Gianni Minà, la storia di un boxeur latino

Gianni Minà

Storia di un boxeur latino, l’autobiografia di Gianni Minà scritta con l’aiuto di Fabio Stassi per Minimum Fax, non è solo il racconto di una vita ricca di eventi eccezionali ma un invito a continuare a sperare nella possibilità di un giornalismo autentico, militante ed appassionato. Quella di Minà è la storia di un bambino che in un cortile, circondato dagli amici, si diverte a raccontare l’ordine d’arrivo e i tempi dei grandi giri del ciclismo e che, una volta cresciuto, si ritrova a portare a spasso per Roma i Beatles in una Seicento prestatagli dal fratello.

Basterebbe scorrere l’indice dei nomi di Storia di un boxeur latino per comprendere che nelle sue pagine non viene raccontata solo la vita di Gianni Minà ma un pezzo di Novecento. Spesso diventandone amico, Minà ha avuto la straordinaria capacità e l’immensa fortuna di intervistare alcuni tra i più grandi personaggi dello scorso secolo. Inutile citarli tutti, soprattutto perché si rischierebbe di rovinare parte del divertimento che consiste proprio nello stupirsi della varietà e portata degli eventi vissuti e raccontati. Ma per rendere l’idea di quanto Minà abbia intersecato il Novecento negli ambiti più disparati, basta citare una cena documentata da una foto scattata a Roma, zona Trastevere, fuori dal locale Checco er Carrettiere. Nella foto sono ritratti Gianni Minà, Gabriel García Márquez, Sergio Leone, Muhammad Ali e Robert De Niro. «Quella foto da Checco è il risultato di tante coincidenze e di una filosofia di vita, di una insaziabile curiosità. A me interessano le vite vissute, le esperienze delle persone. Mi piace il senso di amicizia e di ammirazione che traspare da quel gruppo», ha detto Minà.

La carriera di Gianni Minà è il frutto di talento, caparbietà, duro lavoro. Ma non solo, perché la capacità di interessarsi sinceramente alle persone più che ai personaggi e il rispetto per gli intervistati sono parte di un certo modo di intendere non solo il giornalismo ma anche la vita. Quello vissuto da Minà è un giornalismo in cui, con la giusta scaltrezza e dose di talento, era possibile instaurare un rapporto diretto con grandi atleti e artisti senza l’obbligata mediazione degli uffici stampa. Minà si è così ritrovato ospitato nelle case dei più grandi musicisti dell’America Latina, a colloquio con Fidel Castro, negli spogliatoi con Muhammad Ali dopo l’incontro del secolo con Foreman, ad intervistare Mennea dopo un record storico. Una vita entusiasmante.

E dispiace che ci si debba entusiasmare solo attraverso la lettura di Storia di un Boxeur latino perché sarebbe bello poter vedere e ascoltare Minà su quelle reti Rai da cui è stato allontanato nel 1996 mentre il resto del mondo aveva già iniziato riconoscergli i giusti meriti, tra cui il premio Saint-Vincent consegnatogli da Pertini nel 1981, e il premio Berlinare Kamera vinto nel 2007 al Festival del Cinema di Berlino per i suoi documentari su Cuba. Ma, al di là dell’opportunità di affidargli spazi televisivi, ciò che dà fastidio è che si eviti volontariamente di citarlo quando si passano in rassegna i nomi del giornalismo italiano. È incomprensibile quanto Minà sia stato e sia tutt’oggi marginalizzato a causa della sua visione del mondo, di quel suo modo di confezionare un giornalismo partigiano ma onesto. Uno schierarsi che tutt’oggi rivendica con forza: «Non ho mai avuto una tessera politica, né ho mai ambito ad averla. Io sono una persona che è stata educata dai salesiani. Ho capito da che parte stare quando ho visto la miseria, umana e fisica: quella dei bambini di San Paolo che mi ha fatto conoscere Frei Betto; quella dei profughi lungo i confini tra Chiapas e Guatemala che mi ha mostrato Rigoberta Menchú, Premio Nobel per la Pace 1992; quella in Africa, durante la visita del papa Paolo VI; quella di Cuba, subita per via dell’embargo degli Stati Uniti. Se stare dalla parte di chi vive nella miseria vuol dire essere di sinistra, allora io sono di sinistra».

Storia di un boxeur latino è impreziosito da particolari intimi, a tratti commoventi come il racconto dell’incontro dei genitori e il conseguente corteggiamento: il padre di Minà, dopo aver incontrato per caso una maestra nella Mole Antonelliana (la futura madre di Minà), le avrebbe inviato tutti i giorni per tre mesi una cartolina in cui, una frase per volta, le chiedeva il permesso di andare a trovarla. E ancora più significative sono le parole e gli aneddoti spesi per ricordare il lavoro dei tanti tecnici e collaboratori che negli anni l’hanno accompagnato.

Intervistato dallo stesso Minà, Troisi scherzava sul desiderio di impossessarsi della sua agenda. Dopo aver letto Storia di un boxeur latino, titolo tratto da una dedica di Paolo Conte, viene il dubbio che quella di Troisi non fosse solo una battuta.

 

Fonte immagine: https://www.minimumfax.com/shop/product/storia-di-un-boxeur-latino-2273

A proposito di Salvatore Tramontano

Studia Mass Media e Politica presso l'Università di Bologna. Scrive per capire cosa pensa.

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