Pezzeculiar: l’Italia promuove la sostenibilità ad Haiti

Pezzeculiar è una singolare Start-up, divenuta da poco vero e proprio marchio di abbigliamento, ideata dalla giovane italiana Valentina Sardella, originaria di Orta Nova, che sta letteralmente sconvolgendo i pregiudizi riguardanti l’uso di materiali riciclati, celebrando il connubio tra capi usati e tailleur: sì, perché la prima innovazione del progetto, in piena adesione ai concetti di commercio equosolidale ed ecosostenibile, sta proprio nella tipologia di capi, nati dalle sapienti mani di giovani artigiane locali, a partire da abiti usati o dismessi, convertiti in disegni accattivanti, consegnati a nuova vita e reintrodotti sul mercato, con impatto ambientale minimo e risultati originali; inoltre, a rendere questa avventura ancora più speciale, sta l’idea di realizzarla a Petionville, quartiere di Port au Prince, capitale di Haiti, il piccolo paese caraibico che, dopo il terribile terremoto del 2010 e la conseguente epidemia di colera, prova ora a ricostruire un nuovo futuro nuovo, tra mille problemi, follie e speranze, vissute quotidianamente dalla popolazione locale.

Come nasce il progetto e marchio “Pezzeculiar”

Valentina ha iniziato a considerare il concetto nel novembre del 2016, benché non rientrasse nel campo della sua formazione professionale: laureata in Scienze Politiche all’Università “L’Orientale” di Napoli, ha svolto diverse esperienze con agenzie di sviluppo nell’ambito della cooperazione internazionale, lavorando dapprima per una ONG in Niger, poi per l’Unione Europea nel settore migrazione, occupandosi di produrre opportunità di lavoro per i migranti; tuttavia, frustrata dal lavoro d’ufficio che la allontanava dalla realtà concreta della popolazione locale e avvertendo i limiti dell’istituzione comunitaria, burocratizzata e legata a eccessive normative, ha deciso di voltare pagina, alla ricerca di un progetto maggiormente tangibile, ecologico e creativo, sviluppando un’idea slegata da qualsiasi pantano burocratico, che arrivasse in modo diretto al beneficiario. Così, trovandosi casualmente ad affrontare la problematica dell’enorme quantità di rifiuti prodotta dal mercato della moda, e riflettendo su tali negativi risvolti capitalistici percepibili anche ad Haiti – dove oggi vive con il compagno e i suoi due figli, in una realtà caratterizzata da vere e proprie catene di schiavitù basate sullo sfruttamento disumano della manodopera a basso costo -, è stata come “folgorata” dall’idea di lavorare con i vestiti di seconda mano, trattandosi di una materia prima estremamente accessibile: «Penso che sia stata l’incredibile energia creatrice e artistica che trabocca da questo paese a contagiarmi. Ho sempre adorato gli abiti, anche se non sono una che spende tanti soldi per questo», ha dichiarato Valentina alla rivista francese Challenges, alla quale riferisce anche il senso della misura e il buon occhio per i prodotti sartoriali, che le sono stati trasmessi dalla nonna.

È proprio a Haiti che nasce la collaborazione con l’Acadèmie “Verona”, da anni in crisi a causa del massiccio calo di iscrizioni e della crisi economica. Così Valentina spiega al portale d’informazione Il Megafono: “Investendo una somma di denaro, ho assunto due sarte diplomate in questa scuola, affinché mi aiutassero a concretizzare la mia idea. La boutique e il laboratorio di produzione sono proprio all’interno di questa sede, in modo da creare una dinamica di sviluppo anche per la scuola. Con l’aiuto di Clara, una ragazza francese che lavorava già nella produzione di borse e scarpe, sono riuscita ad avere una mano esperta nel settore della moda, molto lontano dalle mie attitudini e capacità professionali”. L’Acadèmie, dunque, è diventata in poco tempo il luogo che ha visto e consentito al progetto di prendere concretamente forma, grazie anche all’amicizia e ai saggi consigli della sua promotrice, madame Pèricles. In tal modo, attraverso il suo marchio, Valentina sta rivitalizzando l’Istituto, un tempo rinomato, organizzando conferenze per attirare personaggi influenti del mondo della moda e occupandosi, al contempo, di fornire agli allievi dei corsi di storia della moda e di spagnolo. «Non si tratta di una produzione industriale, ma di valorizzazione del “savoir faire” e di un ritorno a una produzione più umana, dove la persona riflette e agisce», continua la sua ideatrice. Riguardo agli obiettivi, Pezzeculiar mira ad un mercato equo ed ecologico, nel quale le persone abbiano a cuore l’ecologia e sappiano apprezzare un lavoro artigianale ben fatto.

“Pezzeculiar” è una risposta alternativa a una società consumistica

Il suo progetto, insomma, intende esaltare la creatività e soprattutto porsi come risposta alternativa a una società consumistica, che sta purtroppo disimparando a valorizzare il lavoro artigianale, con tutta la bellezza delle sue imperfezioni e la sua unicità. Anche i prezzi delle creazioni mirano ad essere accessibili (tra i 40 e i 140 dollari), in modo da consentire di abbracciare le differenti classi sociali di Haiti. «Il concetto cardine di tutto questo progetto, infatti, è quello di dare continuità ad un’idea che porti un cambiamento concreto al tenore di vita della popolazione locale, a differenza di tutte quelle misure pensate dalle istituzioni comunitarie, che si dimostrano inefficaci e sempre più lontane delle esigenze particolari». Auspicando che i preziosi concetti di riuso e riciclo riescano, nel tempo, a permeare sempre di più anche la nostra cultura italiana, porgiamo un caloroso augurio alla talentuosa Valentina per il suo coloratissimo progetto. 

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A proposito di Adele Migliozzi

Laureata in Filologia, letterature e civiltà del mondo antico, coltivo una grande passione per la scrittura e la comunicazione. Vivo in provincia di Caserta e sono annodata al mio paesello da un profondo legame, dedicandomi con un gruppo di amici alla ricerca, analisi e tutela degli antichi testi dialettali della tradizione locale.

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