«Ci risultava difficile parlare di questo, amore mio, perché eravamo ancora molto giovani e la paura aveva la meglio». Le parole hanno un peso che la voce non riesce sempre a sostenere. Così, tra le pagine di Amapolas, alcuni personaggi si affidano alla scrittura, comunicando attraverso lettere da lasciare sul tavolino di casa prima di partire. C’è chi invece è di un’eloquenza scabrosa e senza freni, e non teme di lasciare che il fluire di turpiloquio e umori si scagli contro l’altro. Si è pur sempre troppo giovani, e si compiono follie, come le dodicenni dalle tettine bollenti che giocano a fare sesso telefonico, scoprendo il proprio corpo al suono della voce di uno scapolo quarantenne. La paura talvolta ha la meglio, e si fugge via da una camera d’albergo che odora di bagordi, trascurando il proprio amante, steso sul letto nella sua nudità.
Al centro dei venti racconti del mondo di Amapolas vige l’amore. Dal volto multiforme, è gioco, passione, violenza, petali e sangue. Petali di sangue come quelli delle amapolas, i papaveri. I fiori dei caduti di guerra, fiori del ricordo, ma anche, secondo il noto mito, simboli del sonno. Morfeo nell’iconografia è rappresentato in una posa candida, disteso sul letto, e tra le mani un mazzo di papaveri. Nel Medioevo, il papavero per il suo colore rosso è stato invece identificato come simbolo di passione e morte. D’altronde, lo insegna William Shakespeare: «to die: to sleep/no more». Ma con il sonno, dimenticate sono le sofferenze della carne.
I racconti di Amapolas provengono dal mondo ispanico, esotico secondo percezione comune, ma rappresentato in alcuni casi come inquinato dall’imborghesimento della vita quotidiana. I protagonisti sono spesso viaggiatori desiderosi di avventure urbane, tra le sporche strade della città assediate da compagnie facili e a basso costo. Ribaltato è quel canone di uomo europeo, bianco, eterosessuale: protagoniste le realtà dell’America Latina o degli Stati Uniti, fra uomini che amano uomini e donne che si nascondono dietro maschere di identità indefinite. Il senso del molteplice, dell’ermafrodito, è reso evidente dall’omoerotismo, protagonista poco convenzionale della narrativa perfino nella nostra contemporaneità.
L’Alessandro Polidoro Editore, insieme all’Università “L’Orientale” di Napoli e all’Istituto Cervantes, rivitalizza il discorso della traduzione portando fra le mani del lettore una raccolta che ha del nuovo sotto ogni aspetto. Contenutistico, con personaggi dalla psiche complessa, timide figure o espliciti narratori di passioni estreme. Metaletterario, con un implicito richiamo al valore che una traduzione di livello ha nel consentire un dialogo diretto fra i grandi autori dell’orizzonte mondiale e la realtà italiana. Così vengono riportati giochi di prestigio fra parole, sentenze di acume peccaminoso e delirante onirismo, reso possibile da una ricerca che supera le barriere culturali e si affaccia su un mondo con il quale è spesso complesso empatizzare, considerato fuori dalla nostra portata, remoto.
Camminano davanti ai nostri occhi «le pazze in cerca di un amore impossibile, vampireggiano tutta la notte nei vicoli delle città». Le descrizioni sono allucinate, vorticose, il cui lirismo nobilita una fame di amore divorante e crudele, quando i petali di papavero sono violati da un pugnale affilato. In tutti i racconti la scrittura è scorrevole, affonda nella carne, facendo fluire umori talvolta amari, nell’«asfissiante massa di corpi ondulanti», talvolta dolci, superando perfino i taboo sociali, godendo dell’incesto. Sono storie di depravazione o di triste privazione, come quella di una donna che abbandona la sua amata per un matrimonio di facciata.
Amapolas, un «contenitore di piaceri estremi senza fine»
Questa antologia di racconti ispanici in uscita il 16 maggio svela la sensibilità di un mondo spesso ancora violentato da discorsi moralisti senza fondo di veridicità. La comunità omosessuale non è però mostrata solo nella lotta per l’affermazione di ciò che si è, come capita nella storia di un generale tedesco e un prigioniero ebreo, innamorati contro un mondo ostile. Urlata è la consapevolezza che la lotta non dovrebbe sussistere, che nessuno deve spiegazioni a nessun altro per il suo essere semplicemente se stesso. Si rifugge dal vittimismo, ci si lascia inebriare dalle narrazioni pornografiche, nel senso che Susan Sontag ha voluto infondere al termine: un genere letterario a tutti gli effetti, «pelo a pelo, gemito a gemito, unghiata a unghiata».
«Il corpo dell’eccesso ha consumato il corpo della legge, la legge che nella sua sete di controllo ha riconosciuto il desiderio dell’eccesso». Notevole la tensione poetica della raccolta Amapolas, che tra allusioni di sapore biblico e inni all’amore, provoca il lettore pagina dopo pagina, toccandolo nel profondo. Questa «casa dei belli addormentati» è edificata dalle penne di autori di grande fama nei propri paesi d’origine, ma quasi completamente sconosciuti nel nostro. Scrittori pluripremiati, che con racconti inediti o riproposti, intrecciano descrizioni di realtà tutte umane, ma estranee alla nostra quotidianità, alla volontà di un dialogo con i lettori italiani. Il risultato è un innesto di sapori e piaceri nuovi, segnali di quanto le parole abbiano ancora da immortalare nel mondo variopinto, e per questo sacro, in cui viviamo.