Antonio Tessitore e la lotta contro la sla: “La mia vita. Senza parole”

sla di Antonio Tessitore

La Domus Mata di Guardia Sanframondi ha ospitato la presentazione del libro “La mia vita. Senza parole” scritto da Antonio Tessitore, malato di Sla da quattordici anni, con il giornalista del “Roma”, Mario Pepe, edito da Tullio Pironti.
L’evento, svoltosi sabato 21 ottobre alle 15.30, con il patrocinio del Comune di Guardia, è stato sponsorizzato da Vivisol ed Erbagil.

Un leone nella gabbia della Sla

Il progetto- ha spiegato l’autore, definito da molti un leone – nasce dall’esigenza di voler raccontare la storia di un uomo che, nell’immaginario comune, dovrebbe stare chiuso a casa nel suo letto, ma che in realtà è in campo per far capire che ci sono tante persone che lottano per una società migliore, più attenta ai bisogni di chi soffre, i cosiddetti ultimi, che tali non sono perché capaci di dare lezioni di umanità agli altri.

Nel libro Antonio è mosso dalla speranza di stimolare le coscienze sulle tematiche connesse alla Sla e spera di aver dato una visione quanto più completa di quello che è un vissuto quotidiano, drammatico ma che, come nel suo caso, rappresenta anche un incentivo per andare avanti in una battaglia ogni giorno più difficile.

Dopo l’intervento del moderatore Gianfrancesco Coppo, giornalista de Il Mattino, che ha definito il libro “di piacevole lettura ma forte” all’incontro è intervenuto Luca Matano, membro del direttivo dell’Aisla Caserta, di cui Tessitore è presidente, un’associazione che raccoglie ammalati di Sla, sostiene le famiglie nel quotidiano ed aiuta anche nel confronto con le istituzioni, spesso pigre e inoperose. Successivamente Giovanni Piccirillo, Neurologo Hermitage Napoli, Michele Martucci, Pneumologo Maugeri Telese Terme e Rosetta Di Cerbo, Presidente Rotary Club Valle Telesina, hanno trattato l’argomento dal punto di vista strettamente medico e hanno posto l’accento sull’empatia, caratteristica imprescindibile del rapporto col paziente.

Una finestra di Antonio Tessitore sul mondo di Antonio

Abbiamo avuto la possibilità di raggiungere l’autore per rivolgergli alcune domande.

Il tuo secondo libro tratta delle percezioni che le altre persone hanno di te, Antonio, mentre il primo narra delle tappe salienti che ti hanno accompagnato dalla scoperta della patologia ad oggi: c’è un momento preciso, un episodio durante il quale hai scelto deliberatamente di non lasciare il tuo destino nelle mani della Sla, ma piuttosto di lottare, diffondendo informazioni su questa patologia e raccogliendo fondi per la ricerca?

Quando mi hanno diagnosticato la malattia, non mi sono lasciato prendere dallo scoramento nemmeno per un istante ed ho subito pensato ad affrontare la battaglia con la massima determinazione. La mia voglia di far valere i diritti degli ammalati fu espressa nella mia entrata in motocicletta fin dentro la sede dell’Asl di Caserta. Ecco, se c’è un episodio simbolico di quella che è la mia voglia di lottare, può essere proprio questo.

Dal momento della scoperta della diagnosi, com’è cambiato Antonio nel suo rapporto con gli altri?

Certamente la malattia ha alimentato, se così si può dire, una diffidenza verso gli altri che io mi porto comunque come tratto della mia personalità. Questo, però, allo stesso tempo mi ha aiutato a capire meglio gli altri e ad essere maggiormente selettivo nella scelta delle persone che mi sono intorno. Quelli che nel libro definisco i miei “angeli” (il secondo capitolo del libro, intitolato “I miei angeli”, è dedicato alle persone che quotidianamente assistono Antonio nei suoi bisogni più elementari) sono le persone delle quali mi fido ciecamente. Consento a pochi di entrare nella mia vita. Ma quando mi apro sono una persona disponibile e aperta all’amicizia.

C’è posto per la speranza nella tua vita? Se si, che valore le dai? E questo significato che effetto ha su di te?
Se combatto è perché la speranza è una compagna di viaggio che non mi abbandona mai. E per questo motivo sento ogni giorno il dovere di impegnarmi ancora di più per i diritti di tutti quelli che soffrono. Girando per le presentazioni del mio libro e per altre attività sociali cerco di mandare un messaggio a tutte le famiglie: quello di tenere sempre alta la voce, specie nei confronti delle istituzioni, per far sentire che c’è chi vuole che siano rispettati fino in fondo i propri diritti. Questo è un tasto sul quale non mi stanco mai di battere, anche a costo di essere ripetitivo.

Com’è nata la collaborazione con Mario Pepe nella realizzazione di questo libro? Che origini ha la vostra amicizia?
Ho conosciuto Mario in occasione di una sua venuta a Villa Literno nel 2012 per seguire un appuntamento con l’allora presidente della Regione Stefano Caldoro. Poi è iniziata una frequentazione sfociata in un’amicizia schietta. E ha dato immediatamente e spontaneamente la propria disponibilità per collaborare al mio secondo libro. Tra amici non c’è bisogno di tante parole, contano i gesti. Soprattutto quelli spontanei.

Nell’intervento alla Domus Mata hai accennato ad un progetto futuro: di cosa si tratta nello specifico?
Sono tanti i progetti futuri. Ma per scaramanzia li voglio annunciare quando saranno concreti.

Insomma, -il meglio- come ha detto Antonio in occasione della presentazione, -deve ancora venire!-.

 

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