Le mummie sono da sempre oggetto di studio di archeologi e scienziati e rappresentano la testimonianza di civiltà antiche ormai scomparse e dimenticate. Il processo di mummificazione, per quanto macabro, ci consente di scoprire quelle che sono le abitudini quotidiane, le malattie, gli usi e i costumi di antiche civiltà perdute permettendo all’essere umano di immergersi nel passato. Ecco le 3 mummie antiche più famose della storia, portatrici di una cultura millenaria.
1. Le 300 mummie di Xiaohe

Nel deserto di Taklamakan (più comunemente noto come “il mare della morte”) si erge un complesso di pali in legno conficcati stabilmente nel terreno. Questi segnalano la presenza del cimitero di Xiaohe (dal nome di un fiume ormai asciutto che scorreva lì vicino), sepolture secolari risalenti all’Età del bronzo. In questo luogo sono state rinvenute alcune delle mummie antiche più famose di sempre conservate in modo impeccabile, probabilmente grazie al clima secco dell’estate e gelido dell’inverno. Le condizioni di queste mummie sono così buone da presentare ancora i tratti del volto, addirittura su una di queste sono state rinvenute persino delle lunghe ciglia. Le mummie di Xiaohe sono tra le mummie antiche più famose della storia, esse infatti hanno riposato in pace in queste terre per circa 4000 anni finché, nel 1910, un cacciatore locale si spinse all’interno del deserto e trovò questo complesso di pali di legno. Inizialmente non diede peso alla sua scoperta tuttavia, poco dopo, la sua attenzione fu catturata dalla presenza di alcune ossa umane e manufatti rinvenuti in quella zona. Si rese conto di essere arrivato in un luogo infestato e decise che non si sarebbe mai più avvicinato a quel cimitero, e non lo fece neanche quando l’archeologo svedese Folke Bergman gli chiese di fargli da guida.
Dopo aver ricevuto le indicazioni per arrivare al vecchio cimitero, Bergman si rese conto di aver trovato un reperto dall’inestimabile valore. L’uomo, per poter condurre analisi e studi più approfonditi, portò con sé in Svezia circa 200 manufatti. Le tombe contrassegnate da pali di legno, contenevano bare all’interno delle quali venivano adagiati i corpi mummificati avvolti in pelle di bue. All’interno delle tombe inoltre sono state rinvenute ceste contenenti cereali, grano, archi e frecce (nelle sepolture maschili), sculture di vario tipo e persino piccoli animali. La particolarità di queste mummie sta nel fatto che le persone sepolte non sembrano avere origini orientali, bensì occidentali. Attraverso l’analisi del DNA è stato scoperto che i geni materni provenivano da popolazioni sia occidentali sia orientali, mentre quelli paterni erano esclusivamente occidentali. Ad ogni modo, il cimitero di Xiaohe è innegabilmente un luogo estremamente suggestivo e a tratti inquietante.
2. le mummie di Llullaillaco

Queste mummie, note anche con il nome di “bambini di Llullaillaco” vennero rinvenute nel 1999 nelle montagne dell’Argentina da un esploratore chiamato Johan Reinhard durante una spedizione scientifica nei pressi del vulcano Llullaillaco il quale, essendo un luogo estremamente freddo e secco, favorisce la conservazione dei corpi. In seguito ai numerosi studi che sono stati condotti su queste mummie, è stato scoperto che questi 3 poveri bambini incas furono vittime di un rituale sacrificale (chiamato Capacocha) in cui solitamente i bambini venivano offerti agli dèi come tributo. In questa regione, in realtà, sono stati rinvenuti molti altri bambini mummificati, tuttavia queste mummie hanno colpito maggiormente la comunità scientifica per il loro stato di conservazione impeccabile: organi interni intatti, capelli ancora integri e tracce di sangue nei cuori.
All’interno dei corpi dei bambini sono state rinvenute anche tracce di sostanze come coca e alcol, probabilmente utilizzate per destabilizzare queste povere anime prima di sottoporle al rituale. La ragazza più grande (soprannominata ” La Doncella”) sembrava avere circa 15 anni nel momento in cui venne sacrificata agli dèi. Tra tutti è quella che si è conservata meglio, abbiamo poi La “Niña del Rayo” di 6 anni e “El Niño” di 7 anni. L’aspetto più sorprendente e toccante è che questi piccoli corpi mummificati sembrano essere dei bambini addormentati pronti a svegliarsi da un momento all’altro, tuttavia la loro storia nasconde particolari struggenti. Ad oggi le mummie di Llullaillaco rientrano tra le mummie più antiche della storia e sono state esposte al Museo di Archeologia di Alta Montagna (MAAM) di Salta, in Argentina. L’esposizione dei corpi ha generato molti dibattiti soprattutto tra le comunità indigene, esse sono contrarie all’esposizione delle mummie in quanto ritengono che questa sia una profanazione spirituale e credono che i corpi dovrebbero essere riposti nel luogo sacro a cui appartengono.
3. La mummia del monaco Liu Quan, il Buddha vivente

Il monaco Liu Quan (maestro di meditazione cinese) che visse nel XII secolo d.C. nella Cina meridionale, venne rinvenuto mummificato seduto nella posizione del loto all’interno di una statua del Buddha che sembrava essere stata costruita in modo tale da adattarsi perfettamente alla forma del suo corpo. Lo scheletro del monaco è stato rinvenuto durante un restauro dove, in seguito a una scansione effettuata alla statua del Buddha, venne ritrovato uno scheletro umano nella classica posizione da meditazione. La comunità scientifica, sconvolta per la scoperta, decise di sottoporre la mummia ad una serie di analisi e scoprì che il corpo del monaco non presentava organi, che sembrano essere stati sostituiti con estratti di manoscritti cinesi. È probabile che il monaco abbia deciso autonomamente di sottoporsi alla pratica dell’auto-mummificazione, un processo lungo ed estenuante maggiormente diffuso in Giappone.
Questa pratica consisteva in una dieta molto lunga in cui il monaco doveva nutrirsi solo di semi e noci evitando qualsiasi altro tipo di cibo, in modo tale da ridurre al minimo la presenza di grasso corporeo. Successivamente veniva introdotto all’interno della dieta un tè velenoso che induceva vomito e perdita di fluidi corporei rendendo il corpo troppo velenoso per essere divorato da insetti e batteri. Il monaco successivamente, ancora in vita, veniva collocato all’interno di questa statua a forma di Buddha leggermente più grande del suo corpo in cui era presente solo una camera d’aria e un tubo per respirare.
Da questo momento, un altro periodo di lunga agonia caratterizzava la vita di questi Buddha viventi, veniva data loro una piccola campana da utilizzare quotidianamente per segnalare di essere ancora vivi. Quando il campanello smetteva di suonare (segnalando la morte del monaco), la statua del Buddha veniva sigillata e dopo 100 giorni la tomba veniva aperta per controllare che il monaco si fosse mummificato correttamente. Senza ombra di dubbio questo rituale di auto-mummificazione è una pratica estremamente macabra e disturbante, tuttavia ha permesso ad alcuni monaci di trasformarsi effettivamente in dei Buddha viventi e attualmente, molti di questi, vengono venerati come veri e propri Buddha.
Fonte immagine in evidenza. Freepik