Red Dead Redemption II è molto più che un bel videogioco

Red Dead Redemption II

C’è chi afferma che i videogiochi non possano essere considerati una forma d’arte: evidentemente, queste persone non hanno mai avuto a che fare con Red Dead Redemption II.

Il prequel di Red Dead Redemption, sviluppato da Rockstar Game e uscito nel 2018, gode di ottima fama tra gli appassionati del mondo videoludico, in particolar modo tra chi ama i videogiochi di genere open world: nelle prime due settimane di uscita sono state stimate 17 milioni di copie vendute, superando, in soli quattordici giorni, il quantitativo di vendite totali del suo predecessore. E il suo valore è stato confermato dall’accoglienza ottenuta dalla critica: RDR II ha ottenuto 8 nomination ai Game Awards 2018, portandosi a casa ben 4 trofei –  Miglior Comparto Narrativo, Miglior Accompagnamento Musicale, Miglior Audio Design e Miglior Performance per Roger Clark, che ha dato voce al protagonista Arthur Morgan.

A distanza di anni dalla sua uscita, il successo di questo titolo continua ad essere inarrestabile: a febbraio 2022, Red Dead Redemption II si è guadagnato il titolo di videogioco più acclamato per Xbox One e PlayStation 4, e il noto sito statunitense Metacritic lo ha inserito al primo posto nella classifica dei migliori videogiochi di tutti i tempi.

Insomma, questo action-adventure a tema western ha sicuramente ottenuto dei grandi riconoscimenti nel mondo dell’intrattenimento, ma non è solo in ambito puramente videoludico che Red Dead Redemption II può essere considerato un colosso.

Red Dead Redemption II è molto più che un bel videogioco, è un capolavoro a tutto tondo, con una trama, una fotografia ed una caratterizzazione dei personaggio che nulla hanno da invidiare a parecchi prodotti cinematografici: andiamo a vedere nel dettaglio i suoi punti di forza.

Una storia che sa coinvolgere e sconvolgere

La storia si apre nel 1899, con la banda di Dutch van der Linde in fuga, a seguito di una rapina a un battello fallita. Il videogiocatore si muove attraverso il personaggio di Arthur Morgan, braccio destro di Dutch e protagonista principale della storia. A coloro che si approcciano a Red Dead Redemption II dopo aver giocato il suo predecessore, il nome di Dutch non risulterà di certo nuovo: egli è, infatti, il principale antagonista in Red Dead Redemption. Familiari saranno anche i volti di John Marston, protagonista del primo gioco, della compagna Abigail e del figlio Jack, oltre ai nomi di alcuni dei banditi, che in RDR vengono presentati come ex membri della banda di van der Linde. Insomma, i conoscitori della saga possono provare a immaginare come andrà a finire: ci sarà un qualcosa che porterà ad una divisione, uno scioglimento del gruppo. Nonostante l’effetto sorpresa sia leggermente attutito, si presentano ugualmente parecchi interrogativi: come avverrà questa divisione? Che ne sarà degli altri membri della banda? E, soprattutto, chi è Arthur Morgan e come mai non viene mai nominato da John nel corso di Red Dead Redemption?

La narrazione prosegue attraverso un susseguirsi di azioni e colpi di scena. Le peripezie di Arthur e dei suoi compagni si svolgono in un costante stato di tensione, con la consapevolezza che il pericolo sia sempre dietro l’angolo, tra gli agenti federali e le bande rivali alle costole, e la percezione che possano esserci anche nemici interni al gruppo stesso, cosa che metterà spesso a rischio l’unità della banda. Le vicende narrate sono in grado di coinvolgere e spiazzare il videogiocatore, che non saprà se scegliere di andare avanti velocemente con la trama principale, divorato dalla curiosità di sapere cosa succederà, o esplorare quanto più possibile l’infinito open world in cui è immerso il gioco e svolgere tutte le missioni secondarie, approfondendo ulteriormente la storia. Tutti gli interrogativi trovano una loro risposta, senza lasciare buchi di trama che provocherebbero incongruenze rispetto a quanto narrato nel precedente capitolo della saga.

Il racconto dell’avventura di Arthur Morgan è curato nei minimi dettagli, affermandosi come una delle storie meglio illustrate di sempre in un videogioco (se non la migliore in assoluto), e mostrando di non avere nulla da invidiare, in termini di originalità, caratterizzazione dei personaggio e capacità di intrattenimento, a parecchie storie presenti in prodotti di ambito cinematografico o televisivo. Le vicende narrate sono così coinvolgenti da tenere il videogiocatore con il fiato sospeso fino alla fine: nonostante occorrano all’incirca cinquanta ore per il completamento della sola trama principale, non si percepisce la presenza di momenti morti o di episodi che si svolgono in maniera eccessivamente lenta.
A rendere ancora più appassionante l’esperienza di gioco, si aggiunge un’ottima costruzione dei personaggi principali: attraverso gli occhi di Arthur impariamo a conoscere i membri della banda, e la perfetta caratterizzazione di ciascuno di essi fa sì che sia impossibile non affezionarsene.

Ma qual è il ruolo del giocatore nello sviluppo della trama? Ad esso viene data la possibilità di dare il giusto contributo alla narrazione: abbastanza da far sì che le sue azioni e le sue scelte siano rilevanti all’interno della storia e nella caratterizzazione del protagonista, ma irrilevanti nello stabilire il modo in cui l’avventura di Arthur, di John e della banda di Van der Linde andrà a finire.

La filosofia di Arthur Morgan

In un’opera così attenta alla caratterizzazione dei propri personaggi, non poteva che essere riservata una cura speciale alla costruzione del protagonista principale. Doppiato da Roger Clark, Arthur Morgan è considerato, sia dalla critica che dal pubblico, uno dei migliori personaggi mai creati all’interno di un videogioco.
Sebbene la personalità di Arthur vari a seconda delle scelte che il videogiocatore attua muovendo il personaggio, le peculiarità alla base del suo essere rimangono immutate e ben visibili, a prova dell’ottimo lavoro di caratterizzazione che è stato fatto nella costruzione di questo personaggio. Nonostante questi risulta, a primo impatto, come il classico fuorilegge freddo e spietato, che si rivolge al prossimo in toni ostili e sarcastici, Arthur mostra presto di avere una propria etica, di seguire una certa linea morale e un personale codice d’onore. Egli ripudia la vendetta e la violenza non necessaria, non prova piacere nell’uccidere o nell’infliggere dolore; risulta, in aggiunta, piuttosto progressista per i canoni dell’epoca, opponendosi al razzismo ed alla discriminazione subita dalle donne. Inoltre, l’uomo prova un forte senso di attaccamento e di lealtà nei confronti della propria banda, e in particolar modo di Dutch, colui che lo ha accolto e cresciuto, di cui è il braccio destro e che considera come un padre. Ed è proprio quando questa lealtà nei confronti di Dutch inizia a vacillare che Arthur si mostra come un uomo a tutto tondo, un uomo tormentato, combattuto tra la propria etica personale e la lealtà nei confronti di un uomo che non sembra più essere quello che credeva di aver sempre conosciuto.
Il punto di svolta avviene quando il protagonista scopre di essere affetto da tubercolosi: realizzando di non avere più nulla da perdere, essendo destinato a morire a breve, e al contempo non sentendosi più costretto a sottostare allo stile di vita che gli era stato imposto da Dutch, Arthur può scegliere se vivere quel che resta della propria esistenza inseguendo il proprio concetto di onore, alla ricerca di una sorta di redenzione, o se abbandonarsi alla violenza e all’indifferenza verso il prossimo. E a gestire questa situazione è il giocatore, a cui spetta la decisione riguardo quale di queste due strade far percorrere ad Arthur: quella dell’onore o quella del disonore. Nonostante la totale libertà del videogiocatore nello scegliere come sviluppare la personalità di Arthur, è intuibile che una di queste due strade sia pensata come più canonica e coerente con la scrittura del personaggio.

C’è da aggiungere, poi, che Arthur Morgan non sia un personaggio che si limita ad essere: egli riflette spesso su se stesso. Molti dei dialoghi di cui è protagonista lasciano spazio a profonde riflessioni, in cui l’uomo si interroga sul senso delle proprie azioni, sul proprio valore in quanto essere umano, sulle motivazioni della sua esistenza. Arthur è consapevole di non essere un uomo buono, nonostante venga talvolta definito in questo modo, ma si domanda se in qualche modo possa essere considerato tale, se sia possibile per lui cambiare e in che misura. Vi è una profonda introspezione che spinge anche il giocatore a riflettere, e inevitabilmente lo porta ad empatizzare con il personaggio, il quale diventa una figura incisiva e indimenticabile per chiunque abbia giocato Red Dead Redemption II.

Viaggiare attraverso l’open world

La mappa di gioco in cui si svolge Red Dead Redemption II è un vero e proprio capolavoro dal punto di vista della cinematografia e della fotografia. L’open world attraverso cui il giocatore può muoversi è praticamente infinito; vi è un’enorme presenza di maestosi scenari, la cui grafica è assolutamente realistica e curata nei minimi dettagli. Muovendosi attraverso la mappa, il giocatore ha come l’impressione di compiere un vero e proprio viaggio, con la possibilità di ammirare paesaggi mozzafiato, godere di tramonti suggestivi, percepire la tranquillità della natura durante una cavalcata tra i boschi. Sebbene si tratti di un gioco di cinque anni fa, RDR 2 ha posto uno standard di qualità nell’ambito degli open world che probabilmente ancora non è stato superato da nessun videogioco più recente.
Vi è inoltre la possibilità di continuare a muoversi nella mappa sempre: ogni zona è accessibile, e non ci sono ripercussioni sulla trama principale se si decide di mettere da parte le missioni obbligatorie per esplorare l’open world, desiderando di immergersi in tutti i meravigliosi scenari che questo può offrire. Ma il gioco offre anche la possibilità di continuare a percorrere la mappa di gioco all’infinito, anche dopo averlo terminato, per la gioia di coloro che non vedono l’ora di giungere al termine della storia e scoprire cosa succederà.

The many miles we walked…

Se tutto ciò che è stato detto fino ad ora non bastasse, ad accompagnare il viaggio di Arthur Morgan (e del giocatore, ovviamente) si unisce una colonna sonora magistrale. Il ritmo musicale si sposa perfettamente con l’ambientazione dell’Old West, mentre le parole che compongono i testi descrivono nella maniera più poetica possibile ciò che sta avvenendo all’interno della narrazione, assumendo a tratti l’aspetto di una profonda riflessione mossa dagli stessi personaggi.  Non a caso, a pochi giorni dall’uscita del videogioco, la soundtrack prodotta da Woody Jackson si è piazzata nella Top 50 degli album e nella Top 25 delle colonne sonore di Billboard, oltre ad aver fatto sì che RDR2 venisse premiato per il Miglior Accompagnamento Musicale ai già citati Game Awards del 2018.

Red Dead Redemption II è molto più che un bel videogioco: è un’esperienza completa, sotto diversi punti di vista. Imperdibile per gli appassionati del genere, ma perfettamente in grado di conquistare anche chi predilige altre forme di intrattenimento.

Fonte immagine in evidenza:  GameBlast

A proposito di Paola Cannatà

Studentessa magistrale presso l'Università degli studi di Napoli "L'Orientale". Le mie più grandi passioni sono i peluche e i film d'animazione Disney, ma adoro anche cinema, serie TV e anime (soprattutto di genere sci-fi), i videogiochi e il buon cibo.

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