Humanitas di Vincenzo Russo | Recensione

Humanitas di Vincenzo Russo | Recensione

Lo scorso novembre lo scrittore Vincenzo Russo pubblica, per i tipi di Homo Scrivens, la sua nuova raccolta di poesie, Humanitas.

Il poeta, Vincenzo Russo

Vincenzo Russo non è nuovo al mondo della scrittura: già insignito di prestigiosi riconoscimenti, tra cui la Medaglia d’Oro del Vaticano ricevuta da Papa Francesco e Medaglia del Presidente della Camera dei deputati, ha pubblicato numerose opere di narrativa e poesia, come Il Treno dei Sogni (2022) e Il Capocella (2017). Inoltre, è presidente dell’Associazione Artistico Culturale “Talenti Vesuviani”. 

La poesia in Humanitas 

Humanitas, già dal titolo, non lascia nulla all’interpretazione del lettore. In una chiara dichiarazione d’intenti, infatti, la scelta della parola secondo il suo etimo latino – humanitas- rimanda a due concetti: da un lato alla volontà di parlare all’intero genere umano, senza distinzioni di dolori, di battaglie, di fedi e di amori; dall’altro, riprende quell’idea di Humanitas romana come valore etico di fratellanza e cura tra gli uomini, tramite l’educazione alla bellezza e all’eredità culturale che è storia di saggezza e di conforto. In quest’ottica, la raccolta Humanitas di Vincenzo Russo rientra in una concezione della scrittura che non trova immediata bellezza, magari, in un’immagine ben còlta, né, forse, nella sorpresa di una pratica fonetica virtuosa ma nella concezione gnoseologica dell’arte: il piacere è tutto nel riconoscersi in quel senso di appartenenza. I versi e le immagini, invece, non sono che vesti temporanee di questo Spirito.

La realtà rappresentata in Humanitas, infatti, seppure frutto di un arduo tentativo come quello di imbrigliare il «fenomeno fuggevole» in un’ossatura verbale, non  tradisce mai sé stessa ovvero quell’ideale abbraccio al genere umano, e «riceve la sua norma dalla necessità degli spiriti», prendendo a prestito le parole di Friedrich Schiller.

Le diverse sezioni di Humanitas

Le diverse sezioni della raccolta contengono suggestioni diverse ma provenienti da una stessa matrice: le poesie dialettali, gli intermezzi in prosa, le attualizzate Lodi rivolte alla Vergine o al Messia come ultima speranza terrena, più che abbandono estatico, le celebrazioni della memoria, declinata in rivendicazioni sia sociali sia affettive, nascono tutte da impressioni corporee, tangibili, prima còlte fuggevolmente poi strutturate dalla voce diretta e quasi dialogica di Vincenzo Russo; un dialogo con un Altro che è, sì, lettore ma anche Tempo, Spirito, Speranza, entità incorporea. E cos’altro è la poesia se non un soffio che anima la lingua – anche con le dovute deviazioni?

L’impressione per il lettore è invece un’esperienza liminale, tra la vita privata e quella ideale, tra il proprio viaggio personale e quello mitico dell’autore. Come scrive lo stesso Vincenzo Russo, «Al mondo siamo gente di frontiera».

A riprova di ciò, arricchiscono le poesie le vivaci illustrazioni di Ketty e Stefania Siani.

Fonti: 

L’educazione estetica dell’uomo, Friedrich Schiller, Bompiani, 2017.

Immagine: sito web Homo Scrivens

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