A Certain Hunger di Chelsea G. Summers | Recensione

A Certain Hunger

C’è una critica gastronomica a New York affamata, e tra caviale, vino, cucina raffinata francese ed italiana, il suo piatto preferito sono i resti dei suoi ex. A Certain Hunger di Chelsea G. Summers è il suo esordio letterario erotico e provocante, che ci ha incuriositi, e, ad essere sinceri, ci ha messo anche una certa fame.

L’autrice Chelsea G. Summers

Chelsea è un’ex professoressa con formazione dottorale in letteratura britannica del diciottesimo secolo, influenzando la sua esperienza in scrittura e storytelling, tuttavia ora lavora principalmente come giornalista freelance, avendo lavorato con le migliori testate giornalistiche quali VICE, The New Republic e Hazlitt. Il suo background accademico le ha conferito una prospettiva peculiare sui temi che affronta, generalmente sessualità e violenza. La transizione da università al giornalismo alla letteratura ha creato un terreno fertile letterario che ha portato Summers ad esplorare i lati più oscuri dell’umanità, scrivendo infine il suo debutto controverso A Certain Hunger.

La trama

Dorothy Daniels è stata indubbiamente, ai suoi tempi, la critica gastronomica più brillante del settore, con una padronanza dell’arte culinaria che potrebbe essere paragonabile a quella degli chef dei ristoranti dei quali scrive recensioni. Dorothy ha un peculiare segreto legato alla sua passione per la cucina, uno sanguinario e perseguibile legalmente – è per questo che la conosciamo tramite le sue confessioni scritte dal carcere femminole dal quale scrive, raccontandoci nei dettagli più crudi la sua intera biografia, partendo dalla sua infanzia serena, fino a portarla ai crimini che hanno fatto in modo che venisse arrestata.
Dorothy è una donna che per lavoro viaggia tra Manhattan e l’Italia, assaporando la cucina più fine, fino a quando le diatribe con i suoi ex – sì, ne sono molteplici – fanno in modo che trovi un sapore più intenso ed eccitante: quello del cannibalismo.

Cosa colpisce di A Certain Hunger

Il libro, uscito quest’anno in Italia, ha incuriosito i lettori per la sua satira al mondo culinario e al mondo relazionale, uan critica alle definizioni di genere con la sua omicida donna, femmina crudele e spietata, figura del cannibale principalmente vista nei media raffigurata tramite uomini come Hannibal Lecter o Patrick Bateman, freddi e calcolatori nelle loro uccisioni – in concordia con Lecter si nota il piacere nel consumare carne umana, mentre in contrapposizione con Bateman, che reprimeva la sua sessualità, la Dorothy di Summers è fortemente edonistica scoprendo un piacere superiore al sesso, ossia il nutrimento carnivoro.

Lo stile di narrazione

Il romanzo viene scritto in prima persona – ricordiamo che questa è un’autobiografia scritta dal personaggio di finzione protagonista, Dorothy Daniels, quando è ormai in prigione e ha raggiunto la mezza età – in uno stile curato, elegante, ricco di italianismi, riferimenti letterari e riferimenti letterari. Dorothy non si pente delle sue azioni, difatti le racconta come atti di trionfo sugli uomini che le hanno causato soprusi, ed è questo che fa di lei una narratrice non attendibile, accecata dal senso di prevalenza e superiorità che la caratterizza per tutta la durata del libro. Il libro sa distinguersi per la sua originalità nel thriller e la sua capacità di impiantare nella mente del lettore un’antieroina indimenticabile, in un racconto che riflette sui ruoli di genere, sui desideri repressi e l’affinità per la violenza che nasce in molte donne – tante delle quali insospettabili, con una doppia vita.

 

Fonte immagine: Amazon UK (https://m.media-amazon.com/images/I/81eS8ELe6YL._SL1500_.jpg)

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