Il silenzio dopo l’amore: il romanzo di Daniel Cundari | Recensione

Il silenzio dopo l’amore: il romanzo di Daniel Cundari è un’unica e interminabile frase

Parla subito chiaro, Daniel Cundari, sin dalla prima pagina e questa sua schiettezza la trascina con sé per l’intero romanzo. Le sue prima formulazione è una domanda retorica – forse autocritica mista ad autoironia o forse incredulità-:«Chi sarebbe capace di pubblicare un romanzo scritto da uno come me e composto da una sola e interminabile frase?» Sembrava assurdo? Eppure lo ha fatto la Ferrari editore, il romanzo è Il silenzio dopo l’amore, il suo autore Daniel Cundari.

Daniel Cundari ha scritto un antiromanzo

Daniel Cundari ha scritto un  romanzo che è “un’unica e interminabile” frase o una frase che è diventata un romanzo. Quanto sarebbe utile definire Il silenzio dopo l’amore un anti-romanzo?
Meglio sarebbe liberarci da ogni classificazione di sorta, mandare al diavolo le convenzioni formali e concentrarci sulla forza di questo libro perturbante.

Immaginiamo allora una notte interminabile, una notte d’insonnia selvaggia che scava la testa come un lombrico malato e il cervello inizia a fare le flessioni e si stanca instancabile cimentandosi in un esercizio di scrittura che chiameremmo flusso di coscienza, stream of consciousness, che non bada alla punteggiatura, né alle buone maniere, ma dà sfogo a una mente in fermento.

Daniel Cundari è precursore e inventore del ‘Repentismo Cutise’, una scienza/spettacolo originata dal canto d’improvviso. Non ci stupiamo allora della maestria e dell’abilità in suo possesso nel gestire un prosa scorrevole e veloce, fatta di cambi di prospettiva repentini mai scanditi da segni di punteggiatura che non siano virgole; una prosa che nei suoi voli pindarici, in meno di cento pagine accoglie in sé temi e motivi attualissimi e vari che includono ogni aspetto del presente. Né ci stupiamo che l’autore citi Louis-Ferdinand CélineAl principio era l’emozione: ho voluto sempre una prosa che nasca dalla Musica, senza mediazioni

Il risultato è che Il silenzio dopo l’amore di Daniel Cundari è un rigurgito che odora di carta, è un corpo che copiosamente sanguina coordinate e invettive. Questo libro così piccolo, che per contenerlo basta una mano o una tasca, è un docile e ostinato resoconto del nostro tempo: siamo noi uomini un insulto a noi stessi, su un pianeta colmo di lestofanti e maleducazione, tutti affetti da “pecorismo acuto” di massa o dalla malattia del secolo- la depressione e l’ansia- e quando gli ansiolitici non bastano, ecco ricorriamo alla violenza, allo stupro, al denaro, alle scommesse, alle bombe del secolo del Capitalismo dove ancora si sente dire “Fascismo! Comunismo!”.

Nel Silenzio dopo l’amore, Daniel Cundari si sofferma e si dilaga in parole sferzanti e veritiere che – nonostante tutto, nonostante lo schifo, la Nausea, la Noia – paradossalmente celano ancora fiducia e speranza nel genere umano: occorre il barbaro coraggio dei poeti, si sa, e Daniel Cundari è un poeta attratto dagli emarginati e dai folli consapevole del fatto che il folle è un diverso, è un genio.

Nonostante tutto: l’amore, i libri, la cultura

Nonostante tutto, Daniel Cundari è convinto che in un mondo in cancrena, dove si diffonde veloce un colera di massa, vi sia un cancro di bene: è l’amore.

Vi sono infinite forme d’amore, Daniel Cundari è affetto dall’amore per l’amore. Ha amato tutto pur di amare. Ha amato centinaia di donne, uomini al rovescio, più valide più intelligenti, grembo del mondo. Chi leggerà il Silenzio dopo l’amore, scoprirà pagine che ribadiscono, dense e polpose, l’inestimabile valore della donna, indispensabile creatura, alla quale Daniel Cundari dedica inni – metaforicamente- sacri e prepotenti, scanditi da toni che ci ammutoliscono e fanno annuire con la testa.

Ma vi è un’altra peste di bene: è la peste delle biblioteche, del dubbio squilibrato dissipato dietro ogni falsa verità. La protesta di Daniel Cundari si fa materiale, e la invoca in scene di autodistruzione: «Ardo insieme ai miei libri e alla mia città per dire che tutto è marcio ma non tutto è perduto, divampo, mi spengo, mi placo, riardo per uscire a capo fitto dalla massa, dalla folla, farmi individuo, solo, indipendente, ridurmi come un verme pieno di melma, divorando la carta dei libri…» Le sue parole sono pungenti, taglienti, esatte e incontestabili, ricche di ragione, irreprensibili; tanto che sarebbe riduttivo e insoddisfacente cercare di tradurle o spiegarle qui con altre parole.

«Ma domani non verrà  nessuno a salvarti, a dirti che il mondo è cambiato, devi cambiare tu da dentro, scandagliarti l’inconscio senza che nessuno osi aiutarti.»

Daniel Cundari ha detto tutto. Noi dobbiamo solo recepirlo e ardere con lui. Ci vuole il barbaro coraggio dei saggi o dei poeti.

Fonte immagine di copertina: Ferrari editore.

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