Caso Cambridge Analytica: come si gestisce il consenso?

Caso Cambridge Analytica: come si gestisce il consenso?

Il caso Cambridge Analytica, che ha coinvolto la piattaforma social Facebook, è stato uno dei maggiori scandali politico-tecnologici del nuovo secolo, svelando la fragilità dei dati personali e il loro potenziale uso per la manipolazione dell’opinione pubblica.

Le tappe chiave dello scandalo Cambridge Analytica

Data Evento chiave
2013 Nasce Cambridge Analytica come società di comunicazione e analisi dati.
2014 Aleksandr Kogan crea l’app “thisisyourdigitallife” e raccoglie dati da milioni di utenti Facebook.
2015-2016 La società usa i dati raccolti per le campagne della Brexit e per l’elezione di Donald Trump.
Marzo 2018 L’informatico Christopher Wylie svela lo scandalo attraverso inchieste del Guardian e del New York Times.
Aprile 2018 Mark Zuckerberg testimonia davanti al Congresso degli Stati Uniti.
Maggio 2018 Cambridge Analytica dichiara bancarotta e cessa le operazioni.

Cos’era Cambridge Analytica

Cambridge Analytica nasce come società di consulenza e comunicazione nel 2013. Era una compagnia inglese specializzata nella raccolta e analisi di dati per finalità di profilazione psicografica, applicata principalmente a campagne politiche ed elettorali. Nel corso del tempo ha lavorato a diverse campagne, tra cui quella del senatore repubblicano Ted Cruz e, nel 2016, quella che ha portato alla vittoria di Donald Trump. La società ha avuto un ruolo importante anche nella campagna a favore della Brexit.

Come è avvenuta la raccolta dei dati? Il ruolo di Facebook

La raccolta dei dati non è avvenuta tramite generici quiz, ma attraverso un meccanismo specifico. Nel 2014, l’accademico dell’Università di Cambridge Aleksandr Kogan creò un’app-quiz per Facebook chiamata “thisisyourdigitallife“. Circa 270.000 utenti la scaricarono, fornendo il consenso ad accedere ai loro dati personali. Il problema cruciale era che, all’epoca, le policy di Facebook permettevano a queste app di raccogliere non solo i dati di chi usava l’applicazione, ma anche quelli di tutti i suoi amici. Sfruttando questa falla, Kogan raccolse i dati di decine di milioni di utenti, per poi venderli illecitamente a Cambridge Analytica, violando le regole di Facebook. In questo modo la società ottenne profili psicologici, interessi, hobby e reti di amicizie senza il consenso degli interessati.

Lo scandalo, il processo e le conseguenze

Nonostante diverse denunce, lo scandalo esplose nel marzo 2018, quando l’ex dipendente e informatico Christopher Wylie fece da talpa, rivelando l’intera operazione a testate come The Guardian. Wylie ammise che la società aveva usato quei dati per creare profili psicologici degli elettori e manipolarne il pensiero con messaggi politici mirati, fake news e bot per screditare l’avversaria di Trump, Hillary Clinton.

Durante il processo, il CEO della società negò le accuse, ma Wylie presentò prove schiaccianti, inclusi contratti e comunicazioni interne. Coinvolto nello scandalo, Mark Zuckerberg si presentò nel 2018 davanti al Congresso degli Stati Uniti e poi al Parlamento Europeo. Ammise di essere a conoscenza della violazione dal 2015, di aver chiesto alla società di cancellare i dati (richiesta ignorata) e si assunse la responsabilità per la negligenza della sua piattaforma.

Le conseguenze furono pesanti: Cambridge Analytica, travolta dallo scandalo, fu costretta a chiudere nel maggio 2018. Facebook ha ricevuto sanzioni per miliardi di dollari, inclusa una multa record da 5 miliardi dalla Federal Trade Commission (FTC) statunitense, e ha dovuto rivedere profondamente le sue politiche sulla privacy e l’accesso ai dati da parte di app terze.

Fonte immagine: wikimedia commons

Articolo aggiornato il: 05/09/2025

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