La magia del cinema spesso ci rapisce senza che riusciamo a percepire il complesso lavoro tecnico che si nasconde dietro una scena. L’emozione di una trama avvincente può dipendere da quelli che, inizialmente chiamati “trick” o trucchi, sono oggi noti come effetti speciali. Nel saggio Storia degli effetti speciali, edito da Nicola Pesce Editore, l’esperto di comunicazione visiva Giovanni Toro guida il lettore in un percorso che svela questa arte.
Indice dei contenuti
Le tappe fondamentali nella storia degli effetti speciali
Il saggio di Giovanni Toro ripercorre l’evoluzione del settore, dai fratelli Lumière ai giorni nostri. La tabella seguente riassume le innovazioni chiave che hanno definito la storia del cinema.
| Periodo / film | Innovazione principale |
|---|---|
| Fine ‘800 (G. Méliès) | Invenzione dei primi trucchi (mascherino, stop-motion, dissolvenza). |
| King kong (1933) | Perfezionamento della stop-motion (Willis O’Brien) e del travelling matte. |
| Mary poppins (1964) | Sviluppo dello yellowscreen per l’interazione tra attori e animazione. |
| 2001: odissea nello spazio (1968) | Uso del front projection e del rotoscoping per un realismo fantascientifico senza precedenti. |
| Anni ’80 e ’90 | Nascita degli effetti digitali (VFX), della CGI e del morphing (es. Terminator 2). |
Georges Méliès: l’inventore del “trucco” cinematografico
Se ai fratelli Lumière si deve la nascita del cinema, fu l’illusionista Georges Méliès a comprenderne il potenziale fantastico. Attraverso scoperte spesso accidentali, il “cinemago” fu il padre di tecniche come il mascherino, la dissolvenza e la stop-motion. A differenza dei Lumière, concentrati sulla realtà, Méliès usò il cinema per creare mondi impossibili, gettando le basi per tutto il cinema fantastico a venire. Da lì seguirono tecniche come il matte painting e il time-lapse, usate in film pionieristici come King Kong e Il mago di Oz.
Gli anni ’60: Disney, Kubrick e la fantascienza d’autore
In questi anni, le tecniche si affinarono. La Walt Disney si impose con Mary Poppins, dove l’interazione tra attori reali e cartoni animati raggiunse nuove vette grazie allo yellowscreen, un’alternativa al bluescreen. Il 1968 è un anno spartiacque: con 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, la sperimentazione diventa cinema d’autore. La fantascienza diventa un pretesto per riflessioni filosofiche, supportate da effetti innovativi come il front projection e il rotoscoping, che rimasero ineguagliati fino all’arrivo di Star Wars. L’impatto di queste tecnologie è ampiamente documentato negli archivi dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences.
L’avvento del digitale: gli effetti visivi (VFX) e la CGI
Gli anni Ottanta segnano la rivoluzione digitale. Nascono i visual effects (VFX), realizzati in post-produzione. La Computer-Generated Imagery (CGI) permette di creare immagini da zero, mentre tecniche come il morphing (la trasformazione fluida tra immagini) stupiscono il pubblico in Terminator 2. In questo periodo nascono le grandi “effects house” che cambieranno il business: la ILM di Lucas, la Pixar e la Weta Digital di Peter Jackson. In film come Forrest Gump, gli effetti speciali diventano invisibili, usati per manipolare la storia, come nella celebre scena della stretta di mano tra Tom Hanks e il presidente Kennedy.
La differenza tra effetti speciali (SFX) ed effetti visivi (VFX)
È importante distinguere tra due categorie principali, come delineato da organizzazioni di settore come la Visual Effects Society. Gli effetti speciali (SFX), o effetti pratici, sono realizzati fisicamente sul set durante le riprese (esplosioni, trucco prostetico, modellini). I visual effects (VFX), invece, sono creati o manipolati in post-produzione tramite software digitali (CGI, compositing, green screen). Il saggio di Toro guida il lettore a riconoscere queste differenze, offrendo gli strumenti per comprendere la complessa arte che sta dietro la magia del cinema.
Articolo aggiornato il: 22/09/2025

