Le gemelle di Auschwitz è un libro che racconta la storia vera delle gemelle Eva e Miriam, deportate a soli dieci anni ad Auschwitz, basato sulle memorie di Eva Mozes Kor con la collaborazione e l’editing di Lisa Rojany Buccieri e del suo team.
Chi è l’autrice del romanzo
Le gemelle di Auschwitz è un libro di Eva Mozes Kor, una donna ebrea nata a Portz, in Romania, nel 1934. Insieme alla sua famiglia è stata deportata nel campo di sterminio di Auschwitz, in cui hanno perso la vita i suoi genitori e le sue due sorelle. Sopravvissuta con la sua gemella, Miriam, alla tragedia dell’olocausto, si è impegnata attivamente nel favorire la testimonianza degli errori commessi dai nazisti, sostenendo di fronte al male la necessità della pace e del perdono. Ha fondato l’associazione CANDLES (Children of Auschwitz Nazi Deadly Lab Experiments Survivors), un Museo dell’Olocausto e un Centro Educativo.
Trama del libro di Eva Mozes Kor
Eva e Miriam sono due gemelle provenienti da una famiglia ebrea che abita a Portz, in Romania. Le loro giornate trascorrono serenamente fino alla promulgazione delle leggi razziali naziste e alla diffusione e all’affermazione del clima antisemita. Da questo momento inizia l’incubo delle due sorelle che subiscono le prese in giro e l’ostracismo da parte dei compagni di classe e degli altri abitanti della città, e che, dopo un tentativo fallimentare di fuga, vengono deportate nel campo di concentramento di Auschwitz insieme a tutta la loro famiglia.
Nel campo di sterminio Eva e Miriam, in quanto gemelle, vengono divise dal resto dei loro familiari e sottoposte agli esperimenti del dottore nazista Josef Mengele, il celebre «Angelo della morte».
I gemelli, in quanto, cavie da laboratorio ricevevano un trattamento speciale, come “il privilegio” di tenere i loro vestiti e di avere più razioni di cibo. Questa “condizione privilegiata” favorisce la sopravvivenza delle due gemelle al campo di concentramento, nel quale, invece, il resto della loro famiglia trova la morte.
Struttura e stile del libro
Il romanzo si articola in un prologo, quattordici brevi capitoli e un epilogo.
Tutte le vicende sono raccontate dal punto di vista di Eva, che all’inizio della storia è una bambina di dieci anni. Questo punto di vista suscita un effetto straniante nel lettore, in quanto Eva, data la sua giovane età, non comprende completamente le dinamiche che si celano dietro all’umiliazione e allo sterminio del suo popolo, e, quindi, la sua unica preoccupazione è la propria sopravvivenza e quella della sorella.
La storia oltre ad essere caratterizzata dall’adozione di una prospettiva candida, come quella che possiede una bambina di dieci anni, è contraddistinta da uno stile semplice ed incisivo.
La brevità dei capitoli e la semplicità dello stile sono un punto di forza del libro, dato che la complessità e la mostruosità dei fatti accaduti ad Auschwitz stonerebbero se narrati con una forma retorica ed artificiosa. Non c’è niente di più pertinente della nuda realtà per far sì che venga pienamente compresa quella che, a tutti gli effetti, è stata una delle pagine peggiori della storia dell’umanità. Inoltre, le numerose foto presenti nel libro contribuiscono, insieme alla consapevolezza che si tratta di una storia vera, a coinvolgere il lettore nelle vicende, a farlo riflettere e, a tratti, rabbrividire sul male che l’uomo è stato, ed è ancora, purtroppo, capace di commettere.
Il messaggio del romanzo e della sua autrice, Eva Mozes Kor: l’importanza del perdono
L’esistenza dei campi di concentramento e con essi la pianificazione spietata, a sangue freddo, dello sterminio della razza ebraica pongono gli uomini di fronte alla triste e atroce consapevolezza che l’essere umano è in grado di azioni malvagie che superano l’inimmaginabile e che, appaiono inconcepibili dal punto di vista emotivo e razionale.
Della vicenda ebraica, infatti, uno degli aspetti che trasmette maggiormente i brividi è che interi popoli, consapevoli dell’atrocità che venivano commesse nei confronti degli ebrei, le appoggiavano, se non peggio, le sostenevano. L’olocausto sarà nato anche dall’idea di un folle dittatore, ma la sua pianificazione ed attuazione è stata realizzata con la collaborazione di molti altri uomini.
Di fronte ad azioni tanto malvagie ed aberranti, che hanno portato all’istituzione di un nuovo tipo di crimine, il crimine contro l’umanità (Norimberga 1945), la reazione più immediata e anche comprensibile sarebbe l’odio.
Eva Mozes, invece, ribadisce nel libro le gemelle di Auschwitz l’importanza del perdono.
Agli occhi dell’autrice il perdono non implica debolezza, né tantomeno la svalutazione dei crimini mostruosi commessi dai nazisti, ma piuttosto è un atto che rende liberi e alleggerisce i pesi dell’animo sia per colui che lo riceve sia per colui che lo dona.
Perdonare è un ottimo antidoto contro l’odio e la guerra. Eva, che ha conosciuto e ha vissuto sulla propria pelle l’intensità del dolore e le conseguenze delle azioni malvagie degli uomini, non può non combattere per la pace, con l’arma più difficile da utilizzare, perché richiede dosi di coraggio e di empatia gigantesche: il perdono.
«La rabbia è un seme di guerra, il perdono un seme di pace» (Eva Mozes Kor).
Immagini: Newton Compton Editori