Salute mentale sui social: guida alla consultazione delle pagine di psicologia

Salute mentale guida alla consultazione delle pagine social di psicologia

I social media non sono solo un’occasione di incontro con l’altro e un’opportunità per condividere ciò che accade nel mondo, ma anche un modo per accedere ad informazioni e materiale che altrimenti resterebbe precluso a molti. Parlare di salute mentale sui social vuol dire avere la possibilità di toccare tematiche spesso delicate e sulle quali il confronto è difficile. Ma non è semplice districarsi nel mare del sovraccarico informativo e dividere ciò che è utile da ciò che potrebbe essere potenzialmente dannoso.

Nel corso degli anni, che hanno visto una grande evoluzione delle piattaforme social, si è evoluta anche la trattazione di determinate tematiche. La salute mentale oggi è un argomento molto dibattuto, spesso un trend.
Non sono pochi gli account, in particolare su Instagram e Tiktok dedicati alla trattazione del mondo della psiche. Per la stessa ragione è difficile oggi districarsi nella rete, piena di account dedicati alla salute mentale e alla mente in generale: professionisti, studenti, studiosi, ma anche amatori e semplici simpatizzanti spesso si addentrano nella materia e condividono materiale inerente. Non sempre, però, tali pagine e contenuti propongono materiale d’aiuto, anzi, spesso fruire di determinati contenuti può essere molto deleterio e mettere in pericolo la salute delle persone.
È necessario, quindi, selezionare con cura il materiale di cui si dispone e distinguere gli account che trattano di salute mentale sui social in modo sano da quelli potenzialmente dannosi. Questa vuole essere una breve guida in tal senso.

Salute mentale sui social: da Freud alle sedute online

L’immagine di una persona stesa sul lettino con il terapeuta che gli parla alle spalle appartiene ormai all’immaginario cinematografico, o ad un tempo molto lontano. L’immagine dello psicoterapeuta come figura avvolta dal mistero che “esiste” solo nel suo studio e con il quale non è pensabile intrattenere rapporti personali, si è evoluta. Oggi è possibile trovare psicologi e psicoterapeuti anche sui social che, attraverso le loro pagine dedicate alla salute mentale, condividono contenuti con i propri follower e sono rintracciabili e consultabili ad ogni ora del giorno e della notte e non solo nell’ambito della propria seduta settimanale.
Oggi la salute mentale è sulla bocca di tutti, anzi, sullo schermo del cellulare di tutti.
Grazie ai social è possibile accedere liberamente a contenuti e guide inerenti la salute mentale che spesso possono risultare anche molto utili.
Effettivamente, leggere e fruire di certi contenuti online può avere un che di “terapeutico” per chi è in cerca di risposte: aiuta le persone a capire di più i propri sentimenti, le emozioni e le relazioni. Ma più di ogni altra cosa aiuta a non sentirsi soli nella sofferenza o gli unici a provare un determinato disagio. La salute mentale sui social è una manna, se trattata nel modo corretto.
Ma, guardandosi rapidamente intorno, nella propria timeline si può facilmente notare come le tematiche “psicologiche” stiano letteralmente invadendo il web.
Si rende necessaria una guida per orientarsi nell’enorme mare dei contenuti che hanno come fulcro la salute mentale. Come si decide se un account è attendibile oppure no? Quali sono le pagine da evitare e perché? Ecco alcuni punti di riferimento per orientarsi nella scelta e acuire l’osservazione critica.

Chi gestisce la pagina?

Prima di fruire di contenuti proposti da una pagina che tratta di salute mentale sui social, è necessario domandarsi chi la gestisce. La persona dietro la pagina posta col suo vero nome? È riconoscibile?
Spesso sono persone che condividono anonimamente informazioni, frutto di ricerche su internet o di esperienze personali che, quindi, non sempre sono attendibili. È necessario assicurarsi che chi parla di salute mentale ci metta “la faccia”, dia cioè dei riferimenti su se stesso. È bene non fidarsi di chi si nasconde dietro un nickname, potrebbe dare informazioni fuorvianti e mettere in pericolo la salute di chi legge. Anche se si empatizza con ciò che la persona condivide, è bene restare lucidi e non lasciarsi coinvolgere prima di aver scoperto chi è la mente dietro l’account.
Se la persona invece si presenta con nome e cognome, bisogna cercare informazioni su di lei e accertare la sua identità. A che titolo parla? È iscritta a un Ordine professionale?

Operatori della salute mentale, counselor e coach

I social hanno dato modo ai professionisti di farsi conoscere oltre il proprio studio, ma allo stesso tempo hanno dato anche una grande mano all’esercizio abusivo della professione.
Non è difficile imbattersi in pagine di professionisti improvvisati che parlano di psicologia e salute mentale dispensando consigli, vendendo consulenze e spesso veri e propri percorsi di psicoterapia. Se è vero che la cultura psicologica può essere alla portata di tutti, chiunque si improvvisi “guida psicologica” senza essere un professionista abilitato e regolarmente iscritto all’Ordine, è nell’esercizio abusivo della professione. Cosa ancor più grave è che queste persone non possiedono gli strumenti giusti per trattare il delicato campo delle sofferenze psichiche e potrebbero creare gravi danni in chi si affida a loro.

La voce dell’esperienza

Non di rado è possibile imbattersi in persone che parlano di salute mentale sui social dal punto di vista di “pazienti”. Sono persone che hanno seguito o seguono una psicoterapia e quindi ne parlano sulla loro pagina, condividendo i propri vissuti. È frequente che diano consigli e suggerimenti ai propri lettori su come affrontare i dolori e le avversità della vita. È facile empatizzare con queste persone, poiché parlano di sofferenze che riguardano molte persone e incoraggiano il rispecchiamento. Ma attenzione, anche se ci si rivede nelle loro esperienze, è sempre bene non perdere di vista il confine che divide le persone: loro parlano della loro esperienza, che non necessariamente è quella altrui, nonostante possa essere molto simile. Anche se la loro attività social è a fin di bene, non bisogna farsi trascinare dall’empatia e agire guidati dall’emotività.

Salute mentale e marketing

È normale che un professionista della salute mentale (Psicologo, Psicoterapeuta, Psichiatra) che usa i social media lo faccia anche per autopromuoversi e presentare la propria professione: servizi di consulenza, corsi, libri, sono solo alcuni dei contenuti che è possibile “acquistare” in questo ambito.
Questo vuol dire che spesso tali professionisti condividono materiale e suggerimenti a titolo gratuito, che possano fungere da “assaggio” dei loro servizi in modo che, se una persona è interessata, contatterà poi il professionista per i suoi servizi. Fa parte del circolo della fiducia: utilizzare i social per parlare di salute mentale è una buona occasione anche per i professionisti per farsi conoscere dal grande pubblico del web. 
Cosa diversa, invece, è pubblicare contenuti al solo scopo di vendere prodotti. Se la persona o il professionista in questione, ad esempio, pubblica contenuti sempre correlati all’acquisto di libri o prodotti (in modo particolare di altre persone o di brand specifici) è molto probabile che li stia sponsorizzando sotto compenso. È una scelta rispettabilissima, ma esula dalla cura delle persone, quindi è un campanello d’allarme.

La salute mentale sui social tra narcisismo e rapporti tossici

Molti psicologi e psicoterapeuti, per entrare in contatto con le persone e farsi capire, utilizzano un linguaggio non clinico e talvolta molto semplificato. È molto frequente, specialmente su Instagram e TikTok, trovare professionisti della salute mentale che fanno leva su argomenti quali “narcisismo” e “relazioni tossiche” servendosi di una terminologia comune e di un linguaggio di facile comprensione, vantando anche un discreto numero di follower e like.
Trattano, ad esempio, il tema della “personalità narcisistica” equiparandola a quei partner che adottano condotte ingiuste nei confronti delle compagne e danno consigli su come riconoscere le relazioni tossiche e uscirne. Questo, però, è un campanello d’allarme, poiché significa parlare di salute mentale sui social secondo stereotipi e semplificazioni. 
Portare, ad esempio, le donne a riconoscere i propri partner come “narcisisti” grazie a descrizioni ed elenchi di caratteristiche stilate in un post su Instagram, può essere molto deleterio, in quanto banalizza le dinamiche psichiche e semplifica troppo le relazioni, che invece andrebbero indagate caso per caso.
Semplificare le condizioni patologiche e infarcire i post di termini che oggi vanno molto di moda sul web, svilisce le sofferenze e toglie il vero significato alle parole e alle condizioni stesse.
L’Ordine degli Psicologi del Lazio, infatti, mette in guardia i professionisti dall’uso smodato di gerghi e linguaggio non professionale al mero scopo di attirare pubblico.

La critica agli altri professionisti

Non esiste un solo tipo di psicoterapia e di psicologia, ma diversi approcci e modelli, ognuno con una propria validità e peculiarità. Il Codice Deontologico degli Psicologi richiede ai professionisti di non screditare in alcun modo i colleghi e gli altri approcci. È possibile avvalorare le proprie tesi, certo, ma non a discapito altrui. E parlare di salute mentale sui social non solleva nessuno da questo obbligo.
Sui social, però, è molto frequente imbattersi in persone che trascorrono il tempo screditando o deridendo gli altri e purtroppo i professionisti non sono immuni da tale pratica. Non di rado, infatti, ci si imbatte in esperti in determinati settori che screditano i colleghi o i competitor per avvalorare le proprie tesi.
Non è ammissibile che un professionista della salute mentale tenga una simile condotta: in guardia da queste figure, non trasudano professionalità!

Promuovere la diagnosi

Un’altra tipologia di pagine da cui bisogna ben guardarsi quando si parla di salute mentale sui social, è quella che incoraggiano le persone a farsi auto-diagnosi. Post e contenuti del calibro di “se hai queste 5 cose sei depresso”, “10 modi per affrontare un calo della libido col tuo partner” oppure “come riconoscere un partner narcisista” sono delle ipersemplificazioni che inducono le persone ad auto-diagnosticare condizioni e patologie a se stesse e agli altri. Chi fruisce di materiale inerente la salute mentale sui social, molto probabilmente è in cerca di risposte e sta attraversando un periodo non facile, quindi è maggiormente esposto al rischio di rispecchiamento.
Le persone, per loro natura, cercano sempre categorie entro cui inquadrare se stesse e gli altri, nonostante affermino il contrario. È molto facile, quindi, cercare e trovare sicurezza nell’auto o etero-attribuzione di condizioni. Scoraggiare questo fenomeno ed evitare che le persone abbiano materiale per diagnosticare agli altri e auto-diagnosticarsi condizioni, è un obbligo dei professionisti della salute mentale.

Il tema della salute mentale sui social, come si è visto, è molto delicato. Può essere un buon modo per reperire materiale e rispondere alle domande, ma non tutto il materiale è degno di essere fruito. Prima di lasciarsi andare alla condivisione, è bene effettuare attente valutazioni ed assicurarsi che le pagine in questione rispettino determinati parametri fondamentali.

Immagine Copyright free realizzata con Leonardo AI.

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