Si potrebbe pensare che Butter di Asako Yuzuki sia l’ennesimo libro giallo che vede come protagonista una donna assassina di uomini e che si focalizza sull’indagine dell’omicidio, ma sarebbe un grave errore fermarsi all’apparenza. La trama di questo romanzo è approssimativamente ispirata alla vera storia di Kijima Kanae, accusata di aver truffato e poi ucciso tre uomini; la donna adescava le sue vittime su vari siti d’appuntamento (per questo motivo è anche conosciuta come “Konkatsu Killer”: konkatsu può essere tradotto come marriage hunting, o ricerca di matrimonio), li invitava a cena e li avvelenava con delle pietanze da lei preparate. Le indagini hanno poi rivelato che Kijima avesse ucciso almeno tre uomini, ma le prove indicano che ci potrebbe essere stato un numero più elevato di vittime.

Questo caso ha suscitato scalpore non tanto per il crimine in sé, quanto più per l’immagine di Kijima: molti giornali si sono interrogati su come l’omicida sia riuscita ad attirare così tanti uomini nonostante non rispecchiasse i canoni di bellezza giapponesi. Gli stessi giornalisti hanno poi ipotizzato che le vittime fossero state attratte da caratteristiche meno superficiali ma più legate alla cultura giapponese: le sue abilità culinarie e la sua natura premurosa rientrano pienamente nel canone di donna perfetta per il ruolo di moglie, anche se distante dallo stereotipo fisico.
Nel romanzo questo elemento è presente, ma la trama sembra essere il pretesto per analizzare temi ben più delicati e profondi: le frustrazioni e le pressioni che le donne percepiscono in una società che le obbliga a rispecchiare dei canoni di bellezza surreali. È un’analisi vivida e inquietante della misoginia alla base della società giapponese.
Butter: la trama
Butter di Asako Yuzuki segue sommariamente le vicende di Rika, giornalista di un settimanale tutto al maschile che desidera ottenere un’intervista con Manako Kaiji, in custodia cautelare per aver ricevuto ingenti somme di denaro da uomini e averli poi uccisi. Manako da sempre rifiuta ogni tipo di intervista o visite da parte di estranei, il che rende ovviamente più difficile il lavoro di Rika. Ma per capire perché la donna abbia scelto di compiere queste azioni, Rika decide di instaurare con lei un rapporto basato sull’elemento culinario, chiedendole in una lettera la ricetta di uno dei suoi piatti: lo stufato di manzo, specialità di Manako. Sarà proprio questa strana richiesta ad aprire le porte a Rika, che verrà guidata dalla detenuta (che sembra quasi farle da pigmalione nella propria riscoperta) in quella che si rivelerà essere un’autoriflessione e trasformazione, e che allontanerà la giovane Rika quanto più possibile dalle aspettative che la società giapponese ha nei confronti delle donne, costantemente viste come mero oggetto di desiderio dagli uomini.
I temi di Asako Yuzuki: matrimonio, cibo e libertà
È interessante la riflessione che viene fatta proprio sul marriage hunting, e su come sia sorprendentemente una pratica ancora molto diffusa in Giappone. Si tratta di un romanzo socialmente consapevole, con una scrittura scorrevole che usa il cibo come analogia per esprimere efficacemente i concetti più disparati, dal femminismo al raggiungimento della vera libertà nella propria vita, passando per una riflessione sull’oppressione che circonda il cibo. Generalmente, la passione per la cucina diventa per una donna simbolo di sottomissione e obbedienza, caratteristiche fondamentali e assolutamente necessarie secondo la società patriarcale, che facilita loro la ricerca di marito.
Asako Yuzuki non proclama nulla a gran voce: come spesso accade nella letteratura giapponese, la critica sociale viene portata alla luce attraverso discorsi apparentemente neutri che hanno però alla base una fredda lucidità delle dinamiche sociali contemporanee.
Fonte immagine: HarperCollins Italia

