Sabato 4 ottobre, mentre il mondo si riversa nelle piazze per la Palestina, Francesca Albanese, ospite del Festival diffuso “Rigenerarsi”, presenta, alla scuola secondaria “Luigi Valli” di Narni Scalo, il suo libro “Quando il mondo dorme”, in cui emerge il lato più intimo della relatrice speciale ONU, nel raccontare la vita e le ferite del popolo palestinese, ignorate per anni, ma che oggi suscitano il risveglio di tutta l’umanità.
La Palestina ha risvegliato le coscienze
Nel mondo dell’informazione a portata di click, dove la velocità è prioritaria all’approfondimento, vedere tante persone radunate in piazza per protestare pacificamente e nelle sale per ascoltare la presentazione di un libro, non stupisce. La partecipazione indica che c’è una volontà e un bisogno di capire, di trovare un senso, di rispondere alla domanda lancinante “come si è arrivati a più di 60.000 morti?”. Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, è circondata da persone di tutte le età e in questo auditorium stracolmo, con persone che si fanno sempre più piccole pur di fare spazio agli altri, viene spontaneo pensare che c’è ancora speranza. Dopo un “progressivo abbrutimento a livello collettivo”, afferma Albanese, in cui sembrava essersi persa la capacità di stare insieme come popolo, la Palestina diventa la ragione per riunirsi in un momento di lutto condiviso.
Le cifre riportate sopra sono in realtà molto più alte, perché non vi sono inclusi i morti sotto le macerie, o per infezioni e ferite non curate. “Da due anni dico sempre le stesse cose”, spiega la relatrice ONU, che comincia la ricostruzione storica della questione Israelo-Palestinese, partendo dapprima dal 14 ottobre 2023, data in cui scrisse una dichiarazione in solitaria, evidenziando che ciò che Israele, e il sionismo, ha cominciato, dal 1947 in poi, è l’aver approfittato della guerra, della crisi per sfollare i palestinesi (più di 50 massacri, 500 villaggi distrutti) e avanzare una pulizia etnica. Nel 1967 Israele occupa militarmente ciò che resta della Palestina storica dando inizio a, ciò che i palestinesi chiamano, la Nakba silenziosa, un periodo di colonialismo, leggi marziali, limitazioni delle libertà personali, privazione del diritto all’autodeterminazione che ancora non sono giunti al termine. Alcune esternazioni politiche, nel 2023, preannunciavano il genocidio e, ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione sul genocidio (1948), rappresentavano esse stesse un crimine, quello di istigazione al genocidio. Nelle prime due settimane dell’assalto violento a Gaza la guerra era definita già illegale, “perché non si può dichiarare guerra a un popolo che si tiene sotto occupazione” dichiara Albanese. Anche nella distruzione di un nemico esistono delle regole da rispettare.
Il risveglio delle coscienze è una risposta all’omertà che si combatte con il coraggio di dire le cose come stanno. All’inizio del 2024, Francesca Albanese, appena rientrata in Italia, incontra i ragazzi/e nelle università che definisce ” il termometro dei tempi che cambiano”, e, infatti, non a caso, le università sono state tra le prime strutture ad essere danneggiate da Israele nei territori occupati, perché è dai giovani che parte il respiro della resistenza, dalle loro ricerche sugli accordi di partenariato tra università, industria bellica e Israele, riconosciuti e valorizzati dalla relatrice speciale nella costituzione del rapporto “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”.
Francesca Albanese presenta “Quando il mondo dorme”

Si è discusso per molto tempo, e si continua a discutere, sull’uso della parola “genocidio” che descrive tutti quegli atti volti a distruggere, e a creare le condizioni materiali per distruggere, tutto o in parte, un popolo in quanto tale. Nel libro di Francesca Albanese, viene citato George Orwell che, in quel capolavoro che a tutt’oggi è “1984“, ha dato prova letterale delle conseguenze dell’assunzione di una Neolingua, ovvero di parole meno allarmanti, più innocue, per descrivere dei concetti la cui natura viscerale deve rimanere nascosta. Esempi, purtroppo, reali di neolingua sono il chiamare “città umanitaria” ciò che corrisponderebbe a un campo di concentramento; definire “spostamenti volontari” delle vere e proprie deportazioni.
Scrivere “Quando il mondo dorme” è stato, per Albanese, liberatorio. Contemporaneo al complesso lavoro di inchiesta (“Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”), tra le pagine, oltre al diritto, alla ricostruzione storica, che caratterizzano la professione della relatrice ONU, si potrà scoprire la persona di Francesca, la sua voce, che testimonia 10 storie raccontategli da chi ha vissuto il genocidio. Il primo capitolo rappresenta il retroscena di una relazione presentata alle Nazioni Unite che si intitolava “Unchilding“, focalizzata sulla privazione strutturale e generazionale dell’infanzia. Non potendosi recare in Palestina, Francesca Albanese organizzava, un giorno si e un giorno no, dei focus group da remoto con gruppi di cinque bambini, provenienti da zone, estrazioni sociali e religioni differenti e la prima cosa che ha notato, oltre a una proprietà di linguaggio (in lingua inglese) impressionante, è la conoscenza e il modo articolato con cui essi parlavano dei diritti, perché sono responsabilizzati fin dalla tenera età.
Come si fa ad aprire il computer e a scrivere di una bambina che avrà 6 anni per sempre? Francesca Albanese racconta come il genocidio l’abbia desensibilizzata: “è come se avessi un vuoto siderale dentro”. Di fronte all’orrore quotidiano, anestetizzare le emozioni è l’unica arma di difesa che abbiamo per riuscire ad andare avanti; fino al giorno in cui il dolore, la rabbia, la frustrazione non prendono il sopravvento, perché, nell’essenza degli esseri umani, che ci piaccia o meno, c’è l’empatia.
Cosa possiamo fare: la testimonianza di Francesca Albanese

Dal 2017, Francesca Albanese tiene delle lezioni sulla Palestina per le scuole e, attraverso la rete “Docenti per Gaza” il 26 marzo 2025 ha incontrato più di 3000 studenti in tutta Italia, introducendo la questione palestinese dai punti di vista storico e culturale e rispondendo alle domande degli alunni. Data l’impossibilità di andare in quei territori per intervenire direttamente sulla violenza strutturale subita dai palestinesi, ma anche dagli israeliani, perché, sottolinea Albanese “non puoi brutalizzare un altro essere umano senza che qualcosa dentro di te muoia”, la sensibilizzazione assume un’importanza elevata, e la relatrice è dedita a diffondere e a correggere la narrazione della questione palestinese.
Ogni generazione porta con sé il segno di un evento e il genocidio sarà tra i marchi più indelebili. Non è il primo genocidio che succede sotto il nostro naso, né il secondo, ma questo sta avvenendo con i nostri mezzi, con il nostro supporto politico, militare, commerciale. Conoscere, approfondire, protestare pacificamente, comprare con coscienza e boicottare le aziende che traggono profitto dall’economia israeliana di occupazione illegale, apartheid e di genocidio può fare la differenza.
Fonte immagine in evidenza: archivio personale