?
Questa riflessione si fa ancora più urgente quando, nel contesto delle aziende, ci si trova sotto al naso post con candidature, colloqui e conversazioni private condivise tramite screenshot. La tendenza a voler dimostrare la propria “superiorità” o l’appartenenza a un gruppo esclusivo di “esperti” non giustifica la diffusione di contenuti privati.
Ed è qui che il limite diventa davvero sottile: condividere un messaggio mal scritto o un errore di un candidato per insegnare qualcosa può sembrare utile, ma in realtà è un atto che può danneggiare irreparabilmente le persone coinvolte, nonché l’azienda.
Condividere screenshot: cosa dice la legge?
In Italia, la protezione della privacy è regolata dal Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 196/2003), che integra il Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR). Anche se i dati identificabili sono stati eliminati, la condivisione di contenuti privati può comunque configurare una violazione della privacy, in particolare se il contenuto è sensibile o se la pubblicazione danneggia la reputazione della persona coinvolta.
Inoltre, l’articolo 15 della Costituzione italiana stabilisce che “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”, principio che si applica anche alle comunicazioni digitali.
Pertanto, anche in assenza di dati identificabili, la condivisione di screenshot di conversazioni private senza il consenso dell’interessato può comportare rischi legali significativi.
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